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BRADISISMO A POZZUOLI   di Luigi Rezzuti   L’area dei Campi Flegrei è caratterizzata dal fenomeno del bradisismo, legato all’attività vulcanica. In...
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 LA NAVE CHE AFFONDO’ IN UN MARE DI STRACCI   di Luigi Rezzuti   Quella lettera sembrava le bruciasse le dita. Assuntina, una popolana napoletana...
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CAMPIONATO DI CALCIO DI SERIE A 2020-2021   di Luigi Rezzuti   A causa della pandemia da Corona Virus, il campionato di calcio della stagione...
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CHI VINCERA’ LO SCUDETTO?   dI Luigi Rezzuti   Questa domanda l’abbiamo posta ad alcuni opinionisti sportivi e addetti ai lavori che ci hanno...
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L’architettura delle stazioni ferroviarie dell’Ottocento   di Antonio La Gala   Le prime stazioni ferroviarie, quando sorsero attorno a metà...
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    Gita sul Vesuvio   di Alfredo Imperatore   Il venir meno al vincolo matrimoniale, da parte di uno dei due coniugi, è una delle cause di addebito...
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Pittura vomerese nell’Ottocento   di Antonio La Gala   In un precedente articolo sulla pittura del Seicento al Vomero, abbiamo raccontato di Salvator...
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“La mappa non è il territorio”   di Gilda Rezzuti   L’essere umano, per sua natura, non può vivere in solitudine, ma deve, lungo il corso della sua...
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La musica al tempo del Coronavirus #IoRestoACasaMo   a cura di Marisa Pumpo Pica   Maurizio Casagrande, insieme a tanti amici artisti, ha voluto...
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“RESISTENZE”

 

di Sergio Zazzera

 

Ricorre oggi, 28 settembre, mentre scrivo queste righe, il 79° anniversario dell’inizio delle Quattro Giornate di Napoli. Cinque giorni fa, il 23, è stato ricordato il 37° anniversario dell’omicidio del giornalista Giancarlo Siani. E, se in queste righe accomuno i due eventi, ciò vuol dire che essi sono scollegati soltanto all’apparenza; ma mi spiego.


L’episodio delle Quattro Giornate di Napoli, durante le quali la città insorse, prima in Europa liberandosi da sola dal giogo dell’occupazione nazista, è ascrivibile, senza alcun dubbio (a parte quelli manifestati, ma con motivazione inconsistente, da Giorgio Bocca) al più ampio movimento della Resistenza.

Tale sostantivo è derivato dal verbo “resistere”, al quale il Vocabolario Treccani attribuisce il significato primario di «Opporsi a un’azione, contrastandone l’attuazione e impedendone o limitandone gli effetti». A fronte di tale definizione, perciò, è più che ragionevole ammettere l’esistenza di più “Resistenze”, al pari della pluralità di “fascismi” riconosciuta da Umberto Eco.

Non ho, dunque, difficoltà a considerare un episodio di “resistenza” anche l’attività posta in essere da Giancarlo Siani in quella breve prima metà degli anni 80 del secolo scorso. Siani, infatti, con le sue inchieste giornalistiche, che riferivano i dati che egli stesso acquisiva sul campo impervio di Torre Annunziata, ha operato per opporsi all’attività della criminalità organizzata imperante in quel territorio, al punto che i risultati da lui conseguiti hanno contribuito non poco a consentire a organi di polizia e magistratura d’infliggere a quella criminalità il durissimo colpo che i media a suo tempo resero noto al pubblico. Hanno contribuito, cioè, a “resistere” all’azione della camorra torrese; e non è un caso se a essere celebrata, ancora oggi, è la sua morte, e non quella dei tanti caduti nelle guerre e nelle faide camorristiche.

(Settembre 2022)

Tema d’Estate

 

di Mariacarla Rubinacci

 

 21 giugno, solstizio d’estate, ma quest’anno la stagione si è anticipata di molto. Aveva fretta di vedere crogiolare al sole i nostri corpi cerei e macilenti per contagi e chiusure domiciliari.

Estate, rigoglio frenetico in cerca di libertà. Parola magica di questi tempi.

Libertà da orpelli deprimenti, pesanti da scrollare di dosso, cose che intralciano il desiderio di fare finalmente quello che si vuole.

