UN RICORDO INDIMENTICABILE
di Luigi Rezzuti
Questo non è un racconto d’amore, ma solo un ricordo che porterò per sempre nel mio cuore.
Avevo 18 anni quando, per la prima volta, vidi lei, bella, impossibile, solare, aveva un sorriso stupendo.
Da quel primo giorno, non l’ho più dimenticata. Pomeriggi interi a spiarla, per ore ed ore, ad aspettarla davanti a quel vicolo dove si riuniva con le amiche. Ogni volta che arrivava i miei occhi si illuminavano, diventavano lucidi per la gioia, il cuore impazziva e andava a mille, ma lei non si accorgeva di niente e a me andava bene così, mi bastava vederla ogni sabato, mentre entrava in pizzeria dove io e i miei amici ci riunivamo.
La guardavo, senza farmi notare. Era bella, forse troppo bella per me.
Ricordo ancora ogni sabato in lacrime perché volevo andare a dirle tutto, ma non ci riuscivo anche se i miei amici mi davano coraggio, mi rassicuravano, mi spronavano. Io, come al solito, non riuscivo nemmeno a dirle: “Ciao”. Forse questa è l’unica cosa che rimpiangerò per tutta la vita, rimpiangerò quel maledetto giorno in cui la vidi entrare per l’ultima volta nella pizzeria con il suo stupendo sorriso ed io, troppo imbarazzato, scappai via.
Dopo tante promesse, fatte anche con i miei amici, ci fu il momento di avvicinarmi e provare a conoscerla.
Beh… scappai via, ero ingenuo, stupido, timido, ma forse era solo destino.
Fu così che quella stessa sera lei perse la vita in un incidente col motorino.
Quello è stato il giorno più brutto della mia vita. Oggi, dopo una cinquantina di anni circa, il mio cuore batte ancora per lei, batte ancora quado passo davanti a quel vicolo dove, però, non riesco a girarmi perché so che non la rivedrò mai più, sorridente come sempre.
Ora sto bene, non sono triste perché so che lei è qui con me, ogni giorno le parlo, so che lei mi guarda, ancora sorridente, di lassù.
E vorrei dirle solo una cosa che non le ho mai detto o, forse, non ho mai avuto il coraggio di dirle: “Antonella, sei stata il mio primo colpo di fulmine. Non ti dimenticherò mai, non dimenticherò mai la gioia che provavo vedendoti sorridere, rimarrai sempre con me Non costa niente sognare, no? Non ti dico addio perché un giorno, forse ci rincontreremo. Quindi, ciao, Antonella. Un bacio. Tuo per sempre”.
(Maggio 2023 - Gli articoli vengono riprodotti quali ci sono pervenuti)
MUSTAFA’
di Luigi Rezzuti
Mustafà sta qua, Mustafà sta qua.
Con questa voce si fa strada pian piano, sulle spiagge del litorale di Formia, la possente figura di Mustafà, con la sua colorata mercanzia di palloni, scarpette da mare, giochi da spiaggia.
Lo chiamo perché mi si sono rotte le pianelle di gomma.
Ora, è di tradizione mercanteggiare con gli ambulanti, invece, io che tendo ad avere sempre lo sconticino nel negozio elegante, senza ottenere che un’alzata d’occhi schifiltosa della commessa, con gli ambulanti, per principio, non tiro mai sul prezzo e, quando Mustafà mi chiede otto euro, gliene do dieci e lo fermo mentre sta per cercare i due euro di resto.
E per non offenderlo gli dico che no, il resto è per un caffè.
Mustafà non mi ringrazia, allarga ancora di più il suo sorriso biascicando, quasi a se stesso, qualcosa sulla giornata cominciata bene per aver venduto a dieci euro una cosa da otto. Il che significa che in quella giornata venderà tante cose.
Lo osservo che si allontana lanciando la sua voce di richiamo, col suo carico che sembra non pesargli nella mattina canicolare, con il sole negli occhi e il sorriso che gli illumina il volto, nerissimo, incorniciato da una barba bianca.
