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MERCATINI DI NATALE

 

di Luigi Rezzuti

 


Natale è ormai alle porte, è ora di lanciarci alla scoperta dei mercatini natalizi più belli e pittoreschi del 2022.

In tutta Italia, di piazza in piazza, dalla grande città al piccolo borgo, ogni centro storico accoglie bancarelle ricche di prodotti di artigianato e si prepara a intrattenere grandi e bambini con un fitto programma di attività ed eventi, tutti all’insegna della magia delle feste!

Le giornate si accorciano, le temperature calano e l’atmosfera natalizia inizia a farsi sentire.

Insomma, è giunto puntuale come ogni anno, il momento di programmare una visita agli immancabili e tradizionali mercatini di Natale, che da novembre e talvolta fino a gennaio, conquistano il centro storico delle città italiane e, grazie alle luci cui sono illuminati e casette di legno da cui sono composti, permettono a grandi e piccini di entrare nel vivo del Natale.

Il 2022, inoltre, è il primo anno veramente libero dalle restrizioni dettate dal Covid, dunque, sarà l’occasione giusta per tornare a viaggiare e lasciarsi sorprendere dalle meraviglie che ogni singolo mercatino saprà regalarci.

I mercatini di Natale da visitare questo inverno, partono dal Trentino-Alto Adige e per tutta la nostra penisola.

Questa regione al confine con Austria e Svizzera, è considerata la capitale italiana del Natale per la massiccia presenza di mercatini natalizi sparsi per le sue piccole e grandi città.

Una vasta offerta di bancarelle ed eventi che ogni anno attirano in questo luogo dal fascino nordico turisti da tutta Italia

Una città che, fra tutte, sa distinguersi per la grandiosità delle sue celebrazioni è sicuramente Napoli che, in previsione del Natale 2022, ha già messo in programma tutta una serie di appuntamenti in cui lasciarsi trasportare dalla frenesia dei festeggiamenti.

Addobbi e prodotti di artigianato, i mercatini di Natale ti invitano a immergerti in un clima festivo.

All’interno del centro storico è possibile ammirare l’affascinante maestria degli artigiani del presepe che espongono orgogliosamente le proprie originali creazioni nella storica via San Gregorio Armeno, tappa fissa per chiunque passi per Napoli.

Anche nei quartieri di Soccavo e Pianura i mercatini di Natale aprono i battenti per poi concludersi nei primi di gennaio.

I mercatini dell’artigianato e della creatività è ormai un appuntamento fisso per gli amanti degli oggetti unici, e si ripete ogni anno a Pianura.

Tantissime bancarelle aspettano i visitatori con una vasta scelta di articoli, tutti fatti rigorosamente a mano, particolari, originali, ma soprattutto unici per i pensierini di Natale.

(Dicembre 2022)

Siamo degli sconfitti

         

di Mariacarla Rubinacci

 

 I “favolosi anni Sessanta” coprono un arco storico abbastanza ampio che comprende l’esplosione del fenomeno rock  in cui si cantavano le ballate di De Gregori, De Andrè, Celentano, Gaber e Morandi, pensando ai Beatles e ai Rolling Stones. Si assaporava lo spirito di Libertà vivendo ( lo si credeva fortemente ) in un Paese pacifico e abbastanza civile.

E allora proviamo ad aprire i cassetti della memoria alla ricerca di sensazioni da condividere e offrire alle generazioni più giovani nella speranza che leggano queste righe scritte da chi giovane non lo è più.

Quegli anni, i ’60, furono fondamentali per i cambiamenti del nostro Paese, azzardo, e non troppo in fondo, del mondo intero. Nel cuore c’erano tante speranze e molte fantasie, tanta curiosità rimasta repressa per troppo tempo, la stessa che è la molla che spinge le persone a guardare al futuro.  I giovani di allora avevano fame di tutto e la voglia di scoprire nuovi orizzonti.

Tuttavia aleggia una domanda: gli anni Sessanta sono stati davvero una chiave di volta per esaudire la rivoluzione di un’epoca?

