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DE STEFANO IN MOSTRA AL MADRE   Giovedì 12 alle 17,30 al Museo Madre si inaugura una mostra di disegni inediti, realizzati da Armando De Stefano già...
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SPIGOLATURE   di Luciano Scateni    La speranza? Il dissenso Lituania, match di basket Zalgiris, squadra locale contro i russi della Stella Rossa....
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ALIMENTAZIONE AL FEMMINILE E’ il titolo del libro scritto dalla nutrizionista Laura Coluccio. Un inciso su alcune delle patologie e dei disturbi che...
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SHARING ART 2021   Mercoledì, 7 luglio, alle ore 18, in Via Civita, 5 Pompei, si terrà la conferenza stampa di presentazione della rassegna SHARING...
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Giuseppe Cicala Uomo non comune e poeta “speciale”   di Romano Rizzo   Giuseppe Cicala è stato un uomo dai molteplici interessi che ha trovato il...
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La zeppola

Pensieri ad alta voce

di Marisa Pumpo Pica

 

Una favola moderna

La zeppola di San Giuseppe e i migranti

 

Il giorno di San Giuseppe, festa del Papà, si celebra con la zeppola e, poiché è noto che “il santo dura otto giorni”, scriviamo oggi, augurandoci che, vincendo ogni pigrizia, i nostri lettori possano e vogliano leggere almeno nel corso dell’intera settimana…

“I migranti vanno aiutati a casa loro”. È questo il facile slogano costruito ad arte da chi vuole sbarazzarsi facilmente di quei poveri sventurati che, per bisogno, per fame, per guerra o per quant’altro, che non sta a noi giudicare, vengono a “darci fastidio in casa nostra, sottraendo lavoro agli Italiani.” Ed è anche questa la retorica che marcia in coppia con lo slogan. Nelle more, gli emigranti, quasi “briganti”, nell’immaginario di costoro, muoiono in gran numero nelle nostre acque, con i divieti degli ultimi anni appena trascorsi e con le attuali limitazioni, imposti, gli uni e le altre, alle navi di Emergency che, tuttavia, non hanno mai smesso di prodigarsi per metterli in salvo. In tutto questo, viene fuori, ora, un patto con l’Egitto, sempre nell’ottica di aiutarli in casa loro... In qual modo, in quali termini, ancora non è dato sapere, come, altresì, ancora non si riesce ad avere giustizia, dallo stesso Egitto, sul caso di Giulio Regeni.

Pare che ci sia un progetto europeo di aiuti per 7,4 miliardi di euro per l'Egitto, destinato ai migranti.

“Ma la zeppola in tutto questo cosa c’entra?” si chiederanno, perplessi, i nostri lettori. C’entra, c’entra.

 

Tanto per cominciare anche San Giuseppe, con la sua sposa, era un migrante,

inoltre, abbiamo appena appreso dal web la bella favola delle zeppoline di don Umberto Russo, un vecchio pasticciere il quale, dopo un’intera vita di lavoro, desiderando il meritato riposo e volendo chiudere il negozio, ha pensato di rivolgersi ad una cooperativa, “Terra e Sale ”, che fa parte di un Consorzio con finalità di economia sociale (Sale della Terra) L’attività viene, quindi, ceduta ad una cooperativa di migranti, dopo aver loro insegnato come fare le sue squisite zeppoline, molto apprezzate nel circondario.

Siamo a Benevento e la storia del nostro pasticciere è tale da far coniugare tradizione e integrazione, non solo per la riuscita di una buona zeppola, ma anche per evitarne l’estinzione e dare lavoro e dignità ai migranti.

La storia inizia nel 1958, Umberto Russo ha appena dieci anni e lavora nella pasticceria Bianchini, al rione Libertà, dove comincia ad imparare l’arte della zeppola, di qui passa a lavorare presso la pasticceria D’Auria, e vi resta fino al giorno della partenza per il servizio militare. È benvoluto dal proprietario, il quale, nel salutarlo commosso, gli promette di riassumerlo, al suo ritorno, e di cedergli perfino la gestione del locale quando sarebbe venuto il momento di andare in pensione. Le cose, poi, non vanno proprio così. Al ritorno dalla leva, il proprietario non è più in vita e la vedova non può mantener fede alla promessa del defunto, avendo anche lei le sue difficoltà da fronteggiare. Fra le alterne vicende della vita, Umberto Russo continuerà sempre a lavorare, ritornando, poi, alla pasticceria D’Auria, su invito della proprietaria, fino ad aprirne una sua, in cui continuerà a sfornare dolci vari, con le immancabili zeppoline che rendono bene e lo rendono (il gioco di parole non è casuale!) anche famoso nella zona. E non solo. Ormai sono passati circa sessant’anni. Col suo lavoro e con la moglie, sempre accanto per dividere con lui, ansie, preoccupazioni e fatica, ha allevato le figlie, che si sono laureate. È tempo di chiuder bottega, di cedere l’attività. Lavorare, fin dall’infanzia, per un’intera vita, non è cosa da poco. Gli anni e la stanchezza si fanno sentire, ma non vorrebbe veder “morire” le sue zeppoline, che gli hanno dato lustro e gloria. Che fare? C’è quella cooperativa che si occupa di migranti. Insegnare loro il mestiere? Non è quello che dovrebbe fare ogni buon artigiano per non vanificare del tutto il proprio lavoro? Ed è così che si conclude la bella favola moderna. I migranti lavorano oggi le zeppoline Russo e zio Umberto va ancora, quasi tutte le mattine, a controllare, verificare che il lavoro proceda bene e che il matrimonio fra tradizione e integrazione funzioni alla perfezione, come ha funzionato il suo con l’avveduta consorte.

Come per ogni favola che si rispetti, a noi non resta che concludere “E vissero tutti felici e contenti.”

(Marzo 2024)

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