E fra questi orpelli, come ogni anno del resto, ci sono i nostri… (è un eufemismo!!!!) amici a animali. Cani, gatti, criceti, pappagallini, altri… E’ un eufemismo dire “nostri”. Per molti Humani (è così che ci chiamano gli amici animali), il Fuffi regalato a Natale al figlio anche lui zampettante, oggi è un Fuffone di 4 Kg., Micetta mia, raccolta per strada in una notte fredda e buia, oggi è una miciona che lascia peli in angolo della casa. Altri esempi? Quanti ce ne sarebbero, trovateli voi che state leggendo. A proposito, chi sa smanettare con il Web, avrà certo visto il susseguirsi di SOS anti abbandono. Giusto! In estate si abbandona!

che se la cavino da soli…” è il mantra dell’estate, è il leitmotiv dell’estete, dopo tutto sono animali. “io devo andare in vacanza e tu sei un peso”. E allora, invece di riporre “l’orpello” in un cassetto come fosse un oggetto qualsiasi dato che propriamente un oggetto non è ahimè, lo si “getta”, magari anche nel cassonetto della spazzatura sotto casa, “vai, caro, vai a fare l’animale”. La cronaca registra scene di ritrovamenti orrendi in scatole di scarpe, di cani legati ai bordi delle autostrade, di pappagallini che a stento sanno volare per non aver conosciuto altro ambiente che una gabbia, (ne ho trovato uno sul mio balcone, spaventato, è stata un’odissea riuscire a prenderlo e tranquillizzarlo).

Vabbè raga… (come dicono i giovani oggi), scusate lo sfogo. E’ un pour parler tanto per fare due chiacchiere. Buone Vacanze amici (voi che leggete), so che siete bravi voi, so che siete persone che queste cose non le fanno. Comunque è bene sempre parlarne, chissà che serva a far riflettere quell’uno che in questo momento ha intenzione di…….

BUONE VACANZE.

(Luglio 2022)

E’ TORNATA LA NORMALITA’

 

di Mariacarla Rubinacci

 

Ben tornata Normalità. Sono due anni che non ci vediamo. Cosa hai fatto? Dove sei stata?

Ah, io? Ho ben poco da raccontare. Casa…Chiesa… (come si dice), dove la chiesa erano i supermercati e la farmacia, tutti coperti da una mascherina FFp2 per non capire se nascondevamo un ghigno o un sorriso. In casa, avanti e indietro tra il tinello, la televisione, il divano, il letto. Un viavai di…assenze, soli sul balcone a fare un ciao striminzito alla famiglia affacciata sul balcone di fronte, soli senza poter abbracciare i nostri figli e nipoti. Soli aggrappati con frenesia allo smartphone che ci metteva in una comunicazione silenziosa, fatta di faccine ora ridanciane, ora rosse di rabbia, fatta di parole scritte. Chiusi in casa comunicavamo in modo virtuale, facevamo ginnastica in una palestra virtuale, cucinavamo scambiandoci ricette sempre virtuali. Ora possiamo stare vicini, vicini, fare una passeggiata tra la gente, andare a pranzo in un ristorante, andare al teatro, al cinema, allo stadio, finalmente ci assembliamo sugli autobus, in metropolitana e pensiamo; “E’ tornata la Normalità”.

(Giugno 2022)

STORIA DEL COSTUME DA BAGNO

 

di Luigi Rezzuti

 


