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IL CARNEVALE IN ITALIA   di Luigi Rezzuti   Il Carnevale è una festa molto antica, risale al periodo Paleolitico, quando durante i riti magici gli...
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Parlanno ‘e poesia Vincenzo De Bernardo   di Romano Rizzo   Quando frequentavo con assiduità nei vari salotti gli incontri periodici di poesia ho...
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PROCESSO JUVENTUS: SENTENZA BLANDA   A cura di Luigi Rezzuti   Sono trascorsi ben 17 anni dallo scandalo Calciopoli (LUGLIO 2006) con la sentenza...
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Miti napoletani di oggi.87 COVID-19: UN RITO DI PASSAGGIO   di Sergio Zazzera   Arnold Van Gennep teorizzò i riti di passaggio, definendoli...
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ASSEMBLEA ANPI SEZIONE COLLINARE "AEDO VIOLANTE"   (Marzo 2024)
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Quale idea di futuro?   di Gabriella Pagnotta     Sanremo – Giù le mani dalla musica dei giovani Ciò che mi preoccupa delle polemiche su Sanremo è...
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UNA STORIA COMMOVENTE   di Luigi Rezzuti   Miguel e Maria Garcia si sono conosciuti per le strade colombiane quando, entrambi senzatetto, erano...
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Pensieri ad alta voce   di Marisa Pumpo Pica   Il giornalismo oggi   Dove eravamo rimasti?   Dunque… Dove eravamo rimasti? Fu la celebre frase,...
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E' IL TEATRO, BELLEZZA!       (Maggio 2022)
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Normalità……. È Sognare                                                      di  Mariacarla Rubinacci   La sera era ormai inoltrata, l’aria fresca...
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«RIUNIRE CIÒ CH’È SPARSO».20

Considerazioni su avvenimenti e comportamenti dei giorni nostri

 

di Sergio Zazzera

 

E' dei giorni scorsi l’epicedio di Barbara Balzerani – la “compagna Luna” –, scritto e diffuso via web da Donatella Di Cesare, del quale riporto qui di seguito il testo: «La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna». Energiche proteste si sono levate da una consistente quota della società civile, rappresentatativa delle più diverse appartenenze, la quale non ha dimenticato le responsabilità della defunta nel sequestro e nell’uccisione di Aldo Moro e in numerosi altri omicidi perpetrati dalle b.r. (sono di rigore le minuscole): addirittura, la rettrice dell’Università “La Sapienza”, dove la Di Cesare insegna, ha sottoposto il caso all’attenzione dei competenti organi dell’ateneo. A fronte di tutto ciò, l’interessata ha tentato di mettere una toppa peggiore dello strappo, sostenendo di aver inteso esprimere soltanto la sua «vicinanza generazionale» alla Balzerani. Ma qui, oltre a richiamare il brocardo giuridico (la cui valenza, però, travalica i confini del diritto), secondo il quale protestatio contra factum non valet, mi permetto di ricordare, ancora una volta, la natura convenzionale del linguaggio, affermata dai tempi di Democrito fino almeno a quelli di Ernst Cassirer. Dunque, affido a ciascun lettore la lettura delle parole della professoressa Di Cesare – filosofa e, perciò, sicuramente conoscitrice del pensiero dei filosofi appena menzionati – e la loro interpretazione, parametrandola a quella “autentica” fornita dalla stessa.

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A proposito di linguaggio: che cosa pensano i lettori di espressioni lessicali oggi sempre più diffuse, del tipo: “quello che è” e “piuttosto che” (in luogo di “oppure”)? Da parte mia, la prima mi sembra un pleonasmo, meritevole del risparmio di fiato. Quanto alla seconda, mi si risveglia la nostalgia del mio triennio milanese di mezzo secolo fa: nel dialetto meneghino, infatti, l’interrogativo retorico “o no?” diventa “piuttost che no?”, che, però, una volta italianizzato, trasforma un’alternativa in una comparazione di tipo valoriale.

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L’annunciata competizione elettorale USA fra Trump e Biden si presenta, ai miei occhi, come sospesa tra il mitologico e il wagneriano: come, cioè, il Götterdämmerung, il “crepuscolo degli dei”.

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E, sempre a proposito di USA, il lancio dall’aereo di generi alimentari alla popolazione affamata di Gaza ha tutto l’aspetto dell’attualizzazione di quella distribuzione, via terra (a tempi diversi, modi diversi), di polvere di uova e di piselli, di cioccolata e di sigarette alla popolazione napoletana, anch’essa affamata, da parte dei militari statunitensi, giunti nel capoluogo dopo lo sbarco a Salerno. Per intenderci: due maniere, apparentemente diverse, ma sostanzialmente uguali, di “lavarsi la faccia” (o, magari, la coscienza).

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Scriveva Giuseppe Prezzolini, nella sua Storia tascabile della letteratura italiana (1976): «la Chiesa cattolica… è la sola monarchia che sia durata dalle origini a oggi in Italia». Ebbene, dopo quasi mezzo secolo, qualcosa mi sembra che sia cambiata, almeno nei fatti, dal momento che la monarchia, soprattutto se assoluta, assicura sempre al suo vertice una posizione d’intangibilità. Viceversa, oggi una quota consistente di ecclesiastici non si fa mancare le occasioni di critica dell’operato del “monarca assoluto”, ovvero del papa. Ma, forse, questo è il segno del fatto che il verticismo assicura sempre una buona libertà di azione, quanto più in basso si scende nella piramide.

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Passando, ora, al mondo dell’arte, cominciamo dalla Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, insediatasi nuovamente in piazza Municipio. A me essa sembra il simbolo del mondo politico dei giorni nostri, nel quale il lancio degli stracci è diventato lo sport preferito.

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Due mostre, in corso a Napoli in questo momento, hanno attirato la mia attenzione, vale a dire, quella della Flagellazione di Cristo del Caravaggio, al Museo diocesano, e quella della Testa di Tito, alle Gallerie d’Italia. La prima di tali opere proviene dal Museo di Capodimonte, l’altra dal MANN; e sono proprio tali provenienze a rendermi più che perplesso, circa l’utilità delle due esposizioni. Finché, infatti, un’opera d’arte viene temporaneamente trasferita in una città diversa, l’utilità dell’operazione è da ravvisarsi nella possibilità, offerta a chi non può recarsi nella sede in cui essa dimora stabilmente, di poterla ugualmente ammirare. Viceversa, non riesco a immaginare altro senso dell’operazione compiuta nell’ambito della stessa città, se non quello di dirottare il pubblico (e gl’incassi) da una struttura museale all’altra.

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Dulcis (ma non lo direi troppo) in fundo: la relazione positiva, emersa di recente, tra lo street artist napoletano Jorit e Vladimir Putin. Vero è che la qualità artistica è un valore che va apprezzato in sé, senza alcuna connessione con possibili ideologie (per tutti, valga la qualità dell’architettura del ventennio fascista); è innegabile, però, che il caso di specie è idoneo a risvegliare nelle menti il ricordo di figure, come Muzio Attendolo Sforza, Braccio da Montone e Giovanni delle Bande Nere. Intelligenti pauca.

(Marzo 2024)

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