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SOTTO AL TAPPETO   di Sergio Zazzera   “Città segreta”, nell’immaginario di Corrado Augias, Napoli ha costituito il tema della trasmissione...
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Saverio Altamura, armi, donne e pennello.

 

di Antonio La Gala

 

Saverio Altamura nacque a Foggia nel 1826. Venne a Napoli per studiare medicina, ma abbandonò questi studi per interessarsi invece di pittura e di politica. Si iscrisse all’Istituto di Belle Arti di Napoli, vincendo assieme a Morelli un pensionato artistico a Roma.

Subito dopo cominciò il suo periodo avventuroso di rivoluzionario. Dal 1848 al 1866 prese parte, ripetutamente, alle lotte risorgimentali, fra cui quelle garibaldine del 1860.

Nel 1848 lo vediamo a Napoli, sulle barricate di Piazza Carità. Trovatosi dalla parte perdente, si rifugiò a Roma, dove anche lì fece il rivoluzionario, simpatizzando con gli avversari del Papa. Fu arrestato; dopo l’arresto riparò a Firenze, dove trascorse un lungo esilio fino al 1867, inseguito da una condanna a morte in contumacia. In questo periodo andò anche a Parigi, in Francia, Inghilterra e Germania.

Caduti i Borbone tornò a Napoli e iniziò una fase di attività politica. Grazie all'amicizia con Garibaldi, divenne consigliere comunale. Poi nella Firenze temporaneamente capitale d’Italia, ricoprì incarichi governativi nel governo di Ricasoli.

Come pittore, Altamura mosse  i primi passi assieme a Domenico Morelli, suo coetaneo e condiscepolo ai tempi degli studi presso l’Istituto delle Belle Arti di Napoli, affiancandone poi l’azione di riforma antiaccademica e collocandosi fra i maggiori esponenti del romanticismo pittorico. Tuttavia, pur solidarizzando con Morelli, la sua concezione estetica rivolse maggiore attenzione ai contenuti ideologici piuttosto che alle esigenze formali. Scrisse di se stesso: “E’ stato sempre mio costume, nel concepimento di un quadro, prendere le mosse da un’idea, piuttosto che da una nota pittorica”.

In effetti la sua pittura oscillò fra un indirizzo storico-romantico e uno verista, con una forte inclinazione, soprattutto nei tardi anni napoletani, verso l'arte religiosa. Nel periodo fiorentino (1850-67) contribuì alla formazione del linguaggio dei Macchaioli. La sua produzione del periodo toscano risulta irreperibile.

Bell'uomo, con barba e capelli alla nazareno, collezionava amanti e conservava un ricordino per ognuna di esse (ninnoli, fazzoletti, spille). Sposò una sua allieva greca che lui credeva maschio, perché così gli si era presentata, fino a quando volle ritrarre un nudo del "giovinetto". La moglie lo lasciò perché lo ritenne responsabile della morte di una loro figlia per tisi. Altamura non si scoraggiò e passò a un'amica della moglie, pittrice.

La vecchiaia gli portò problemi di demenza: d'inverno camminava per Toledo vestito d'estate. Morì per infreddatura, nel 1897.

Altamura ci ha lasciato un’autobiografia intitolata “Vita ed Arte”, in cui racconta la sua stagione risorgimentale e artistica.

A Napoli sue opere si possono ammirare nella Cappella del Palazzo Reale, nella galleria dell’Ottocento a Capodimonte, a S. Martino e in numerose chiese. Altre sue opere si trovano nell’Istituto delle Belle Arti di Firenze, nella galleria Colonna di Roma, nella pinacoteca di Foggia, oltre che in collezioni private.

(Dicembre 2022)

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