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La castagna. Antichi sapori sempre attuali   di Luigi Rezzuti   Dentro un riccio spinoso la castagna racchiude una parte importante della nostra...
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UN RICORDO INDIMENTICABILE   di Luigi Rezzuti   Questo non è un racconto d’amore, ma solo un ricordo che porterò per sempre nel mio cuore. Avevo 18...
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Cento idee per l’albergo dei poveri   di Luigi Rezzuti   Palazzo Fuga, l’imponente edificio di piazza Carlo III è diventato un palazzo che pullula...
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SOTTO AL TAPPETO   di Sergio Zazzera   “Città segreta”, nell’immaginario di Corrado Augias, Napoli ha costituito il tema della trasmissione...
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Come sara’ il Natale 2020?   di Luigi Rezzuti   Le nuove strette del Dpcm, dovute all’aumento dei casi di Covid 19, fanno pensare che il Natale 2020...
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Un agosto di tanti anni fa   di Luigi Rezzuti   Era l’agosto del 1960, in discoteca si ballava e ovunque imperversavan Peppino di Capri e Fred...
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 INAUGURATA LA SEZIONE ANPI “AEDO VIOLANTE”   Siamo lieti di pubblicare il discorso di Giancarlo Violante, in occasione dell’inaugurazione della sezione...
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CALCIO NAPOLI: IL DOPO INSIGNE   di Luigi Rezzuti   Negli ultimi dieci anni la fascia sinistra ha avuto un solo ed unico padrone, Lorenzo Insigne. Il...
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Miti napoletani di oggi.83 IL “BASSO”   di Sergio Zazzera   Fino anche ai primi decenni del secolo scorso, nei palazzi signorili di Napoli era...
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E' ARRIVATA L’ESTATE   di Luigi  Rezzuti   Finita la scuola, è arrivata l’estate ed anche il giorno in cui Elsa e Lina rivedono il mare. Finalmente,...
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Il tifoso napoletano

Per anni non c’è stata partita del Napoli in cui i tifosi non lanciassero questo coro: “Vinci solo tu” Frase che riassume le critiche ad Aurelio de Laurentiis per le modalità di gestione aziendale. Il presidente è stato sempre accusato, da buona parte del popolo napoletano, di lucrare sugli interessi dei tifosi, di tenere in ostaggio i loro sentimenti e il Napoli, ma Venerdì l’ex nemico della tifoseria ha vinto il suo secondo scudetto in tre anni. Impresa mai riuscita a nessun club che non fosse quello della Juventus, Inter o Milan. De Laurentiis è sbarcato sul pianeta calcio nel 2004. A stento sapeva come fosse fatto un campo da gioco, eppure ha stravolto il sistema calcio italiano riuscendo là dove tutti avevano fallito: applicare i principi imprenditoriali al pallone. L’obbiettivo principale era far girare l’azienda, farla chiudere in attivo. Prima l’equilibrio di bilancio, poi un colpo ad effetto sul mercato, sempre con parsimonia e oculatezza. Così facendo, ha imposto la sua visione non solo agli altri presidenti, ma al sistema calcio tutto. Per anni, i tifosi si sono accapigliati rivendicando il loro ruolo di sognatori, rifiutandosi sdegnosamente di mettersi a fare i conti della serva tra ammortamenti, plusvalenze e commissioni. “Siamo tifosi o commercialisti?” Ora sono diventati tutti tifosi commercialisti. Esultano per un acquisto prospettico o per una cessione particolarmente generosa. É la grande vittoria culturale di Aurelio de Laurentiis, che ha portato tutti a parlare la sua lingua, la lingua dell’economia d’impresa.

23 Maggio 2025

 

PAPA FRANCESCO

L’UOMO DELLA PACE

 

di Luciana Alboreto

 

 