Mustafà avrà certo i suoi problemi: chissà da dove viene, dove abita, in quale luogo ha familiari cui mandare i pochi soldi che arrabatta.
Eppure sprigiona una serenità antica, quella dei tempi in cui non ci si poneva troppi problemi e non si era pressati da troppe aspettative: quando si “campava” la vita giorno per giorno, moneta su moneta, assaporandone il gusto ora dolce ora amaro.
Forse tutti noi dovremmo provare a gridare ogni tanto il nostro nome come un richiamo (Luigi sta qua, Danilo sta qua) che sintetizzi il senso primario ed essenziale della vita. Esserci ancora, malgrado tutto.
Con la mercanzia che ognuno di noi ha la capacità di offrire a se stesso e agli altri, accompagnati da un sorriso, che ha il potere di illuminare il cammino.
(Aprile 2023)
RICORDI DI GIOVENTU’
di Luigi Rezzuti
Trovo curioso come un semplice odore ti faccia rivivere dei momenti della vita ormai sepolti nella memoria, dove i ricordi rimangono sopiti e impolverati. Sono in coda alla cassa del supermercato, gli anni cominciano ad essere molto di più di quelli che vorrei avere e di quelli che mi sento in realtà, sono l’ultimo di una fila di quattro carrelli, e dietro di me c’è giusto lo spazio per passare ed andare nelle corsie. Una ragazza che ostenta il suo ciuffo in modo irrispettoso nei miei confronti, visto che i capelli ne ho ben pochi ormai, mi passa alle spalle, e in un stante, mi sale su per le narici, annebbiandomi la realtà del momento e facendomi tornare indietro di sessant’anni almeno. Avevo da poco compiuto vent’anni, avevo la patente da poco e una Fiat seicento, un vecchio cartoccio. Dicevo, ero giovane e pieno di capelli, spensierato e con i problemi dei ragazzi medio di quell’età, volevo solo crescere più velocemente, andare a lavorare, potermi divertire e non avere il pensiero dei pochi soldi che mi davano i miei genitori. Volevo divertirmi con giovani fanciulle, ero giovane e spensierato. Quante volte ci siamo strusciati sulla ragazza che ci precedeva in una qualsiasi cosa, come ad esempio quella per il guardaroba nelle discoteche? Fatto sta che una volta sono stato io oggetti di strusciamento, proprio in una discoteca, proprio in coda ai guardaroba, era una ragazza che avevo guardato in precedenza. Ho sentito una presenza importante alle ie spalle, la ragazza era un po' più alta di me, bionda, fisico asciutto e die occhi verdi, la sentivo premere contro le mie spalle, superato l’imbarazzo iniziale, la mente ha cominciato a viaggiare, ho pensato di girarmi all’improvviso e baciarla, oppure a prendere la sua mano con la mia. La cosa ormai era in dirittura d’arrivo, e una volta consegnato il mio giaccone, prima di entrare ho potuto guardare per la prima volta la ragazza che stava dietro di me, e che per buoni dieci minuti non ha ceduto di un millimetro la sua posizione. Mi sono girato, e come una folata di vento, visto che era stata aperta la porta della discoteca per far entrare altri ragazzi come noi, sono stato ammaliato da un sorriso disarmante, due occhioni verdi, una ragazza decisamente bella, vestita con dei jeans, una maglietta bianca e due tacchi a spillo. Prima uno sguardo nei suoi occhi, poi sul suo corpo e poi di nuovo nei suoi occhi, un sorriso ebete sul mio viso, un sorriso malizioso sul suo. Una volta entrato nel locale, ho cercato la mia compagnia di amici, con i quali ho trascorso le prime due ore alternando il ballo in pista a code interminabili al bancone del bar e piccole pause sul divanetto, ma della ragazza nessuna traccia. Il Dj stava proponendo gli utimi dischi di Tenco e sarebbe passato a qualcosa di più soft per quelle nuove coppie entrate