L’estate si avvicina a passi da gigante, è tempo di fare il primo tuffo in mare, e tempo di metterci in costume! Ma vi siete mai chiesti quale è la storia di questo indispensabile capo? In realtà il costume da bagno affonda le sue radici nell’antica Roma. Durante il Medioevo e Rinascimento non c’era l’abitudine di andare al mare, venivano piuttosto preferite le terme, dove ci si immergeva generalmente senza vestiti, salvo qualche mise da bagno. Soltanto nel 1750 a Parigi si diffonde la moda dei bagni, sia al mare che al lago. Viene creato per l’occasione un abito con corpetto e calzoni. Con l’arrivo del XIX secolo le donne iniziano ad immergersi in mare con costumi chiusi al collo e con tanto di parasole per proteggersi dai raggi ed evitare la tintarella- col finire del secolo gli abiti si accorciano leggermente e i completi generalmente sono arricchiti con decori marinari e fanno la loro comparsa le prime magliette a righe bianche e blu. Le scarpe diventano traforate munite di lunghe stringhe da allacciare intorno alla caviglia, mentre in testa spopolano i foulards. All’inizio del ‘900 si diffonde la consuetudine del soggiorno al mare, Rimini, Viareggio e il Lido di Venezia diventano famose località balneari, pertanto dotarsi di un look adatto diventa fondamentale, appaiono i primi costumi interi. Nella prima decade del ‘900, gli itinerari termali vengono preferiti al mare. E’ l’epoca di Salsomaggiore, Fiuggi e Montecatini. Si iniziano ad usare capi in lino bianco arricchiti da ricami e merletti il tutto accompagnato da cappelli riccamente decorati e dall’immancabile parasole bianco. In perfetto stile Belle Epoque. Per il nuoto fanno la loro comparsa le prime cuffie da bagno sportive, simili a quelle attuali. Ne corso degli anni Venti molti dei vincoli legati alla moda si sciolgono. I costumi degli anni Venti sono costruiti da corte gonnelline con la cintura sui fianchi, oppure atletici costumi da nuoto, sfiancati e aderenti, senza maniche, sempre abbinati a calzoncini che arrivano a metà coscia. Le donne proteggono il capo con cappellini o cuffie da bagno. Negli anni ’30 si prediligono costumi in tinte chiare, spesso coordinati da giacca e borsa da spiaggia con decori marinari. Nel frattempo le idee naturistiche sui benefici del sole e dei suoi raggi, fanno ridurre ulteriormente la stoffa con cui vengono confezionati i costumi da bagno. Le scollature sulla schiena si ampliano, e dal 1932 i pantaloncini si staccano del tutto dal corpetto, i costumi diventano a due pezzi, aderendo perfettamente al corpo. Per coprirsi si iniziano ad utilizzare i primi parei insieme a vestagliette a stampa floreale.


La grande rivoluzione arriva nel 1946 quando viene lanciato il “bikini”. La ridotta mutandina che lascia scoperto l’ombelico, provoca un autentico choc, tanto che il suo utilizzo veniva punito dalle forze dell’ordine per oltraggio al pudore. Si continuano anche ad utilizzare costumi interi. Negli anni ’60 si utilizzano costumi da bagno interi o due pezzi con coppe rigide e fantasie decise e vistose. In questi anni fa la sua comparsa anche il monokini, un bikini con una sottile striscia e tutto il resto in vista. Sulla scia della rivoluzione dei costumi, questi si restringono ancora. Il pezzo di sopra diventa un mini triangolo dai colori vibranti. Gli anni a venire danno spazio al topless e all’intramontabile bikini sempre più succinto e al costume intero.

(Giugno 2022)

15 MAGGIO 2022: NAPOLI ACCLAMA SANTO DON GIUSTINO MARIA RUSSOLILLO

 Basterebbe poco per rendersi santi.

 

di Luciana Alboreto

 

Una voce accogliente e non stridente, una mano tesa e non lacerante, un sorriso rassicurante e non acredini gratuite. Una quotidianità vissuta nella semplicità del donarsi, nella gioia riscoperta alla luce di ogni alba e nelle difficoltà riposte all’imbrunire di ogni tramonto.

Il 15 maggio 2022 Papa Francesco, visibilmente provato dagli esiti della pandemia e dai devastanti eventi bellici, con tono partecipato e commosso, ha presieduto il rito di canonizzazione di dieci Beati, tra cui il campano Don Giustino Russolillo. Dal Sagrato della Basilica di San Pietro, per la prima volta dopo gli anni critici dell’emergenza sanitaria, alla presenza delle Autorità e del popolo dei fedeli, si è elevata la voce del Pontefice, tenera e disarmante. “La santità non è fatta di pochi gesti eroici, ma di tanto amore quotidiano… di dedizione alla famiglia, al lavoro, al bene comune… senza avidità e competizione… condividendo i carismi e i doni di Dio… non pensando a compiere atti eroici, ma ad essere fedeli a questi comportamenti”. E Santo è stato proclamato anche Don Giustino Maria Russolillo, noto come il “Santo di Pianura”. Nato nel 1891 nel quartiere napoletano, si formò al seminario di Pozzuoli divenendo sacerdote nel 1913. Nel 1920 fu Parroco nel suo quartiere di Pianura, vivendo con profondità spirituale il suo apostolato e impegnandosi a fondare una congregazione religiosa “Per il culto delle vocazioni di Dio alla fede, al sacerdozio, alla santità”. Dal fervore di questi intenti furono fondate le congregazioni dei Vocazionisti. Morto nel 1955 e beatificato il 7 maggio 2011, visse come “Il sacerdote che ha la missione di giovare alle anime”. Spese la vita per i giovani e per rendere unite le famiglie in nome della Pace. Confidava nella cultura e nell’intelligenza di ognuno che potesse essere contributo fruttuoso nella società. Il 27 ottobre 2020 Papa Francesco autorizzò l’approvazione del Decreto di Santità grazie ad un miracolo attribuito all’intercessione del Beato Russolillo, riguardante la guarigione di un giovane religioso vocazionista originario del Madagascar colto da un grave malore e salvatosi dal coma dopo che gli era stata apposta una sua immagine, sul corpo gravemente malato. La sua canonizzazione è Luce di speranza per la città di Napoli che, attraverso il carisma dei vocazionisti, promuove la formazione spirituale e culturale di chi è sinceramente votato alla vita religiosa.