Papa Francesco. Padre dei popoli, Padre degli ultimi, Padre di ciascuno. Misericordia, Conversione, Perdono, Pace. La costellazione della cristianità che ha coronato il suo Papato, le parole chiave usate a sigillo dell’Anno Giubilare 2025. Senza la conversione sincera dei cuori, senza il perdono e senza l’amore ardente per la pace, l’umanità non può reclamare la Misericordia di Dio. Papa Francesco lo ha testimoniato con umiltà, rendendosi capace di fornire un orizzonte di senso dei più nobili valori cristiani, con una comunicativa fluida ed accessibile a tutti. Nessun orpello in lui, nulla mai da ostentare, nella piena coerenza della sobrietà e del rigore dei Gesuiti. Una presenza costante nelle questioni diplomatiche mondiali più complesse, sempre pronto a spegnere e ridimensionare ogni conflitto ed ogni focolaio belligerante. La Pace è un dono intriso nell’anima. Se non inizia ad esprimersi da ogni singolo, non può espandersi e coinvolgere comunità intere. L’unica guerra vinta è quella che non si fa. La malattia fisica lo ha provato, ma non ha devastato il suo cuore che ha offerto, con consapevolezza, tutte le sofferenze per la agognata Pace. Meritare una tale eredità spirituale, nella gratitudine di riconoscere in essa un dono di Grazia, è quanto si auspica. L’umanità intera, orfana di un Padre, attende una nuova Guida che gli succeda in Terra, con animo colmo di fiducia e speranza. Mancherà il suo sorriso, l’ironia pronta a sdrammatizzare ogni cosa e la capacità di soddisfare ogni perplessità sulla vita e sulla fede. Ricambiandolo dell’amore gratuito che ci ha donato ricordiamolo così: “Quando vediamo una persona generosa e servizievole, mite, paziente, che non è invidiosa, non chiacchiera, non si vanta, non manca di rispetto, questa è una persona che costruisce il Cielo in Terra. Magari non avrà visibilità, non farà carriera, eppure quello che fa non andrà perduto. Perché il bene non va mai perduto, rimane per sempre”.

 

 

INVECCHIARE

 

di Luigi Rezzuti

 

Il bello di invecchiare … Hai voglia a dire “la maturità raggiunta, una certa serenità, e poi le rughe sono segno di una vita intensamente vissuta.”

Invecchiare è brutto. Diciamocelo. È triste. Però, da ragazzo, pensavo che una cosa, almeno una cosa, mi avrebbe rallegrato, dinanzi all’avanzare degli anni: non dover più cedere il mio posto sull’autobus all’anziano di turno, per il semplice fatto che sarei stato io l’anziano di turno. Bene. Cioè male, perché adesso che il senile traguardo è raggiunto, quando mi trovo in un bus o metrò con i posti a sedere occupati, sto lì a guardarmi intorno, come a dire: “Beh, non mi vedete? Sono qui!!! Sono l’anziano di turno!!!” Niente, rimango all’ erta, in attesa di un giovane di buon cuore o meglio, per dirla in napoletano verace, propio allerta

Ci ho meditato un po' su e, delle due, l’una:

1) l’umanità si è molto imbarbarita, ignorando o tralasciando le buone, vecchie maniere del tempo che fu.

2) non sono ancora così vegliardo da essere gratificato del posto a sedere.

Anche su questo ho meditato a lungo. E propendo tristemente per la prima delle due ipotesi …

 

TRA TISANE E CAFFÈ

 

Tirano molto le tisane. Ve ne siete accorti?Anche a me capita che, ogni tanto, andando a trovare un amico, la padrona di casa mi accoglie con la fatidica frase: “Che ne dite di una bella tisana?”

il caffè, in certi ambienti, è passato di moda, la cioccolata è bandita per eccessi calorici, viviamo nel tisana time. Sarà che Pinterest e altri ameni virtuali pullulano di disegni e illustrazioni della fanciulla di turno, in pigiamone, immancabilmente sola, accoccolata, su di un’avvolgente poltrona, accanto a una finestra, oltre la quale c’è sempre una pioggia battente, e lei, lì, con la sua tazza di tisana fumante stretta tra le mani, e l’immancabile gatto arrototolato ai suoi piedi.

Per un minuto, l’immagine ti trasmette senso di calore e intimità. Per un minuto, appunto. Poi la tisana rasserenante finisce, il gatto non ti fila per niente proprio perché è un gatto, mica un cane, e la pioggia continua a scendere, deprimente. Mi chiedo quante di queste ragazze, dalla tisana facile, vedremmo lanciarsi giù dalla finestra, se ci fosse fornita anche l’illustrazione successive. Il classico suicidio post tisana.

Vedi se questo avviene con il caffè. Solo per decidere come prenderlo, devi mettere in moto tanti di quei neuroni che sarà quello a scetarti, mica il caffè.