che non aspettavano altro che poter avere un po' di tranquillità. Il mio sguardo ha vagato per tutta la discoteca e finalmente l’ho vista, le ho sorriso, mi si è avvicinata e mi ha sussurrato qualcosa di incomprensibile all’orecchio, mi ha preso per mano e tirato verso il bar, la musica era ovattata, le orecchie tappate, i sensi in subbuglio, ricordo i pochi secondi passati a guardarci che sono sembrati un’eternità in quel momento, le nostre bocche che si sono unite, accompagnate dal desiderio covato tutto il pomeriggio. Ritornando al pomeriggio in questione, una volta che ci siamo ripetutamente baciati, siamo usciti, tra gli sguardi torvi dei miei amici. Quant’anni passati in qualche istante, la ragazza della discoteca quella tra le corsie del supermercato sono scomparse. Faccio coda alla cassa adesso è il mio turno, appoggio quelle poche cose che ho nel carrello sul nastro e aspetto che la cliente che ho davanti finisca di imbustare la sua spesa, la guardo, è una bella donna poco più alta di me, un bel sorriso, due occhi verdi come il mare, le sorrido, mi sorride, le faccio l’occhiolino, mi fa l’occhiolino anche lei, si sistema e se ne va, cerco di fare il più veloce possibile e nel frattempo cerco di non perdere la direzione che ha preso all’uscita, mi catapulto fuori dal supermercato e la cerco, mi sfreccia davanti con lauto, che ho già visto da qualche parte, faccio mente locale, certo l’ho vista nel parcheggio sotto casa mia, la mente corre come un vortice cerca di farmi vedere delle immagini, ne seleziono alcune, le persone si somigliano tutte, quegli occhi verdi non si possono non ricordarli uno sforzo ancora, ecco è lei, abita vicino casa mia, l’ho vista due volte a passeggio colcane, ma non sono poi così fisionomista con le persone, ma con le automobili si, la sua poi si riconosce perché è un modello particolare e soprattutto la targa con i tre numeri uguali, è venuta ad abitare da poco. Ecco l’ho riconosciuta sei la ragazza della discoteca, chissà che non riallaccio i rapporti dopo quarant’anni.
(Marzo 2023 - Gli articoli vengono riprodotti quali ci sono pervenuti)
LA NAVE CHE AFFONDO’ IN UN MARE DI STRACCI
di Luigi Rezzuti
Quella lettera sembrava le bruciasse le dita. Assuntina, una popolana napoletana l’aveva letta una decina di volta per capire quello che le faceva scoppiare il cuore. Portava la data del 3 marzo 1892 e Vincenzino l’aveva spedita da Civitavecchia.
“Sto caricando balle di stracci - scriveva – poi dovremo fare scalo a Cagliari e finalmente a Genova. Rimarrò a bordo ancora una settimana ma dopo verrò a casa. Aspettami” Quando Vincenzino le aveva parlato degli stracci, mesi prima, Assuntina si era molto stupita.“Credevo sapessi – le spiegò Vincenzino – li stendono a terra negli uliveti e, marcendo diventano un ottimo concime per gli alberi”Assuntina era troppo felice, Vincenzino arrivava a casa e, se avesse mantenuta la promessa, tra due si sarebbero sposati.Lui era il comandante della nave, anche se era giovane per quel compito, doveva ancora compiere Trentacinque anni.Gli armatori della nave, lo avevano imbarcato non appena aveva completato gli studi al Nautico, era cresciuto sulle loro navi ed era diventato il comandante più giovane della compagnia, ed Assuntina ne era molto orgogliosa.Guardava il mare e l’orizzonte non appena ne aveva l’occasione pur sapendo che non avrebbe potuto vedere la nave, perché non sarebbe sicuramente passata li davanti prima di due mesi e Assuntina, dalla sua casa al borgo marinaro, non l’avrebbe potuta avvistare con anticipo che le avrebbe permesso di arrivare al porto in tempo per lo sbarco del suo amato.