(Maggio 2022)

Benedetta primavera

 

di Luciano Scateni

 

Ironia? Satira? L’una e l’altra: m’incammino sulla retta via dell’empatia quasi affettuosa per l’ex testata che in oltre 10 lustri ha raccontato l’Italia e il mondo con il linguaggio della democrazia di sinistra, mai inciampata nel rischio dell’estremismo, ma saldamente ancorata alla linea editoriale progressista: con la primavera è sbocciato un impeto di riconoscenza amorosa per l’inversione a ‘U’ del quotidiano la Repubblica, ‘comprato’ dalla Fiat e affidato alle cure di Molinari direttore, collaudato interprete dell’Elkann pensiero, ovvero de  vertici della Confindustria guidata da un presidente molto ‘padre padrone’. Finalmente è chiara la transizione in ambito politico lontano dalle origini. Ieri il giornale fondato da Scalfari, si è superato, ha prefigurato il ruolo opportunista di un chiaro ‘sto dalla parte del potere’, perché finito nelle mani della destra, fino ad azzardare consenso al finto liberismo della Meloni che prova a mascherare la connivenza con il fascismo della destra estrema. La cosiddetta ‘convention’ milanese, messa in scena da Fratelli d’Italia come prova generale della macabra, paventata aggressione all’Italia democratica. La ‘borgatara io sono Giorgia’, convinta di governare una volta occupato con la fiamma tricolore palazzo Chigi, ha messo a nudo il pigro buonismo del Paese, che sorvola sul dettato costituzionale e la legge disconosciuti, per colpevole tolleranza dell’esplicita nostalgia del Ventennio e di recente sulle saluto fascista dei fans della Meloni ai piedi del palco, che ha ospitato la diffusione del suo programma destrofilo di governo e perfino indiscrezioni sui candidati all’esecutivo di destra. Fatti loro? Purtroppo no, dal momento che a prescindere da lodi e gaudio della stampa ‘amica’, ieri anche la Repubblica ha regalato alla Meloni due pagine e mezzo, un’accurata elencazione delle sue intenzioni ‘governative’, senza un rigo, un aggettivo, un ‘nota bene’ critico su punti programmatici. Attuati omologherebbero l’Italia ai Paesi sovranisti, che inquinano la democrazia di mezzo mondo. Con spiccata intraprendenza, la Repubblica affida l’endorsement per la Meloni premier al saltellante Orsini (lunga intervista), ospite televisivo seriale di ogni strumento dell’informazione. Al professorino non par vero di recitare il ruolo di ‘Pierino il terribile’, ospite ambito, anche di talk show per nulla destrorsi di La7 (‘Il martedì’, di Floris, ‘Piazza pulita’ di Formigli’) intervistato con l’obiettivo di creare ressa mediatica a favore degli ascolti, citato nel format dell’inguardabile Giletti di ‘Non è l’arena, che ieri sera ha fatto l’en plein di sconcezze on le ridondanti presenze di Salvini, del fuori di testa Santoro.

In poche parole: vuoi vedere che il the end della guerra in Ucraina se lo aggiudica il dictator turco Erdogan, ben visto dal dictator Putin?