Oggi si respira un’aria di incertezza e di sofferenza, vestita di verità mentre potrebbe essere un’illusione. Oggi vige il Credo che fa credere di vivere in una società soffocata dall’odio, dalle paure, dall’inquietitudine e dalla violenza. Anche la parola Libertà, come un funambolo, cerca un equilibrio mentre passo passo attraversa il filo teso verso il futuro.

Peccato allora….che oggi a chiedere il rispetto alle regole siano rimasti soltanto coloro che hanno ormai qualche capello bianco sulle tempie. Non c’è più ascolto. Ci sono solo urla, bugie, mortificazioni e, ahimè, una falsa guerra fratricida.

Peccato davvero…… siamo degli sconfitti.

(Ottobre 2022)

“RESISTENZE”

 

di Sergio Zazzera

 

Ricorre oggi, 28 settembre, mentre scrivo queste righe, il 79° anniversario dell’inizio delle Quattro Giornate di Napoli. Cinque giorni fa, il 23, è stato ricordato il 37° anniversario dell’omicidio del giornalista Giancarlo Siani. E, se in queste righe accomuno i due eventi, ciò vuol dire che essi sono scollegati soltanto all’apparenza; ma mi spiego.


L’episodio delle Quattro Giornate di Napoli, durante le quali la città insorse, prima in Europa liberandosi da sola dal giogo dell’occupazione nazista, è ascrivibile, senza alcun dubbio (a parte quelli manifestati, ma con motivazione inconsistente, da Giorgio Bocca) al più ampio movimento della Resistenza.

Tale sostantivo è derivato dal verbo “resistere”, al quale il Vocabolario Treccani attribuisce il significato primario di «Opporsi a un’azione, contrastandone l’attuazione e impedendone o limitandone gli effetti». A fronte di tale definizione, perciò, è più che ragionevole ammettere l’esistenza di più “Resistenze”, al pari della pluralità di “fascismi” riconosciuta da Umberto Eco.

Non ho, dunque, difficoltà a considerare un episodio di “resistenza” anche l’attività posta in essere da Giancarlo Siani in quella breve prima metà degli anni 80 del secolo scorso. Siani, infatti, con le sue inchieste giornalistiche, che riferivano i dati che egli stesso acquisiva sul campo impervio di Torre Annunziata, ha operato per opporsi all’attività della criminalità organizzata imperante in quel territorio, al punto che i risultati da lui conseguiti hanno contribuito non poco a consentire a organi di polizia e magistratura d’infliggere a quella criminalità il durissimo colpo che i media a suo tempo resero noto al pubblico. Hanno contribuito, cioè, a “resistere” all’azione della camorra torrese; e non è un caso se a essere celebrata, ancora oggi, è la sua morte, e non quella dei tanti caduti nelle guerre e nelle faide camorristiche.

(Settembre 2022)

Tema d’Estate

 

di Mariacarla Rubinacci

 

 21 giugno, solstizio d’estate, ma quest’anno la stagione si è anticipata di molto. Aveva fretta di vedere crogiolare al sole i nostri corpi cerei e macilenti per contagi e chiusure domiciliari.

Estate, rigoglio frenetico in cerca di libertà. Parola magica di questi tempi.

Libertà da orpelli deprimenti, pesanti da scrollare di dosso, cose che intralciano il desiderio di fare finalmente quello che si vuole.

E fra questi orpelli, come ogni anno del resto, ci sono i nostri… (è un eufemismo!!!!) amici a animali. Cani, gatti, criceti, pappagallini, altri… E’ un eufemismo dire “nostri”. Per molti Humani (è così che ci chiamano gli amici animali), il Fuffi regalato a Natale al figlio anche lui zampettante, oggi è un Fuffone di 4 Kg., Micetta mia, raccolta per strada in una notte fredda e buia, oggi è una miciona che lascia peli in angolo della casa. Altri esempi? Quanti ce ne sarebbero, trovateli voi che state leggendo. A proposito, chi sa smanettare con il Web, avrà certo visto il susseguirsi di SOS anti abbandono. Giusto! In estate si abbandona!

che se la cavino da soli…” è il mantra dell’estate, è il leitmotiv dell’estete, dopo tutto sono animali. “io devo andare in vacanza e tu sei un peso”. E allora, invece di riporre “l’orpello” in un cassetto come fosse un oggetto qualsiasi dato che propriamente un oggetto non è ahimè, lo si “getta”, magari anche nel cassonetto della spazzatura sotto casa, “vai, caro, vai a fare l’animale”. La cronaca registra scene di ritrovamenti orrendi in scatole di scarpe, di cani legati ai bordi delle autostrade, di pappagallini che a stento sanno volare per non aver conosciuto altro ambiente che una gabbia, (ne ho trovato uno sul mio balcone, spaventato, è stata un’odissea riuscire a prenderlo e tranquillizzarlo).