Io lo prendo amaro, no, magari zuccherato con dolcificante, no zucchero di canna, macchiato, meglio schiumato, con cacao, senza, stavolta, visto che è il quarto da stamattina. Decido... con il latte freddo ma in tazza calda, no, mi sono sbagliato, tazza fredda e latte caldo o, magari, nel bicchierino di vetro, no, una tazzina sottile e delicata di buona porcellana…

Ora, ditemi voi, con tutto questo turbinio decisionale, chi mai penserebbe ad uccidersi dopo un caffè?

Perciò, ascoltatemi bene, la tisana non ti sana, il caffè tì sana.

 

Aprile 2025

Ingiustizia è fatta

 

di Romano Rizzo

 

E’ stata sancita l’improponibilità del referendum abrogativo dell’Autonomia differenziata (vedasi sul tema il nostro precedente articolo – Attualità, luglio 2024, ndr), progetto di legge voluto dalla Lega con l’intento malcelato di favorire le Regioni del Nord a danno delle regioni più disagiate del Sud, aumentando il già grande divario dalle prime. Si dice che questo progetto, nato dalla fervida mente di Calderoli, che aveva già donato al popolo italiano l’odierno sistema elettorale, abbia costituito una parte necessaria per l’accordo di formazione del governo. A nulla sono valse le tante battaglie, portate avanti dalle opposizioni che, vedendo vanificate le loro proteste, hanno creduto di servirsi dell’arma del Referendum abrogativo, raccogliendo le adesioni, molte, di quanti hanno ritenuto che il progetto di legge mirasse a dare un colpo anche all’Unità d’Italia. A questo punto, per evitare il peggio, non resta altro che sperare in un consistente e qualificato numero di emendamenti da proporre al momento del decreto di attuazione, per tentare di ridurre, ma non eliminare, i più nefasti effetti di questa legge. Auguriamoci che vengano definiti al meglio, cioè, in misura applicabile a tutte le regioni, i LEP e i LES. livelli essenziali di prestazioni e di servizi, e che sia precisato, in maniera chiara ed obiettiva, il funzionamento del Fondo di coesione. Conoscendo la triste storia dei LEP, previsti dal legislatore, ma mai attuati perché risultati troppo onerosi, ho ritenuto che il loro inserimento nella legge di attuazione dell’Autonomia differenziata da parte, credo, dell’opposizione, mirasse a rallentarne l’attuazione.

In pratica, purtroppo, vedo che alcune Regioni (Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria) hanno, invece, già iniziato i negoziati con lo Stato per definire le materie che saranno a loro cedute…realizzando, nei fatti, l’anticipata attuazione di una parte più significativa del progetto solo in quattro regioni, cosa che a me pare assai lontana da ciò che era lecito attendere.

Non vi è dubbio che, così facendo, non curandosi delle indicazioni legislative, si realizzerà qualcosa che contribuirà a distinguere le predette regioni dalle altre, acuendo il gap già. esistente Se si continuerà a procedere in una maniera tanto balzana, temo che tutti i benpensanti dovranno alla fine rassegnarsi perché è evidente che questa è la strada scelta dal governo chè è più che deciso ad andare avantì, a tutti i costi, fino in fondo… Povera Italia !!!

Criminalità minorile in Italia

 

di Luigi Rezzuti

 

