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La più antica religiosità dei Vomeresi

 

di Antonio La Gala

 

Qual era la religiosità dei primi abitanti delle alture vomeresi?

Non lo sappiamo, perché storicamente riusciamo a trovare tracce della vita dei collinari solo nei tempi maturi dell’epoca dei Romani, in base a pochi e piccoli ritrovamenti sparsi da Antignano a via Belvedere.

Per epoche anteriori possiamo fare soltanto delle congetture. Nei secoli più lontani gli abitanti saranno stati gruppetti di pochi individui, sparpagliati sulle colline, dove c’era l’essenziale per vivere, e per la scarsità del loro numero (qualche centinaio di persone in tutto), non hanno lasciato particolari testimonianze.

Sappiamo che Greci e Romani avevano inclusa la collina nel loro immaginario sacro: i primi marinai greci che si addentrarono nel golfo dedicarono la boscosa altura dei Camaldoli a Hera (la dea dei boschi) e l’altura di San Martino a Zeus, una specie di Olimpo; i Romani la collina la dedicarono a Giano.

Sono rimaste tracce di templi e manufatti sacri pagani? Noi non ne abbiamo notizia. Forse se ne potrebbe intravedere una non sicura traccia in una malandata (e vilipesa) pietra incastrata nella facciata della chiesa di San Gennariello (la “Piccola Pompei”), che secondo alcuni sarebbe un possibile materiale di ricavo di un preesistente tempio pagano, pietra di cui parleremo più avanti e presentata nell’immagine che accompagna questo articolo, risalente al 2003.

È ragionevole immaginare che in epoca romana, in qualcuna delle grosse entità rurali autosufficienti, le masserie, i “Praedia”, che i  Romani avevano insediato al di fuori del centro abitato, e quindi anche sulle alture vomeresi, avremmo visto qualche antenata delle nostre edicole votive, i piccoli sacrari che i Romani erigevano all’ingresso o all’interno delle abitazioni, in cui veneravano i Lari, divinità dispensatrici di grazie alle famiglie, e i Penati, divinità ereditarie che ogni famiglia si trasmetteva. Oppure avremmo visto, in piccoli sacrari situati agli incroci delle strade, i Lari “di territorio”, anime di antenati defunti comuni agli abitanti di un luogo, che proteggevano quel luogo. 

Le tracce più antiche della religiosità collinare finora rinvenute sono cristiane: alcune tombe con simboli cristiani risalenti al IV secolo, emerse nel corso dei lavori di edificazione del Nuovo Rione Vomero eseguiti a fine Ottocento.

Più precisamente, nel 1898, nel corso di lavori nella Villa Bellettieri, che sorgeva in area piazza degli Artisti, venne alla luce una tomba in muratura e tegoli piani, in uno dei quali si leggeva, a profondo graffito, il monogramma di Cristo, del tipo chiamato costantiniano, una X intrecciata con erre greca (P), iniziali del nome di Cristo scritto in greco, simbolo molto diffuso nel IV sec. d.C., ritrovamento che sembra localizzarvi una piccola necropoli cristiana, forse risalente addirittura al III sec.

L’archeologia, le tradizioni e le leggende  sorte nei primi tempi del cristianesimo ci dicono che a Napoli il cristianesimo ebbe le sue prime manifestazioni anche per iniziativa di persone provenienti da Pozzuoli, alcune convertite direttamente da San Paolo Apostolo, sbarcato a Pozzuoli si ritiene nel 60 d. C. o poco dopo.

Pozzuoli riveste molta importanza per ricostruire la religiosità collinare perché il suo collegamento viario con Napoli attraversando il Vomero, vi porterà il nascente cristianesimo, e soprattutto il culto, tuttora molto vivo, di San Gennaro, come vedremo in un altro articolo.

(Aprile 2024)

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