Israele non ci sta e censura il ministro degli esteri russo Lavrov, autore di queste ingiuriose castronerie: “Zelensky è ebreo e non può essere nazista? Anche Hitler aveva origini ebree, i maggiori antisemiti sono proprio gli ebrei”.

Lavrov bis: “Dichiarazioni di politici e media italiani vanno oltre le buone norme diplomatiche e giornalistiche. L'Italia è in prima fila tra coloro che adottano e promuovono le sanzioni anti-russe. Pensavamo che l'Italia, grazie alla sua storia, sapesse distinguere il bianco dal nero”. Errore, l’Italia distingue tra aggressori e aggrediti. “Chi importa gas russo, come l’Italia, deve pagare in rubli perché ha rubato a Mosca le riserve in dollari e in euro”.  

Nasce una polemica largamente condivisa: ospitare in Tv, o no, personaggi che mistificano la realtà, che mentono spudoratamente e negano l’evidenza (Ucraina: “false le stragi di civili, le fosse comuni, le violenze disumane documentate da immagini inequivocabili)”, peggio se in assenza di contradditorio? Se la risposta fosse ‘no’, configurerebbe la limitazione della libertà di opinione? Con il ‘sì’ avrebbe ragione la scelta di evitare conseguenze nefaste della mancata comprensione della verità, pericolo corso in questi due anni dando voce ai No Vax.

(Maggio 2022)

BORGHI ABBANDONATI

 

di Luigi Rezzuti

 

Questa nostra gita fuori porta potrebbe iniziare come un racconto col classico “c’era una volta”

C’era una volta un borgo operoso, pieno di case, botteghe e contadini, rallegrato dal vociare dei bimbi che scorrazzavano per le strade rincorrendosi.

Poi, per vari motivi l’abbandono, il silenzio al posto delle voci, la vegetazione che avvolge le case, le porte divelte, i muri scrostati, la vita che se n’è andata via.

E’ il destino di molti piccoli borghi lasciati dopo secoli di vita per avversità naturali.

Anche in Campania vi sono diversi borghi, alcuni ben conosciuti, altri meno, spopolatisi in epoche relativamente recente per svariati motivi hanno in comune le pietre, le case ancora in piedi o ridotte a pochi resti, la presenza di manufatti che ricordano le attività di un tempo.

La primavera è ormai arrivata, i primi tiepidi raggi del sole ci riscaldano e ci invitano ad uscire all’aria aperta.

Abbiamo deciso di fare delle passeggiate domenicali andando alla scoperta di piccoli borghi abbandonati, un’ottima occasione per stare in famiglia o con amici.

Basta spostarsi di qualche chilometro per trovare angoli suggestivi e particolarmente ameni: borghi, castelli e chiese.

Siamo andati ad Aquilonia, un borgo medievale che prima si chiamava Carbonara per la presenza sul suo territorio di particolari pietre che contenevano petrolio e che bruciavano con fiamma viva come carboni.


Questo piccolo borgo abbandonato per sempre dopo il terremoto del 1980 ha un fascino avvolgente, dove si percepisce pienamente l’interezza e la presenza di un assordante silenzio.

Abbiamo incontrato un’ampia piazza con una chiesa settecentesca e una bella fontana di pietra da cui sgorga generosamente acqua.

Abitazioni con porte spalancate, stanze vuote, cucine in muratura, piccoli oggetti rimasti abbandonati, botteghe con scritte sbiadite che ricordano le attività di un tempo, eppure, nonostante l’apparente silenzio viene interrotto solo dal vociare di turisti che nel fine settimana si aggirano incuriositi tra le case e le botteghe e da una frequentazione da parte dei suoi vecchi abitanti.

Ad ogni buon conto è stata un’esperienza da rivivere quella di stamattina, magari, più in là in un altro piccolo borgo abbandonato per vivere un’altra meravigliosa avventura.

(Marzo 2022)

LICENZA DI CONTAGIO

Un mito (una volta tanto) non soltanto napoletano

 

di Sergio Zazzera

 

Il d.l. 1/2022, in vigore dall’8 gennaio scorso, ha introdotto l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni e per chi compirà i 50 anni il 15 giugno prossimo. La sottrazione all’obbligo è punita con la sanzione amministrativa di 100 euro, una tantum, a decorrere dal 1° febbraio.