In Italia la criminalità minorile è diventata un fenomeno molto preoccupante e rientra tra le problematiche che destano maggiore preoccupazione a livello sociale. I dati nazionali, confermano una situazione che si avvicina pericolosamente ad una vera e propria emergenza. La delinquenza minorile aumenta a dismisura, giorno dopo giorno. Il fenomeno si è diffuso a macchia d’olio, nelle diverse fasce sociali, senza distinzione di classi: lo si rileva in quelle più disagiate come nel ceto benestante e, senza dubbio alcuno, ha radici e sviluppi in quei comportamenti che si allontanano dalle norme in vigore, violandole senza ritegno. Nella criminalità giovanile, infatti, si passa da atti di vandalismo a forme cruenti di violenza contro le persone. Molte le cause, individuate dagli esperti come quelle che, con maggiore frequenza, spingono i ragazzi a commettere reati. Una di esse, pur se non è la sola, va ricercata, nelle difficoltà economiche familiari, che si legano al sentimento di esclusione, provato da alcuni adolescenti. Può capitare spesso, e con molta probabilità, che l’esigenza di sentirsi parte del gruppo, rafforzata dalla necessità di affermarsi ed essere accettati in un modo o nell’altro, a livello sociale, induca il ragazzo ad identificare il proprio gruppo dei pari in aggregazioni di giovani criminali. E’ così che si formano le baby gang, i cui componenti sono accomunati dal desiderio di trasgredire e di sentirsi invincibili. Oggi, il fenomeno, come si è appena detto, è in forte aumento e la cronaca di questi giorni lo conferma: si sente sempre più spesso parlare di reati compiuti da gruppi di ragazzini giovanissimi, che si uniscono fra loro con l’obiettivo di seminare violenza e terrore fra i propri coetanei e fra gli adulti. Per contrastare tutto ciò è fondamentale il ruolo delle famiglie, il cui compito è, innanzi tutto, quello di educare. Il ruolo genitoriale, per quanto possa risultare difficile nell’attuale società, deve includere, bilanciandoli, elementi di comprensione, severità e controllo, nella giusta misura. Un altro tassello fondamentale per controllare e combattere questo fenomeno è rappresentato dalla scuola, il primo vero contesto in cui i ragazzi iniziano a costruire relazioni sociali. Ma in tal senso, bisogna, purtroppo, mettere in luce una grande falla nel sistema scolastico italiano, troppo spesso distratto rispetto a quelli che sono i disagi, le esigenze e le richieste di sostegno del mondo giovanile. In risposta, poi, al degrado di talune zone in grande difficoltà, il governo italiano ha introdotto il “decreto Caivano”, insieme all’adozione di norme più restrittive, sul piano della sicurezza e della tutela pubblica. Esse prevedono l’ammonimento del questore per i minori di età compresa tra i 14 e i 17 anni, estendendosi, in casi gravi, anche ai minori di 12 e 14 anni. Nonostante tutto ciò, il numero elevato di crimini permane, determinando comunque, un grave problema, che va molto al di là della modifica di alcuni aspetti del codice penale. Gli episodi di violenza tra i minori sono caratterizzati da una brutalità senza precedenti e da una crudeltà inenarrabile, che spingono gli esperti a ritenere che le misure più restrittive nei confronti dei giovani, pur necessarie, non siano sufficienti. Essi concordano sul fatto che vadano indagate ed approfondite le cause in quanto, al fondo della complessa problematica, non possono essere ignorati quei fattori sociali profondi, come la disgregazione familiare, la mancanza di opportunità educative e lavorative. Il governo sta cercando di combattere questa crisi con leggi più severe e misure restrittive, ma saranno efficaci nel lungo periodo? Per evitare che la criminalità minorile sfoci in una crisi sociale più ampia, è essenziale l’inclusione e il sostegno per i giovani. E’ altrettanto importante rafforzare il dialogo tra famiglia, scuola e istituzioni sociali.

(Febbraio 2025)

La desertificazione industriale

 

di Romano Rizzo

 

Uno dei più gravi pericoli del nostro tempo è costituito, a parere di molti studiosi, da un fenomeno quasi sconosciuto in passato o meglio poco diffuso quale è la desertificazione industriale che interessa precipuamente paesi anche abbastanza evoluti, come il nostro, e determinaSSSto in primo luogo dagli effetti collaterali della liberalizzazione e della tanto decantata globalizzazione.

In Campania e nei paesi del Sud, ma in particolare nel Napoletano, ne abbiamo già visto i nefasti effetti con la progressiva chiusura, delocalizzazione o varie vicissitudini di industrie come Ilva, Cirio, Resia, Manifatture Cotoniere meridionali e via via tante altre con conseguente aumento della disoccupazione, diminuzione dei posti di lavoro per i giovani che, se possono, cercano altrove quelle opportune sistemazioni che non riescono più a trovare nei nostri paesi. Questo fenomeno, anche se ancora poco avvertito e forse sottovalutato, è in realtà imposto dalle stesse leggi dell’ Economia che suggerisce o meglio impone ad un imprenditore di posizionare la propria impresa nei luoghi in cui può trarre i massimi profitti con i costi più contenuti e cioè laddove minori sono i costi di approvvigionamento delle materie prime, delle energie occorrenti per la produzione  e più contenuto sia il costo della manodopera da impiegare. E’ facile immaginare che alcune di tali condizioni si ritrovino nei paesi più poveri, nelle nazioni emergenti che sono quelle che stanno beneficiando e continueranno a beneficiare di tale inarrestabile processo che, di contro, procura un progressivo ed inarrestabile depauperamento delle risorse in paesi più evoluti come il nostro.

