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Articoli

Il giornalismo oggi

Pensieri ad alta voce

 

di Marisa Pumpo Pica

 

Il giornalismo oggi

 

Dove eravamo rimasti?

 

Dunque… Dove eravamo rimasti?

Fu la celebre frase, pronunziata da Enzo Tortora, alla ripresa della fortunatissima rubrica Portobello.

Grande l’emozione del conduttore nel rientrare negli studi televisivi della Rai, tra le ovazioni del suo pubblico, dopo aver subìto un lungo, iniquo processo.

Anche noi riprendiamo, non senza emozione, la nostra rubrica e, con essa, il dialogo ideale con quei nostri tre o quattro lettori, di manzoniana memoria, dopo aver superato l’iniqua sorte, presentatasi sotto le spoglie di difficili vicende personali e familiari.

Dunque… ritorniamo, oggi, interrompendo un lungo silenzio, ai nostri Pensieri ad alta voce che ci portano a parlare di giornalismo. Un tasto dolente. Un tema che ci sta molto a cuore. Lo abbiamo affrontato da sempre, in anni lontani ed in tempi più vicini a noi, in circostanze e forme diverse, attraverso conferenze, dibattiti, convegni, articoli, recensioni.    

“Quale giornalismo oggi?” ci chiedevamo in anni lontani, insieme a giornalisti di rango, alcuni dei quali, ormai, non più tra noi, come Ernesto Filoso e Giampaolo Pansa, …. tanto per citarne alcuni. Eravamo scettici e pessimisti, allora. Lo siamo ancor più, oggi, Ed a ragion veduta.

Ci occupavamo, allora, soprattutto del giornalismo su carta stampata.

Oggi il discorso si fa più duro ed amaro, nel constatare quale tipo di giornalismo trionfa in TV.

Conduttori televisivi, sempre pronti a salire sul carro del vincitore, ad organizzare dibattiti, in cui poco si concede alle voci critiche e molto, invece, all’assordante schiamazzo corale, per giungere alla fine, alla felice conclusione che, per fortuna, tutto va bene, oggi, ed andrà, ancor meglio, domani.

Dibattiti televisivi nei quali poco si dibatte e molto si afferma, per offrire un quadro, talvolta addirittura esaltante, della nostra attuale realtà culturale, sociale, politica.

Tavole rotonde in cui dominano atteggiamenti sempre più aggressivi e sfrontatamente pilotati, molto simili a quei questionari, apparentemente a risposta aperta e multipla, nei quali, invece, la risposta è già implicita nella domanda.

Un giornalismo, sempre più spesso falso e retorico, in cui il conduttore non conduce, ma prende a prestito il mestiere dal doppiatore e, come negli sketches comici più riusciti, fa da spalla al politico di turno, per evitargli lunghi discorsi programmatici e risparmiargli, soprattutto, la fatica di doversi promuovere da solo o, da solo, poter difendersi dalle accuse degli avversari.

E se poi il conduttore non ce la fa, in tale impresa, chiede aiuto all’opinionista, che ancora non si sa bene chi sia diventato oggi: figura a mezza strada tra la voce critica della cosiddetta società civile e l’esponente più seguito sui social, l’influencer con la sua lunga schiera di followers, destinato ad avere sempre l’ultima parola, nel passaggio da un’emittente all’altra, da un programma all’altro, fra ampi giri di parole e di poltrone.   

Un tempo lo avresti detto capobanda o, con un simpatico dialettismo, capintesta.

Per non parlare, poi, di come vengono presentati i fatti di cronaca e gli eventi, che rimbalzano, a ritmo incessante (anche questi) da un’emittente all’altra, da un programma all’altro, con commenti e servizi che sembrano usciti da una fotocopiatrice.

Dove sono più quelle gloriose Scuole di giornalismo, tenute, non da cattedratici che insegnano digitalizzazione, formattazione e quant’altro, come avviene oggi, ma da vecchi giornalisti che insegnavano ai loro giovani colleghi, impegnati nel praticantato, come occorre cogliere il fatto nel suo stesso accadere, pura cronaca, su cui, ovviamente, non possono essere esclusi commenti nè approfondimenti.

Il giornalismo, oggi, è spesso solo un copia e incolla, maldestro e farraginoso o, per i più quotati, reso con più attenzione, a malapena più attendibile, ma sempre gloriosa fotocopia, che rimbalza, abbondantemente pubblicizzato/a, da una testata all’altra, da un telegiornale all’altro, da un talk show all’altro, in radio o in tv.

Qualche esempio più recente? Il caso del piccolo Ryan, ridotto quasi in fin di vita, il femminicidio dell’avvocatessa Martina Scialdone, l’arresto del latitante Matteo Messina Denaro, la morte di Gina Lollobrigida.

 

La Lollo tra gossip e contenzioso giudiziario

 

La figura della diva, un mito del cinema italiano ed internazionale, vivisezionata fin nelle pieghe più riposte dell’anima e della vita.