La sera del 6 aprile decise di andare a dormire prima del solito, non voleva rischiare di essere ancora a letto mentre la nave sfilava sul lungomare di Napoli. Non riuscì ad addormentarsi, sentì il campanile battere le ore anche dopo a mezzanotte, poi, finalmente il sonno ebbe ragione sula sua eccitazione.
Il sole era appena sopra l’orizzonte che Assuntina era già in piedi. Si affacciò alla finestra, era una giornata meravigliosa come soltanto aprile sapeva offrire, il mare era calmo e splendeva sotto il sole. Le condizioni migliori, pensò, perché la nave potesse avvicinarsi a terra. “La mia nave fa tranquillamente gli undici nodi – le aveva spiegato Vincenzino con orgoglio – ma, ad elica ferma, posso andare più piano”Lei non aveva capito molto ma non le importava. Si allontanò dalla finestra, doveva decidere quale vestito indossare al suo arrivo ma non ebbe dubbi, doveva scegliere il più bello, quello della festa.
Alle 10,00 non riuscì più a rimanere in casa, Vincenzino stava per sbarcare, uscì dal portone nel vicolo e si avviò sul lungomare. Arrivò in un grosso spiazzo e decise di fermarsi. Il tempo sembrava essersi fermato ma erano le 11,00 quando avvistò un filo di fuma all’orizzonte. Quella nave non poteva essere che quella di Vincenzino. Ad un certo punto si accorse che finalmente puntava a terra. si, poteva essere Vincenzino anzi, doveva essere lui. Vedeva la prua che spingeva una corona di spuma bianca ma non riusciva a leggere ancora il nome. La nave era nera con una striscia rossa proprio come le aveva spiegato Vincenzino e soprattutto si avvicinava a vista d’occhio ma non aveva la prua verso il porto ma verso ponente. Assuntina comprese che il suo amore aveva deciso di sfilare proprio davanti a lei e, per questo, avrebbe dovuto virare per far vedere la fiancata sinistra. La grande nave nera era sempre più vicina tanto che riuscì a vedere il nome a grandi lettere bianche che spiccavano ai due lati della prua. Scrutò la tolda e lo vide, Vincenzino era sull’aletta di sinistra con una bella giacca blu da comandante e, con una mano sventolava un fazzoletto bianco mentre teneva un binocolo con l’altra. Assuntina sollevò le braccia mentre lacrime di felicità scendevano sul suo volto. “Vincenzino! Vincenzino” gridò mentre piangeva. Il suo grido si infranse contro un rumore di ferraglia che la turbò. E neppure riuscì a capire se proveniente dalla nave che continuava a muoversi verso ponente, mentre Vincenzino la guardava con il binocolo. La nave rallentò e si inclinò vistosamente, vide il suo fidanzato correre sul ponte inclinato e scomparire all’interno della timoneria. Notò la prua spostarsi verso il largo mentre quel rumore sinistro ed inquietante continuava a stridere nelle sue orecchie e la nave era sempre più inclinata. “Possibile che abbia urtato uno scoglio?” Si domandò Assuntina che, pochi attimi prima era passata dall’eccitazione allo sgomento “No, no, non può affondare proprio adesso”. La nave, intanto, aveva virato e sembrava dirigersi verso il largo con la poppa rivolta a terra. Ma, ad un certo punto, si fermò di colpo, Assuntina cercò di capire, prima c’era stato l’urto contro il basso fondale passando davanti al lungomare, poi Vincenzino aveva cercato di portare la nave verso il largo per evitare danni più gravi. La ciminiera assurdamente inclinata lasciava ancora andare del fumo nero. La poppa stava sprofondando sempre di più mentre veniva calata una sola scialuppa. Si vedevano uomini salire su quella barca, doveva essere l’equipaggio al completo altrimenti avrebbero messo in acqua anche l’altra scialuppa. Vincenzino aveva capito che la sua nave era persa e aveva dato l’ordine di abbandono. Sulla scialuppa carica di marinai, diventati naufraghi, misero i remi in acqua e cominciarono ad allontanarsi dalla nave con la tolda ormai vicina all’acqua. Assuntina, però, si tranquillizzò quando vide il suo Vincenzino a bordo della scialuppa che si dirigeva verso l’approdo più vicino. Un’esplosione e poi un rombo la fecero sobbalzare e distogliere la sua vista dalla scialuppa, l’acqua aveva ormai circondato il fumaiolo che continuava ad eruttare quel denso fumo nero. La nave sembrava sussultare in un’assurda agonia e, con l’ultima esplosione scomparve. Al suo posto, a pelo d’acqua c’erano alcune balle di stracci colorati. Finalmente Vincenzino sbarcò e Assuntina si lanciò tra le sue braccia per baciarlo.
