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Il traìno

 

di Antonio La Gala

 

Fra i mezzi di trasporto collettivi, trainati da cavalli, che circolavano a Napoli e nei suoi dintorni nei secoli scorsi, un posto a sé spetta ad un singolare veicolo che ha ispirato pagine letterarie, dipinti e disegni d’autore, nonché foto tipo Alinari, ecc. 

È il “corrìcolo”, vocabolo non traducibile, perché il termine più vicino, “calesse”, non lo identifica completamente. Esso è conosciuto anche con un altro nome: traìno.

Il corricolo-traìno era una specie di grande calesse con due grosse ruote; aveva due cavalli, invece di uno, e non sempre trasportava un paio di persone, ma spesso ne trasportava molte di più, ammucchiate una sull’altra.

Era usato specialmente per spostamenti fuori città. “O zampugnaro nnammurato” della canzone omonima, per venire a Napoli, dove incontrò la bella signora, “partette d’Avellino ncoppa a nù traino”.

Alessandro Dumas padre, quando venne a Napoli, nel 1835, rimase così impressionato dai corrìcoli, che dette il titolo “corrìcolo” al suo reportage sul viaggio in terra campana.

Dumas annotava che il corrìcolo-traìno non procedeva “al passo, ma al triplo galoppo e il carro di Pluto che rapiva Proserpina non era più ratto del corrìcolo che solca le strade di Napoli facendo sprizzar scintille dal selciato di lava e sollevando nugoli di cenere. (…….) Talvolta succede che il fantastico congegno, sovraccarico com’è, passa su una pietra smossa e si rovescia: allora tutta la carrozzata si sparge sugli orli della strada, ognuno lanciato secondo il suo maggior o minor peso”.

L’idea di correre sconsideratamente ed ammucchiati su un mezzo di trasporto precario su due ruote non è scomparsa con la scomparsa del corricolo. Lo si è sostituito con il motorino.

(Luglio 2021)

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