Vabbè raga… (come dicono i giovani oggi), scusate lo sfogo. E’ un pour parler tanto per fare due chiacchiere. Buone Vacanze amici (voi che leggete), so che siete bravi voi, so che siete persone che queste cose non le fanno. Comunque è bene sempre parlarne, chissà che serva a far riflettere quell’uno che in questo momento ha intenzione di…….

BUONE VACANZE.

(Luglio 2022)

E’ TORNATA LA NORMALITA’

 

di Mariacarla Rubinacci

 

Ben tornata Normalità. Sono due anni che non ci vediamo. Cosa hai fatto? Dove sei stata?

Ah, io? Ho ben poco da raccontare. Casa…Chiesa… (come si dice), dove la chiesa erano i supermercati e la farmacia, tutti coperti da una mascherina FFp2 per non capire se nascondevamo un ghigno o un sorriso. In casa, avanti e indietro tra il tinello, la televisione, il divano, il letto. Un viavai di…assenze, soli sul balcone a fare un ciao striminzito alla famiglia affacciata sul balcone di fronte, soli senza poter abbracciare i nostri figli e nipoti. Soli aggrappati con frenesia allo smartphone che ci metteva in una comunicazione silenziosa, fatta di faccine ora ridanciane, ora rosse di rabbia, fatta di parole scritte. Chiusi in casa comunicavamo in modo virtuale, facevamo ginnastica in una palestra virtuale, cucinavamo scambiandoci ricette sempre virtuali. Ora possiamo stare vicini, vicini, fare una passeggiata tra la gente, andare a pranzo in un ristorante, andare al teatro, al cinema, allo stadio, finalmente ci assembliamo sugli autobus, in metropolitana e pensiamo; “E’ tornata la Normalità”.

(Giugno 2022)

STORIA DEL COSTUME DA BAGNO

 

di Luigi Rezzuti

 


L’estate si avvicina a passi da gigante, è tempo di fare il primo tuffo in mare, e tempo di metterci in costume! Ma vi siete mai chiesti quale è la storia di questo indispensabile capo? In realtà il costume da bagno affonda le sue radici nell’antica Roma. Durante il Medioevo e Rinascimento non c’era l’abitudine di andare al mare, venivano piuttosto preferite le terme, dove ci si immergeva generalmente senza vestiti, salvo qualche mise da bagno. Soltanto nel 1750 a Parigi si diffonde la moda dei bagni, sia al mare che al lago. Viene creato per l’occasione un abito con corpetto e calzoni. Con l’arrivo del XIX secolo le donne iniziano ad immergersi in mare con costumi chiusi al collo e con tanto di parasole per proteggersi dai raggi ed evitare la tintarella- col finire del secolo gli abiti si accorciano leggermente e i completi generalmente sono arricchiti con decori marinari e fanno la loro comparsa le prime magliette a righe bianche e blu. Le scarpe diventano traforate munite di lunghe stringhe da allacciare intorno alla caviglia, mentre in testa spopolano i foulards. All’inizio del ‘900 si diffonde la consuetudine del soggiorno al mare, Rimini, Viareggio e il Lido di Venezia diventano famose località balneari, pertanto dotarsi di un look adatto diventa fondamentale, appaiono i primi costumi interi. Nella prima decade del ‘900, gli itinerari termali vengono preferiti al mare. E’ l’epoca di Salsomaggiore, Fiuggi e Montecatini. Si iniziano ad usare capi in lino bianco arricchiti da ricami e merletti il tutto accompagnato da cappelli riccamente decorati e dall’immancabile parasole bianco. In perfetto stile Belle Epoque. Per il nuoto fanno la loro comparsa le prime cuffie da bagno sportive, simili a quelle attuali. Ne corso degli anni Venti molti dei vincoli legati alla moda si sciolgono. I costumi degli anni Venti sono costruiti da corte gonnelline con la cintura sui fianchi, oppure atletici costumi da nuoto, sfiancati e aderenti, senza maniche, sempre abbinati a calzoncini che arrivano a metà coscia. Le donne proteggono il capo con cappellini o cuffie da bagno. Negli anni ’30 si prediligono costumi in tinte chiare, spesso coordinati da giacca e borsa da spiaggia con decori marinari. Nel frattempo le idee naturistiche sui benefici del sole e dei suoi raggi, fanno ridurre ulteriormente la stoffa con cui vengono confezionati i costumi da bagno. Le scollature sulla schiena si ampliano, e dal 1932 i pantaloncini si staccano del tutto dal corpetto, i costumi diventano a due pezzi, aderendo perfettamente al corpo. Per coprirsi si iniziano ad utilizzare i primi parei insieme a vestagliette a stampa floreale.


