Un pittore randagio: Luigi Brancaccio.
di Antonio La Gala
Luigi Brancaccio(1861-1920) non va confuso con i noti artisti suoi omonimi, Carlo Brancaccio e Giovanni Brancaccio.
Lo incontriamo in palazzo Donn'Anna, quando vi spadroneggiava il pittore Gaetano Esposito (1858-1911), che era solito allontanare, con modi bruschi e decisi, gli altri pittori, appena si avvicinavano alla cadente costruzione e cominciavano ad aprire un cavalletto per ritrarla. A Luigi Brancaccio, insolitamente, Esposito concesse addirittura di dimorarvi.
A differenza di Esposito, che si affacciava sul mare per trarre motivi d'ispirazione pittorica, conversando spesso con pescatori che passavano da quelle parti con le loro barche, il Brancaccio, pittore di talento, ma schivo, misantropo ed indolente, trascorreva le sue giornate pescando nelle grotte del palazzo, ricche di scogli e verdeggianti di alghe marine.
Molle e indolente, anche nell'andatura, dai gesti lenti, dall'espressione dello sguardo assente e dal parlare monotono, alloggiava in un camerone, a livello del cortile di accesso, zeppo di quadri e cianfrusaglie di ogni genere, mescolati in una confusione indescrivibile. Raccattava di tutto: scatolame di latta, ferri da cavallo, ciabatte, chiodi arrugginiti. Dal soffitto del camerone pendeva anche lo scafo di una imbarcazione.
Solo ed appartato, si arrangiava a mangiare alla men peggio. Consumava per lo più legumi, che conservava in una scatola di latta e che cucinava senza condimento.
Usciva di tanto in tanto, ma solo per andare a trovare la vecchia madre.
Stilisticamente mosse i suoi primi passi sotto la guida di Vincenzo Volpe. Per ingenua ignoranza, si cimentava in continue sperimentazioni di tecniche della pittura, già esplorate abbondantemente da altri, illudendosi spesso di aver fatto grandi scoperte.
Sperimentò anche la fotografia, riempiendo il suo camerone di macchine fotografiche, obbiettivi, bacinelle e tutto quanto serviva, assieme a binocoli e cannocchiali.
Fra i suoi quadri spiccavano paesaggi, studi di alberi, effetti di pioggia, macchie di sole, che rivelano un disegnatore attento e un pittore di gusto.
Quando, assieme a Gaetano Esposito, fu sloggiato da palazzo Don'Anna, finì con il vagare fra Posillipo e il Vomero, talvolta ospite nella casa vomerese del pittore Giuseppe Casciaro.
Qui conobbe una distinta signorina, istitutrice delle figlie di Casciaro, che sposò e da cui ebbe un figlio.
Dopo un periodo di vita familiare, anche felice, un giorno prevalse in lui lo spirito errabondo, che lo indusse ad abbandonare moglie e figlio, per tornare a menare vita randagia.
Pare che finisse i suoi giorni a San Gennaro dei Poveri.
(Aprile 2021)