Ebbene, durante i miei studi universitari ho avuto un Maestro, il grande Antonio Guarino, col quale cominciai a collaborare già dal secondo anno di corso, continuando fin verso il 1989-90. Ora qualcuno si starà domandando che cosa c’entra il mio Maestro con la sanzione per la violazione dell’obbligo vaccinale; e, allora, mi spiego.

Quando parlava dell’iniuria, illecito civilistico del diritto romano, Guarino narrava un gustoso, ma anche significativo, episodio. Nel I secolo a. C., per sanzionare l’iniuria – che, allora, oltre all’offesa verbale, comprendeva, fra l’altro, anche le percosse –, il pretore introdusse l’actio iniuriarum aestimatoria, che consentiva di commisurare la pena all’effettiva gravità di ciascuna violazione. Fino a quel momento, infatti, le percosse erano state punite dalla Lex XII Tabularum con un risarcimento di appena 25 assi in favore dell’offeso, pari a circa 38 euro odierni: una miseria, dunque.

E qui viene l’episodio che Guarino narrava. Un cavaliere romano, tale Lucio Verazio, se ne andava in giro e, quando incrociava persone che gli erano antipatiche (e sembra che non fossero poche), le abbuffava ‘e pàcchere (come si dice a Oslo). Lo seguiva, però, un servus dispensator, munito di sacchetto di monete, che subito dopo consegnava i 25 assi allo schiaffeggiato, il quale non avrebbe più avuto di che dolersi (almeno, davanti a un giudice).

Similmente, oggi è possibile comprare la libertà di non vaccinarsi – meglio definibile come “licenza di contagio” (altrui, prima che proprio) –, al modico prezzo di 100 euro, una tantum. E poi, Pauwels e Bergier (Il mattino dei maghi) vengono a raccontarci che la storia non si ripete.

(Gennaio 2022)

CUIUS REGIO… (ovvero: meno male che c’è un Papa straniero)

 

di Sergio Zazzera

 

Antefatto n. 1: Nell’Enciclica Pacem in terris, il Pontefice Giovanni XXIII affermò, tra l’altro, la necessità di mantenere distinto l’“errore” dall’“errante”.

Antefatto n. 2: Joe Biden, presidente U.S.A., di religione cattolica, personalmente contrario all’aborto, non ritiene di dover estendere al popolo statunitense il proprio pensiero in materia, promuovendo l’adozione di norme repressive, ma lascia a ciascuno libertà di coscienza.

Il fatto: In occasione del G20 di Roma, Joe Biden, in visita a Papa Francesco, lo interpella, circa la possibilità di ricevere la Comunione, che l’episcopato del suo Paese vorrebbe negargli, ricevendosi risposta affermativa.

Il commento: Oltre a ignorare la dottrina di Giovanni XXIII, la posizione dell’episcopato U.S.A. nega la validità dell’Editto di Nantes, emanato da Enrico IV di Borbone nel 1598 (nella foto), che sancì la libertà di culto e l’abolizione del principio della religione di Stato, significato dal brocardo «Cuius regio, eius et religio», e, con esso, disconosce oltre quattro secoli di storia e di civiltà.

So perfettamente che la storia non si fa interrogandosi sul naso di Cleopatra: me lo insegnava il mio Maestro. Poiché, però, di recente, qualcuno non lo ha escluso, la prova voglio farla, non prima di avere chiesto perdono alla felice memoria di quel Maestro. Oggi abbiamo un Papa venuto «dalla fine del mondo», come egli stesso si definì, nel discorso dell’elezione; ma quale risposta sarebbe stata data al presidente Biden, se il Pontefice fosse stato un italiano? uno, cioè, cresciuto e educato in seno alla Curia romana? Nomi non intendo farne, ma credo che ciascuno possa riempire da sé lo spazio che sto lasciando in bianco.

(Novembre 2021)

Chiude il complesso Damiani

 

di Luigi Rezzuti

 


A Pozzuoli, il mitico Club dei Damiani ha chiuso i battenti. Un triste segno un po' per tutti, sia per i giovani che per i diversamente anziani.

Chi, fra i giovani, non ricorda i tuffi in piscine, alimentate da una sorgente naturale di acqua termale, le piste di pattinaggio, il campo di pallavolo, di pallacanestro, di calcetto, i quattro campi da tennis e la discoteca?

