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STORIA DEL COSTUME DA BAGNO   di Luigi Rezzuti   L’estate si avvicina a passi da gigante, è tempo di fare il primo tuffo in mare, e tempo di...
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Da Nicola Garofano   No, lockdown. Io non voglio restare di nuovo a casa   Patrizia è tornata. Grande successo per il nuovo, divertentissimo video...
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Pittura napoletana fra Otto e Novecento. Tradizionalisti e innovatori

 

di Antonio La Gala

 

     Fra il 1860 e il 1880 la pittura napoletana accrebbe il suo interesse verso temi di carattere sociale, rimanendo comunque ancorata, fino agli inizi del Novecento,  al filone Palizzi - Morelli, proseguito dalle scuole dei loro seguaci, come testimonia il ruolo che ebbero nell'Accademia delle Belle Arti, fino agli anni Venti, Michele Cammarano (1835-1920) e Vincenzo Volpe (1855-1929).

Di conseguenza il comune denominatore prevalente degli artisti che operarono in quel periodo continuò ad essere il naturalismo, con il fiorire in particolare della pittura cosiddetta "di genere", che, dopo la gagliarda esplosione del genio di Francesco Paolo Michetti (1858-1921), dilagò verso l'artificioso, l'eccesso. Dopo aver dato ancora buoni frutti con Vincenzo Caprile (1856-1936), Gaetano Esposito (1858-1911) e Vincenzo Migliaro (1858-1938), esso degenerò nelle banalità del macchiettismo, che trovò duraturo alimento commerciale.

Questi artisti non sono i soli a rappresentare la pittura napoletana di allora. Altalenanti con sensibilità diverse fra le maniere già descritte, ricordiamo anche: Bernardo Celentano (1835-1863), Gioacchino Toma (1836-1891), Antonio Mancini (1852-1930), Eduardo Dalbono (1843-1915), Attilio Pratella (1856-1949), Rubens Santoro (1859-1942), Carlo Brancaccio (1861-1920), Vincenzo Irolli (1860-1949), Giuseppe Casciaro (1863-1941), Pietro Scoppetta (1863-1920).

Ad essi seguì, poco dopo, un'altra generazione di artisti, alcuni dei quali tentarono di aprire la pittura napoletana ai movimenti innovativi che attraversavano l'Europa. Le "avanguardie" del primo Novecento e le "secessioni" giovanili dei pittori napoletani (a partire dalla Esposizione giovanile del 1909), contrapposero un rinnovamento del linguaggio figurativo, radicale nel primo caso e parziale nel secondo. I nomi più noti sono quelli di Eugenio Viti (1881-1952), Gennaro Villani(1885-1948), Gaetano Ricchizzi (1879-1950), Carlo Siviero (1882-1953), Luigi Crisconio (1893-1946); ai quali, poi ancora, seguì la generazione di Emilio Notte (1891-1982), Biagio Mercadante (1893-1978), Carlo Striccoli (1897-1980), Vincenzo Colucci (1898-1970), Guido Casciaro (1900-1963), Ezelino Briante (1901-1972), Carlo Verdecchia (1905-1984), Alberto Chiancone (1904-1988).

Il ventaglio dei giudizi critici sulla pittura napoletana del periodo analizzato è ampio: va dall'ammirazione della "tradizione" pittorica locale al suo dispregio laddove il prolungarsi della stessa tradizione viene visto come "arretratezza".

(Ottobre 2021)

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