Non vi è chi non veda che, col tempo, l’Italia rischia di subire una desertificazione industriale completa che ci renderebbe succubi di altri mercati per l’approvvigionamento di tutte quelle produzioni dismesse e traslocate in altri lidi. In termini più espliciti, la nostra situazione si avvicinerebbe sempre più a quella di quei paesi che noi ora definiamo del terzo mondo.

Occorrerebbero degli interventi mirati a contenere o ridurre l’esodo delle nostre imprese verso altri luoghi, offrendo alle imprese che restano nel nostro paese agevolazioni fiscali e/o bonus che riducano i costi della energia, delle materie prime e della manodopera in modo tale da rendere competitive le condizioni da noi offerte alle imprese rispetto a quelle di cui potrebbero godere altrove. Sarà oltremodo difficile operare in tale senso, ma, ad esempio, per quanto concerne l’approvvigionamento di materiali disponibili solo su particolari mercati, come il litio, accentrandone l’acquisto da parte dell’Unione europea per i quantitativi occorrenti alle varie nazioni sarebbe facile riuscire ad ottenere delle notevolissime economie di scala…

Credo che altre  azioni possano essere tentate con premi, vantaggi per chi è disposto ad impegnarsi nella difesa della industria nazionale tutelandola con brevetti, marchi etc.

Sono costretto a rilevare, però, che, fino ad oggi, non si comprende, per una sottovalutazione del fenomeno o per altre ragioni, che sfuggono alla nostra comprensione, perché nulla sia stato effettuato dall’Italia per tentare di combatterlo, di ridurne i rischi o, quanto meno, di ritardarne gli effetti. Ci resta solo da sperare che in un domani vicino quanto mai ci sia qualcuno che faccia sentire la sua voce in maniera molto più autorevole della mia in modo tale da riuscire a vincere la attuale apatica indifferenza e colpevole inerzia.

(Gennaio 2025)

IL MELOGRANO: un portafortuna per l’anno nuovo

 

di Luigi Rezzuti

 

Alla mensa natalizia non può mancare. La tradizione vuole, però, che lo si regali a Natale perché sia consumato a Capodanno, come buon auspicio per il nuovo anno.

Il melograno è un frutto ricco di nutrienti ed offre numerosi benefici alla salute. Le sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e il supporto alla funzione muscolare lo rendono un alimento molto utile. È una pianta orientale, originaria dell’Asia Minore e si è diffusa nel bacino del Mediterraneo, prima, e in altre zone del mondo, poi. Ormai è coltivata in diversi paesi  del mondo,  come Israele. Turchia e Spagna,  nelle varietà tradizionali e in quelle di nuova introduzione. Per non tralasciare alcuna zona, diciamo che anche l’Australia è ormai terra di melagrane, qui  si stanno  vagliando, infatti, le diverse coltivazioni. L’interesse per il frutto della salute è tale che  nel 2021  si è tenuto il simposio internazionale dell’ISHS, che ha visto anche il melograno come protagonista nel dibattito sulla scienza dell’Orticultura. In Italia questo frutto viene coltivato in Emilia Romagna, nel Lazio, in Puglia e in Sicilia. In Campania viene coltivato nel casertano, nell’avellinese e nel salernitano. l’Irpinia è una terra di sapori autentici, custode antica di vini pregiati, castagne, melograni e specialità gastronomiche ricche di gusto. Un luogo incantevole dove trascorrere una giornata tra i boschi a raccogliere castagne ed ammirare la sua anima più vera. L’anima di una terra dove, per secoli, la natura ha scandito i ritmi del tempo, lasciandoci in eredità un patrimonio agroalimentare immenso. E’ tempo di gustare  questo “sapore d’Irpinia”.

Il melograno è un frutto legato anche alla storia di Paestum. Questa antica pianta, dalle molte proprietà benefiche, è cresciuta nella zona di Capaccio a partire dai Greci e dalla dea Hera, venerata a Poseidonia.

La produzione campana di melograno è destinata al “mercato del fresco”, quindi a bar e mercati ortofrutticoli. Il melograno è un frutto molto richiesto rispetto alla frutta estera. La raccolta dei frutti inizia a metà ottobre e prosegue fino a metà novembre. Essi hanno un sapore particolarmente dolce e possono essere consumati, anche sotto forma di succhi e in quanto a freschezza sembrano spremuti sul momento!