E, fra i diversamente giovani, chi può dimenticare gli impianti termali, i concerti, le serate in musica, il piano bar, il ristorante-pizzeria, i balli a luci soffuse, gli amori sbocciati al chiaro di luna, sotto le stelle?

I Damiani hanno segnato la storia del tempo libero, fin dagli anni ’50. Nel 1934 la famiglia Damiani acquistò questo vasto appezzamento di terra per realizzare un’attività agricola e andarvi ad abitare.


Successivamente i due fratelli, Enzo e Lucio, organizzarono delle feste da ballo tra amici e così nacque l’idea di formare il Circolo degli amici, Poi, negli anni, il circolo diventa un’impresa, nasce un ristorante e si festeggiano matrimoni e cerimonie varie.

Purtroppo, a partire dagli anni ’80, prima per il bradisismo, poi per il sorgere di tante piccole trattorie, muta pian piano il volto del locale dei Damiani, che accusa il colpo della concorrenza spicciola.

La chiusura dei Damiani, quest’estate, ha avuto un sapore amaro e non è solo colpa del bradisismo, del Covid e della piccola concorrenza. Nel novembre scorso è mancato Enzo Damiani e nel 2007 Lucio, i due fratelli che sono stati il motore di questa struttura.

Ho frequentato il mitico complesso dei Damiani per oltre 55 anni. Da giovane non perdevo un fine settimana. Elemento tipico del locale erano “i balli della mattonella”, che permettevano alla ragazza di turno di valutare le proposte che venivano avanzate, mentre, stretti, stretti, guancia a guancia, si seguivano le note musicali.

Negli ultimi tempi ho continuato a frequentare il complesso ma unicamente attratto dalla piscina termale, capace, in egual misura, di farmi rilassare e di lenire gli acciacchi di una giovinezza, che ormai confina con la vecchiaia.

L’augurio, la speranza di noi tutti è che il mitico club riapra i battenti per far rivivere, sia ai giovani che ai diversamente anziani, quei dolci ricordi di un tempo.

(Settembre 2021)

‘O PAESE ‘E MASTU RAFELE

 

di Sergio Zazzera

 

Nel 1869 Antonio Petito diede alle stampe il testo di un suo lavoro teatrale, intitolato So Masto Rafaele e non te ne ncarricà, il cui protagonista è un personaggio che risolve tutti i problemi, sia propri, che altrui, con modalità assolutamente originali e fuori da tutti gli schemi: da lui ha tratto origine la proverbiale definizione di Napoli come ‘o paese ‘e Mastu Rafèle.

Tale modo di essere della città si è manifestato, per l’ennesima volta, proprio in questi ultimi giorni. Dal numero del 6 giugno del quotidiano Il Mattino, infatti, a p. 22, sotto il titolo «Chiaia, Madonna trafugata» ma l’opera torna al suo posto, si rende noto che il dipinto raffigurante la Madonna di Piedigrotta, sparito diversi mesi fa dall’edicola posta in piazza Santa Caterina da Siena e sostituito da una stampa della Madonna di Pompei, è tornato al suo posto, dopo essere stato sottoposto a un intervento di restauro.

Nell'articolo stesso sono espresse le felicitazioni verso tutti coloro che avrebbero partecipato all'operazione; felicitazioni che potrebbero anche rivelarsi fuori luogo. In tale articolo, infatti, non si specifica se il restauro sia stato eseguito sotto la vigilanza della competente Soprintendenza, come dovrebbe avvenire per qualsiasi opera sottoposta a un tal genere d'intervento; tanto più, poi, che il dipinto era stato eseguito da Ferdinando Ferrajoli (allievo di Raimondo d'Aronco e sicuramente non l'ultimo arrivato), che abitava nel palazzo attiguo (con ingresso da vico S. M. a Cappella Vecchia), le cui opere sono presenti, fra l'altro, nella Galleria del Circolo Artistico Politecnico. Senza dire che, nel momento in cui il dipinto è stato rimosso dall'edicola, non sarebbe stato superfluo lasciare nella stessa un avviso con i motivi dell'asportazione, come si suole fare per le opere esposte in musei e chiese.

Purtroppo, però, Napoli continua a essere 'o paese 'e Mastu Rafèle, dove ognuno decide in autonomia il proprio modo di comportarsi e le regole sono, forse, anche poco meno che un optional.

(Giugno 2021)

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