La grande rivoluzione arriva nel 1946 quando viene lanciato il “bikini”. La ridotta mutandina che lascia scoperto l’ombelico, provoca un autentico choc, tanto che il suo utilizzo veniva punito dalle forze dell’ordine per oltraggio al pudore. Si continuano anche ad utilizzare costumi interi. Negli anni ’60 si utilizzano costumi da bagno interi o due pezzi con coppe rigide e fantasie decise e vistose. In questi anni fa la sua comparsa anche il monokini, un bikini con una sottile striscia e tutto il resto in vista. Sulla scia della rivoluzione dei costumi, questi si restringono ancora. Il pezzo di sopra diventa un mini triangolo dai colori vibranti. Gli anni a venire danno spazio al topless e all’intramontabile bikini sempre più succinto e al costume intero.

(Giugno 2022)

LICENZA DI CONTAGIO

Un mito (una volta tanto) non soltanto napoletano

 

di Sergio Zazzera

 

Il d.l. 1/2022, in vigore dall’8 gennaio scorso, ha introdotto l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni e per chi compirà i 50 anni il 15 giugno prossimo. La sottrazione all’obbligo è punita con la sanzione amministrativa di 100 euro, una tantum, a decorrere dal 1° febbraio.

Ebbene, durante i miei studi universitari ho avuto un Maestro, il grande Antonio Guarino, col quale cominciai a collaborare già dal secondo anno di corso, continuando fin verso il 1989-90. Ora qualcuno si starà domandando che cosa c’entra il mio Maestro con la sanzione per la violazione dell’obbligo vaccinale; e, allora, mi spiego.

Quando parlava dell’iniuria, illecito civilistico del diritto romano, Guarino narrava un gustoso, ma anche significativo, episodio. Nel I secolo a. C., per sanzionare l’iniuria – che, allora, oltre all’offesa verbale, comprendeva, fra l’altro, anche le percosse –, il pretore introdusse l’actio iniuriarum aestimatoria, che consentiva di commisurare la pena all’effettiva gravità di ciascuna violazione. Fino a quel momento, infatti, le percosse erano state punite dalla Lex XII Tabularum con un risarcimento di appena 25 assi in favore dell’offeso, pari a circa 38 euro odierni: una miseria, dunque.

E qui viene l’episodio che Guarino narrava. Un cavaliere romano, tale Lucio Verazio, se ne andava in giro e, quando incrociava persone che gli erano antipatiche (e sembra che non fossero poche), le abbuffava ‘e pàcchere (come si dice a Oslo). Lo seguiva, però, un servus dispensator, munito di sacchetto di monete, che subito dopo consegnava i 25 assi allo schiaffeggiato, il quale non avrebbe più avuto di che dolersi (almeno, davanti a un giudice).

Similmente, oggi è possibile comprare la libertà di non vaccinarsi – meglio definibile come “licenza di contagio” (altrui, prima che proprio) –, al modico prezzo di 100 euro, una tantum. E poi, Pauwels e Bergier (Il mattino dei maghi) vengono a raccontarci che la storia non si ripete.