(Dicembre 2024)

Aspettando il Natale - Ad Ortisei, nella Val Gardena

 

di Luigi Rezzuti

 

Il conto alla rovescia per le feste più magiche dell’anno è ormai una piacevole realtà: a impreziosire le giornate di dicembre, oltre alle luminarie, alle musiche tradizionali e a una vibrante atmosfera, che si percepisce nell’aria, arrivano, come sempre, i mercatini natalizi, un appuntamento fisso per scoprire l’oggettistica più svariata e sapori inconfondibili.

Tra i più rappresentativi, spicca, senza dubbio, il Mercatino di Ortisei, autentico “Paese del Natale” nella favolosa cornice montana della Val Gardena, che profuma di artigianato artistico e di tradizioni. Capoluogo della Val Gardena, con l’approssimarsi del Natale, Ortisei si trasforma e sprigiona una bellezza incantata, che riscalda i cuori di tutte le età: l’area pedonale del centro, vestita di luci e di colori, tra maestosi alberi natalizi, decorazioni in legno e luminarie, diventa il palcoscenico dell’imprendibile Mercati di Natale, contraddistinti dalle inconfondibili baite. E’ questo il luogo perfetto per vivere la vera e magica atmosfera natalizia, nell’abbraccio delle cime innevate, respirando la frizzante aria di montagna mentre si passeggia senza fretta tra una casetta in legno e un’altra, con in mano una fumante tazza di cioccolato e una golosa fetta di strudel. Non mancano specialità locali, sculture in legno realizzate a mano, addobbi, souvenir, inedite idee regalo, vini altoatesini, liquori pregiati e tanto altro ancora.

Dal 30 novembre al 5 gennaio 2025, Ortisei veste i panni del “Paese di Natale” con l’apertura del tipico Mercatino in  pieno centro pedonale,  a circa 36 Km. da Bolzano, da dove partono autobus pubblici, diretti alla Val Gardena. Oltre  a  godere dello spettacolo dei mercatini, non può mancare una visita al grande e suggestivo Presepe naturale vicino alla chiesa parrocchiale. L’allestimento del presepe è, da sempre, un rito molto sentito. Ancora lungo le pittoresche vie del centro, incantano i molti caratteristici Presepi in legno, esposti nelle tipiche casette-vetrina. Ad accompagnare il tutto, le coinvolgenti manifestazioni in cui si esibiscono gruppi e musicisti locali con musiche, spettacoli unici che consentono di assaporare appieno momenti davvero preziosi. Passeggiando tra le sue vie, da non perdere la visita alle botteghe artigianali e scattare fotografie ricordo.

(Dicembre 2024)

I simboli del Natale: Albero e Presepe

 

di Luigi Rezzuti

 

Le feste natalizie si avvicinano e, con esse, la necessità di scegliere un albero di Natale o un presepe. 

L’albero di Natale viene solitamente preparato l’8 dicembre, in occasione della festa dell’Immacolata Concezione. Tra le tradizioni natalizie l’albero di Natale viene addobbato con palline colorate, luci e festoni. Ci sono diverse storie sul “primo albero di Natale”, fra le città che si dichiarano sedi del primo albero di Natale, c’è anche Riga in Lettonia, dove si trova anche una targa, del 1510, scritta in otto lingue, per commemorare l’evento. Ma l’albero di Natale, così come lo conosciamo noi, fu introdotto in Germania nel 1611 dalla Duchessa DI Brieg: un angolo di una delle sale del suo castello (già adornato per il Natale) era rimasto completamente vuoto, allora ordinò che un abete venisse trapiantato in un vaso e portato in quella sala. Gli alberi più usati e più adatti ad essere scelti come alberi di Natale sono sicuramente quelli artificiali, ma un albero di natale vero è certamente più bello con il suo odore caratteristico della resina dei rami. Il rovescio della medaglia è dato, però, dal fatto che bisogna prendersi la responsabilità di cosa farne, una volta trascorse le feste natalizie. Tutto questo al Nord. Durante le feste natalizie alcuni oggetti di decorazioni per la casa possono essere addobbi fatti a mano, palline in cellulosa bianca da decorare e dipingere divertendosi a creare, con un po' di fantasia, simpatici e originali oggetti o festoni luminosi da agganciare ai lampadari. Al Sud la scelta per le festività di Natale cade di più sul presepe degli artisti presepiali napoletani ma anche su quello creato da persone che, con spiccata fantasia, sono in grado di costruirlo da sole.  Qui gli addobbi sono gli stessi che si usano al nord, come festoni luminosi e decorazioni, mentre per il presepe gli addobbi sono le statuette di terracotta che animano la scena. E fu così che fecero la loro comparsa personaggi come: la lavandaia, l’oste, gli zampognari, il pastore con le pecore e quant’altro, fino alle moderne statuine che raffigurano personaggi dei giorni nostri.

