Un paese di anziani
di Gilda Rezzuti
Il passaggio dalla società tradizionale alla società moderna, tra le tante cose, ha segnato anche l’inizio di un profondo cambiamento del concetto che si ha delle tappe della vita. Invecchiare non è sempre semplice e oggi lo è ancora meno. Diventare anziani è un processo naturale biologico, ma è anche un fenomeno storico, nel senso che la percezione è strettamente legata alla storia personale dell’individuo e alla realtà a cui appartiene. Un concetto, dunque, che non può essere definito in assoluto, non avendo lo stesso significato in tutti i paesi del mondo e nei vari periodi e contesti storici. Ma a quale età, in generale, si può essere definiti anziani? Nel nostro paese le persone iniziano ad essere considerate anziane intorno al periodo del pensionamento, all’incirca dopo il compimento dei 65 anni. Da questo momento si incomincia a parlare di terza età e cioè di quel delicato periodo, che coincide con l’inizio della senilità, condizione caratterizzata, nella maggioranza dei casi, da una salute non compromessa, tale, quindi, da consentire ancora un buon inserimento sociale e valide risorse psico-fisiche. Nel 2018, durante il Congresso nazionale della Società italiana di Gerontologia e Geriatria, è stato proposto di fare slittare questo passaggio ai 75 anni, per effetto dell’allungamento dell’aspettativa di vita, che, in Italia, si attesta, in media, sugli 85 anni per le donne e sugli 82 per gli uomini. Dai 75 anni in poi, si parla, dunque, di quarta età, praticamente di quell’arco temporale che accompagnerà l’essere umano fino alla fine del ciclo di vita. Rispetto al secolo scorso, l’aspettativa di vita si è notevolmente allungata, come si è appena detto, tanto che, nella nostra società, l’invecchiamento della popolazione sta diventando sempre più uno dei temi che necessitano di attenzione da parte delle istituzioni, e non solo, soprattutto per la responsabilità e il carico, che questo delicato stato comporta. Infatti, l’emergenza di una buona gestione della terza e quarta età, ha segnato, oggi, una vera e propria rivoluzione copernicana, una rivoluzione che affonda le radici nei cambiamenti epocali ed esistenziali. Ultimamente risulta a tutti evidente il costante e radicale processo di trasformazione che sta avvenendo nel considerare i tempi di vita e i percorsi dell’esistenza, rispetto agli anni passati, tempi e percorsi che hanno sostanzialmente modificato le relazioni umane all’interno del nucleo familiare e le interazioni nella comunità allargata. Un altro importante aspetto da considerare è quello che, con l’avanzare dell’età, inevitabilmente aumentano le difficoltà, principalmente di tipo medico e socio-economico, ma bisogna tener presente anche il serio problema connesso, e cioè la questione demografica del paese. che vede il rapporto fra nascite e morti estremamente sbilanciato. Infatti, l’Italia sta diventando sempre più un paese di vecchi. La vita. negli ultimi trent’anni, si è notevolmente allungata e patologie che, fino a qualche tempo fa, erano considerate inguaribili, oggi, grazie alla prevenzione e ai notevoli successi ottenuti in campo medico e chirurgico, sono maggiormente gestibili e curabili.
Queste costanti conquiste sono un fatto certamente positivo, che ha determinato una duplice visione dell’anziano, che va considerato sotto il profilo delle criticità, che possono dar luogo a svariati problemi per la famiglia e per la comunità, ma anche come risorsa per la società, per quel valido supporto che l’anziano può rappresentare per il ruolo redistributivo, di tipo intergenerazinale- Occorre, infatti, ricordare che, se da un certo punto di vista, la longevità raggiunta nelle società moderne, non può che essere considerata un traguardo importante, dall’altro risulta indispensabile dover far fronte energicamente alle serie problematiche a cui spesso si va incontro, in quanto, purtroppo, ci sono anche casi in cui si invecchia male, in povertà ed isolamento sociale, con un decadimento psico-fisico costante, condizioni queste che spesso comportano una significativa dipendenza dagli altri. Tutto ciò impone la necessità di lavorare con costanza perché si possa garantire, in futuro, la ripresa di un giusto equilibro demografico, assicurando, contestualmente, nel caso di anziani con una salute compromessa, se non la riconquista di uno stato di autosufficienza e completo benessere, quanto meno una qualità di vita decorosa, in grado di tutelare e conservare la dignità umana, integra fino alla fine dell’ esistenza, come diritto rigoroso e imprescindibile.
(Gennaio 2025)