(Gennaio 2022)

CUIUS REGIO… (ovvero: meno male che c’è un Papa straniero)

 

di Sergio Zazzera

 

Antefatto n. 1: Nell’Enciclica Pacem in terris, il Pontefice Giovanni XXIII affermò, tra l’altro, la necessità di mantenere distinto l’“errore” dall’“errante”.

Antefatto n. 2: Joe Biden, presidente U.S.A., di religione cattolica, personalmente contrario all’aborto, non ritiene di dover estendere al popolo statunitense il proprio pensiero in materia, promuovendo l’adozione di norme repressive, ma lascia a ciascuno libertà di coscienza.

Il fatto: In occasione del G20 di Roma, Joe Biden, in visita a Papa Francesco, lo interpella, circa la possibilità di ricevere la Comunione, che l’episcopato del suo Paese vorrebbe negargli, ricevendosi risposta affermativa.

Il commento: Oltre a ignorare la dottrina di Giovanni XXIII, la posizione dell’episcopato U.S.A. nega la validità dell’Editto di Nantes, emanato da Enrico IV di Borbone nel 1598 (nella foto), che sancì la libertà di culto e l’abolizione del principio della religione di Stato, significato dal brocardo «Cuius regio, eius et religio», e, con esso, disconosce oltre quattro secoli di storia e di civiltà.

So perfettamente che la storia non si fa interrogandosi sul naso di Cleopatra: me lo insegnava il mio Maestro. Poiché, però, di recente, qualcuno non lo ha escluso, la prova voglio farla, non prima di avere chiesto perdono alla felice memoria di quel Maestro. Oggi abbiamo un Papa venuto «dalla fine del mondo», come egli stesso si definì, nel discorso dell’elezione; ma quale risposta sarebbe stata data al presidente Biden, se il Pontefice fosse stato un italiano? uno, cioè, cresciuto e educato in seno alla Curia romana? Nomi non intendo farne, ma credo che ciascuno possa riempire da sé lo spazio che sto lasciando in bianco.

(Novembre 2021)

‘O PAESE ‘E MASTU RAFELE

 

di Sergio Zazzera

 

Nel 1869 Antonio Petito diede alle stampe il testo di un suo lavoro teatrale, intitolato So Masto Rafaele e non te ne ncarricà, il cui protagonista è un personaggio che risolve tutti i problemi, sia propri, che altrui, con modalità assolutamente originali e fuori da tutti gli schemi: da lui ha tratto origine la proverbiale definizione di Napoli come ‘o paese ‘e Mastu Rafèle.

Tale modo di essere della città si è manifestato, per l’ennesima volta, proprio in questi ultimi giorni. Dal numero del 6 giugno del quotidiano Il Mattino, infatti, a p. 22, sotto il titolo «Chiaia, Madonna trafugata» ma l’opera torna al suo posto, si rende noto che il dipinto raffigurante la Madonna di Piedigrotta, sparito diversi mesi fa dall’edicola posta in piazza Santa Caterina da Siena e sostituito da una stampa della Madonna di Pompei, è tornato al suo posto, dopo essere stato sottoposto a un intervento di restauro.

Nell'articolo stesso sono espresse le felicitazioni verso tutti coloro che avrebbero partecipato all'operazione; felicitazioni che potrebbero anche rivelarsi fuori luogo. In tale articolo, infatti, non si specifica se il restauro sia stato eseguito sotto la vigilanza della competente Soprintendenza, come dovrebbe avvenire per qualsiasi opera sottoposta a un tal genere d'intervento; tanto più, poi, che il dipinto era stato eseguito da Ferdinando Ferrajoli (allievo di Raimondo d'Aronco e sicuramente non l'ultimo arrivato), che abitava nel palazzo attiguo (con ingresso da vico S. M. a Cappella Vecchia), le cui opere sono presenti, fra l'altro, nella Galleria del Circolo Artistico Politecnico. Senza dire che, nel momento in cui il dipinto è stato rimosso dall'edicola, non sarebbe stato superfluo lasciare nella stessa un avviso con i motivi dell'asportazione, come si suole fare per le opere esposte in musei e chiese.

Purtroppo, però, Napoli continua a essere 'o paese 'e Mastu Rafèle, dove ognuno decide in autonomia il proprio modo di comportarsi e le regole sono, forse, anche poco meno che un optional.