Il presepe, oggi, non è soltanto un simbolo religioso, ma è una vera e propria eredità culturale partenopea. La realizzazione del presepe a Napoli riunisce   intere famiglie che, nel periodo che precede le festività, si recano nelle storiche vie dei pastori di Natale, soprattutto a San Gregorio Armeno, per vedere le ultime novità del settore. Qui vengono anche turisti da tutto il mondo per ammirare il lavoro dei nostri artigiani ed acquistare le statuette, realizzate a mano. Il primo presepe in Italia fu realizzato da San Francesco, nel lontano 24 dicembre del 1223, in un paesello di Rieti. A quei tempi. conteneva soltanto la natività, tutti gli altri personaggi vennero introdotti successivamente.

(Dicembre 2024)

La castagna. Antichi sapori sempre attuali

 

di Luigi Rezzuti

 

Dentro un riccio spinoso la castagna racchiude una parte importante della nostra storia, con la sua forza simbolica rappresenta la generosità della natura che, agli inizi della stagione fredda, offre spontaneamente all’uomo un frutto dai tanti usi e dalle grandi proprietà alimentari. Il castagno è un albero secolare che ha offerto alle popolazioni un sostegno irrinunciabile, non solo sotto forma di legna da ardere, ma soprattutto perché i suoi frutti hanno costituito la base dell’alimentazione in tempi di guerra e, ancora oggi,  occupa un posto importante fra i sapori. La castagna tipica delle zone appenniniche si presenta in numerose varietà: dalla castagna selvatica alla Loiola (utilizzata per le caldarroste, ma anche bollita), alla Pastanesa (usata per la preparazione della farina) fino alla Sborgà.  A queste varietà corrispondono diversi tipi di cottura e di lavorazione: le castagne possono essere bollite, arrostite ma soprattutto essiccate per ottenere la farina con cui si cucinavano polenta, frittelle, torte (castagnaccio). Le castagne crescono spontanee senza bisogno di concimi chimici o antiparassitari. La lavorazione, in molti casi, avviene ancora secondo il metodo tradizionale. A ottobre inizia la raccolta. In passato, terminato il periodo della raccolta, le castagne destinate alla produzione della farina vengono portate agli essiccatori. Dopo circa venti giorni di essiccazione, si procedeva a pulirle dal loro rivestimento. Venivano in seguito macinate in un mulino che le trasformava in farina. In Campania numerosi sono i castagneti, le castagne coltivate qui sono delle vere e proprie eccellenze, tra le migliori in Italia. le più famose della Campania le troviamo nel Parco Urbano dei Camaldoli, un castagneto che si estende sulla collina della città di Napoli. Anche ad Ischia si possono raccogliere le castagne per mille ricette sia dolci che salate. Nel Parco Nazionale del Vesuvio cresce, invece, la castagna del Monte Somma. Spostandosi verso la provincia, non molto lontano da Napoli, nei comuni di Lettere, Pimonte e Castellammare, tutti e tre sul Monte Faito, crescono rigogliosi castagneti. Qui si coltiva la pregiata Castagna del Monte Faito, detta anche marroncino. Questi frutti si raccolgono verso ottobre e ogni riccio ha da due a tre castagne. Nei numerosi boschi, che sorgono nella provincia di Avellino, viene coltivata la Castagna di Montella, ma cresce anche in altri comuni del Parco Regionale dei Monti Picentini, come quelli di Nusco, Montemarano, Bagnoli Irpino, Cassano Irpino e Volturara Irpina. Le castagne di Montella posseggono particolari proprietà organolettiche che ne fanno apprezzare i frutti sia freschi che secchi, surgelati o cotti. Durante il periodo natalizio, la castagna di Montella si trasforma in una particolarità culinaria: la castagna del prete. Altra eccellenza avellinese è la castagna o Marrone di Serino. La sua zona di produzione comprende i comuni interni della provincia di Avellino e Salerno, andando da Serino, Montoro e Solofra fino a Giffoni, Calvanico e Castiglione nel salernitano. Storicamente, fu grazie ai monaci benedettini che i castagneti dei Monti Picentini vennero curati e riqualificati fino ad arrivare alla produzione di un frutto di alta qualità. Qualità che hanno reso il Marrone di Serino una delle eccellenze italiane al pari della vicina Castagna di Montella. Viene esportata a livello internazionale ed è molto richiesta nella filiera industriale, impiegata per la preparazione di prodotti famosi in tutto il mondo: i marron glacés. Nei borghi intorno a Benevento si producono le castagne selvatiche, in particolare crescono in gran quantità nei boschi che appartengono al Parco Regionale del Matese. I piccoli borghi di Ospedaletto, Summonte ma anche Arpaise, Cusano Mutri, Pietraroja, Montesarchio, Vitulano e Civitella Licinio, organizzano spesso eventi e sagre dove la protagonista è proprio la castagna. Le più famose sono senza dubbio la sagra della castagna di Arpaise, quella di Vitulano o anche la sagra di Cusano Mutri. Nella provincia di Caserta, precisamente tra i comuni di Liberi, Pontelatone, Formicola, Roccaromana e Roccamonfina, cresce la particolare varietà di castagna “ufarella” o “vofarella” detta anche castagna di Roccamonfina.