Qui il giornalismo ha raggiunto davvero il suo apice. Un giornalismo malevolo, intrigante pettegolo, in cui, in molti, come insaziabili predatori, si sono dati da fare per spolpare l’osso fino in fondo, pizzicando qua e là sui fatti e nel quotidiano della diva. Tutto per dovere di cronaca, per far chiarezza, come è stato più volte ribadito. Ci si è infilati di diritto nelle controverse vicende personali e familiari dell’attrice, al punto tale da sviscerare i rapporti tra madre, figlio, il presunto marito spagnolo, Javier Rigau, ed un’altra strana figura, al centro del dibattito e, per ciò, appunto discussa e discutibile, il giovane Andrea Piazzolla, definito da ciascuno, di volta in volta, in vario modo, ma sempre a pieno titolo, factotum, tuttofare, figlioccio, “amato da lei e a lei dedito come e più di un figlio”. Uno spionaggiodal bucodella serratura, in perfetto stile Sherlock Holmes, fino a ricostruire l’entità del patrimonio e cercare di scoprire se e quanti testamenti fossero stati depositati.     

Schieramenti fra i sostenitori dei diversi aspiranti ai beni della defunta, testimonianze di amici storici, o presunti tali, di sedicenti amiche della diva che dichiarano di avere avuto a lungo, rapporti sinceri ed affettuosi con lei, per oltre 12, 14, 20 anni e più, di avere condiviso gioie, dolori, feste e viaggi. Testimonianze e liti in diretta TV, con paradossali forme di snobismo, protagonismo ed affermazioni esasperate dell’ego.

Questo ci è toccato di vedere mentre, per nostra buona sorte, si susseguivano le immagini, bellissime, di una diva che ha segnato un’intera generazione, dando prestigio al cinema italiano del Novecento. E solo di questo avremmo voluto sentir parlare dai nostri giornalisti. Il resto poteva essere tranquillamente lasciato in pasto ai giornaletti di gossip! 

A nessuno è venuto in mente di ricordare che la Morte segna la parola fine sulle vicende umane e sullo squallore di queste vicende, se dovesse esserci.

A nessuno è venuto in mente che esistono parole come riguardo, decoro e riservatezza. Sempre. E, soprattutto, dinanzi alla morte.  

Non a caso ed opportunamente, in chiesa, il celebrante del rito funebre ha invitato al silenzio i presenti.

Maledetto ingranaggio, questa nostra TV, macchina infernale dell’Informazione che, quando ti agguanta, ti fa suo prigioniero e non ti lascia più. Come un dannato vampiro, si nutre del sangue e del dolore dei protagonisti dei fatti narrati, da cui, invece, bisognerebbe saper prendere le distanze.

È quanto basta per il giornalismo del servizio pubblico!

 

Gli alienati del copia e incolla

 

Che dire di quella moda, oggi trionfante, del giornalismo copia e incolla, a cui abbiamo più sopra accennato? Pseudo giornalismo, stracquo e ripetitivo, nel quale si copia di tutto e di più. Basta sedersi a tavolino, accedere ai vari motori di ricerca del pc, il che significa per molti copiare di sana pianta, di qua e di là, tutto quello che si trova sullo stesso argomento che si vuole trattare, congiungere pezzi e strafalcioni e il gioco del copia e incolla è bello e fatto. Si copia dappertutto: dai quotidiani e dalle testate scientifiche, nella migliore delle ipotesi e per i più dotati. Spesso, sconcertante sorpresa! perfino dai “bugiardini”, che accompagnano i medicinali, dai comunicati, dalle locandine per le mostre … e chi ne ha più ne metta. Ma di preferenza e soprattutto, per i meno capaci, si copia dal web, dai social che, con i loro followers, sono diventati i giornali odierni, grazie ai quali si registrano, e non solo fra i giovani, esasperate dipendenze, sempre più difficili da superare. Si copiano fake news e cavolate varie, fatte passare come le ultime scoperte, gli ultimi ritrovati della Scienza, attraverso like e condivisioni a catena.

Si sviluppa, di qui, l’ascetica, apostolica convinzione di trasmettere un Vangelo, da affidare ai posteri come lascito testamentario per le future generazioni, che ben volentieri seguiranno, forse, le orme dei Padri.

Dove sono quei vecchi direttori di una volta che, nelle riunioni di redazione del giornale, ai giovani che aspiravano a fare praticantato con loro ricordavano, per prima cosa, che la professione del giornalista era dura e non andava presa sotto gamba. E, con bonaria severità, ripetevano: “Scarpinate giovani, scarpinate.” Un verbo molto significativo con cui si ribadiva la difficoltà di una professione, per esercitare la quale, bisognava andare per le vie, le stradine, i vicoli, le piazze della città e della regione, per cogliere, in ogni dove, idee, spunti, fatti, mentre accadevano, mentre si manifestavano. 

On-line, tutto si fa per Te e con Te! È il nuovo inno dei nostri giorni. È il nuovo modo di intendere quella che era una gloriosa, gratificante professione. Altro che il faticoso scarpinare, raccomandato dai direttori delle vecchie testate giornalistiche. Oggi un programma televisivo viene costruito col ricorso a stralci di immagini, clip, spezzoni di interviste, di programmi e di talk show. Il tutto proposto e riprodotto all’infinito, fino allo sfinimento dello spettatore.  

Non la intendevamo così, un tempo, quella bella ma anche impegnativa e scomoda professione, che ti chiedeva di mettere le ali all’ingegno e alla creatività, con cura artigianale, come per i vecchi mestieri, che vanno scomparendo anch’essi…

(Marzo 2023)

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