(Giugno 2021)

…QUEL CH’E’ DI CESARE

 

di Sergio Zazzera

 



La Costituzione della Repubblica italiana afferma, all’articolo 7, comma 1°, il principio secondo cui «lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani».

A sua volta, fra i cardini della dottrina cristiana è annoverato il principio, affermato da Gesù, secondo cui bisogna dare «a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio», riferito dai Vangeli sinottici (Mt. 22,21; Mc. 12,17; Lc. 20,25) e perfino dall’Apocrifo Vangelo di Tommaso (100,2-3).

Lo Stato italiano e la Chiesa cattolica concordano, dunque, sul concetto, coniato dal pastore calvinista francese Alexandre Vinet e introdotto in Italia da Cavour, espresso dalla formula «libera Chiesa in libero Stato».

Ho adoperato l’indicativo presente – “concordano” –, ma sarebbe stato preferibile l’uso del condizionale – “concorderebbero” –, poiché, a ben guardare, le cose vanno, talvolta, in maniera diversa.

Di recente, la Diocesi di Napoli, retta fino a qualche mese fa dal cardinale Crescenzio Sepe, è stata affidata, dopo l’accoglimento delle sue dimissioni, alla guida di monsignor Domenico Battaglia. E sembrava che l’aria fosse cambiata, ma, poi, qualcosa che non va ha cominciato a manifestarsi, poiché

egli, in un suo intervento recentissimo, ha esortato le autorità italiane ad astenersi dall’eseguire demolizioni di costruzioni realizzate abusivamente, già decise con provvedimenti, divenuti definitivi, provenienti “da Cesare”.

Ma, allora, ferma restando la sostanziale coincidenza tra il principio evangelico e quello costituzionale, sopra ricordati, c’è da domandarsi se sia legittimo che l’autorità ecclesiastica si arroghi la competenza di stabilire che cosa sia “di Cesare” e che cosa sia “di Dio”.

(Giugno 2021)

SOTTO AL TAPPETO

 

di Sergio Zazzera

 

“Città segreta”, nell’immaginario di Corrado Augias, Napoli ha costituito il tema della trasmissione televisiva da lui stesso condotta, sabato 17 aprile, su Rai3; e lo spazio da lui dedicato alla figura e alla vicenda di Raffaele Cutolo ha sollevato l’indignazione di numerosi benpensanti, che, sia in forma pubblica (lettere ai giornali), sia in forma privata (discorsi tra amici), hanno stigmatizzato la scelta del giornalista, sostenendo che di Cutolo non si sarebbe dovuto parlare.

Da un siffatto atteggiamento non posso – giornalisticamente – non dissociarmi. In primo luogo, infatti (e purtroppo!), “don Raffaele” E' stato Napoli; una Napoli negativa, ma anche le negatività hanno, da sempre, un loro posto nella storia: si pensi al nazifascismo. E qui vengo al “secondo luogo”: con grande professionalità, Augias ha costruito il discorso mediante una serie di passaggi, cominciata con la presentazione del “fenomeno Maradona”, del quale, dopo le positività (rivitalizzazione del Napoli, scudetti vinti, azioni di beneficenza), ha posto in evidenza le negatività, vale a dire, l’avvicinamento agli stupefacenti e il conseguente rapporto stretto con il clan familiare dei Giuliano. A questo punto, presentata questa famiglia come quella che ha espresso più collaboratori di giustizia (vulgo, “pentiti”: “Loigino”, Salvatore, Guglielmo), ha introdotto il discorso sulla N.C.O. di Raffaele Cutolo, sottolineando come, viceversa, questi abbia conservato la sua mentalità criminale fino all’ultimo giorno della sua esistenza terrena.

Augias, dunque, ha delineato, in maniera estremamente corretta, un frammento di storia della società napoletana, che – purtroppo – è esistito, e perciò non può essere “spazzato e nascosto sotto al tappeto”.

Altrimenti, dovremmo negare diritto di cittadinanza nel mondo della storia anche a quanto sulla camorra hanno scritto Marc Monnier, Abele de Blasio, Ferdinando Russo, Paolo Ricci, e chi più ne ha, più ne metta. Con la grave conseguenza che di essa non sapremmo niente.

(Aprile 2021)

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