(Novembre 2024)

L’autonomia differenziata

 

di Romano Rizzo

 

La proposta di legge sulla Autonomia Differenziata, presentata dal leghista Calderoli, criticata da illustri costituzionalisti ed esperti, è passata al Senato quasi in sordina. Dopo, alla Camera, le opposizioni non hanno saputo, forse, trovare la strada giusta per opporsi ad essa adeguatamente. Qualcuno, anzi, con piglio critico, ha scritto che non si è saputo trovare nulla di meglio di una assurda pagliacciata, ripresa dalla TV e poi sfociata in una indegna rissa.

Nessuno si è premurato di far comprendere all’ignaro cittadino il peso che questa legge potrà avere in futuro: in sostanza, non farà altro che aumentare la distanza, già notevole, che separa le regioni del Nord da quelle del Sud. Essa prevede che quasi tutte le funzioni, che erano gestite, bene o male, dallo Stato, diventino di competenza

delle regioni che dovranno provvedervi, e qui è l’inganno, con le risorse prodotte nel territorio. Si sa già che le industrie sono ubicate quasi tutte al Nord, ma pochi sanno che, comunque, le Sedi Centrali, anche di quelle che sono operative altrove, sono al Nord e, di conseguenza, è al Nord che affluiranno i ricavi derivanti da imposte e tasse. Prima, attraverso la cassa unica dello Stato, le migliori contribuivano con parte dei loro ricavi ai bisogni di quelle del sud. Ora non più. Mi obiettano che sono previste delle quote di compensazione che non si sa come e da chi verranno determinate. Mi si obietta ancora che, su specifica richiesta di alcuni parlamentari, dovranno essere predeterminate delle quote minime necessarie da cui non si potrebbe derogare. Tutto ciò mi fa comprendere che l’effettiva attuazione della nuova normativa è, fortunatamente, assai lontana nel tempo, ma non mi riesce di accettare che si ritenga valido il principio che una Regione virtuosa, che riesca cioè ad introitare più di quanto le occorra e che voglia destinare il surplus al miglioramento dei servizi per i propri assistiti, possa giungere ad operare per eliminare il divario esistente con altre regioni, meno fortunate. Mi ero illuso che tutti i parlamentari del Sud avessero presentato le loro logiche obiezioni almeno per rispetto dei propri elettori, indipendentemente dalle direttive dei partiti di appartenenza. Ma non è stato così e questa che si può definire come una truffa, perpetrata ai danni del martoriato Sud, temo che finirà nel peggiore dei modi. Mi risulta che c’è chi sta tentando la strada del referendum, dimenticando che tale strumento non può essere usato per i provvedimenti che hanno effetti economici.

Confesso che spero che si trovi una scappatoia che ci consenta di porre fine all’incertezza e che ci sia un modo per far sì che venga abrogato questo malevolo disegno. Poiché sono e resto un inguaribile sognatore, continuo a sperare che qualcuno mi faccia capire, con valide argomentazioni, che sbaglio e non mi accorgo di sbagliare!

(Luglio 2024)

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