Circa un secolo e mezzo dopo, un certo comandante “Schettino” per fare l’inchino urtò quel “cazzo di scoglio!” e la nave da crociera affondò miseramente. Da quel giorno lo scoglio che aveva generato l’agonia della nave di Vincenzino ebbe un nome “‘O scoglio d’’a munnezza” che rimandava a quel suo carico di stracci e a quell’assurdo naufragio.
(Gennaio 2023)
Buon Natale
di Mariacarla Rubinacci
Natale 1920. Natale 1921. sono ormai un ricordo lontano, archiviato, chiuso in uno sgabuzzino come una cosa usata ma che non serve più. Quasi non c’è memoria di cosa si sia fatto, pur chiamandole festività. Beh, certo, ci si riferisce a coloro che non hanno subito dolorose conseguenze, per molti, al contrario, il ricordo ancora piange nel silenzio.
Oggi, Natale 2022, è tornato tutto “normale”. La Normalità veste le vetrine luccicanti, i Panettoni straboccano, offerte regalo fanno l’occhiolino alla tredicesima in arrivo, una visita nell’agenzia di viaggi lì sotto casa mette in moto fantasie esotiche. Si sta decidendo il colore dell’albero, Rosso? Blu? Oro? Tutto uguale, tutto allegro, tutto come sempre è stato, tutto normale.
Ma all’improvviso…..Batapum…. uno scossone scuote la mente, gli occhi si riempiono di fango, la morte allunga le sue mani. La frana nell’isola di Ischia travolge l’entusiasmo, fiumi di fango entrano nelle ossa, la disperazione accomuna le sensibilità.
Allora impelle una domanda, che cosa sia la normalità tanto bramata.
E’ il terreno dove il Bene e il Male, il Bello e il Brutto, la Gioia e il Dolore, si danno battaglia, e trasformano la vita in una competizione, dove però non ci sono vincitori, ma nemmeno vittime. E’ l’Humanitas che cammina, guarda avanti e si volta poco. Lo sguardo si allunga, ma chiude gli occhi per non vedere cosa si è lasciato alle spalle. Domani sarà Natale, domani si mangerà una fetta di panettone, domani si spera che torni la normalità di una casa. FORZA ISCHIA.
Buon Natale a tutti.
(Dicembre 2022)
L’IDRAULICO
dI Luigi Rezzuti
L’idraulica per noi non ha misteri (semmai, forse, il contrario).
Lavandino del bagno intasato, l’acqua ristagna o scende a fatica.
Mia moglie mi convoca perché è convinta che ci sia qualcosa che ostruisce il deflusso.
Forse un piccolo oggetto finito dentro. Basterebbe provare a togliere l’impedimento.
“Mi serve un uncinetto” mia moglie mi procura un uncinetto che però è troppo corto per raggiungere l’eventuale impedimento.
“Mi servirebbe un ferro più lungo” mia moglie mi procura il ferro più lungo.
“Ma non ha l’uncino” dico a mia moglie
“Per forza non è un uncinetto è un ferro più lungo” risponde mia moglie.
“Ok, lego l’uncinetto al ferro”
“Ma se la corde si slega perdiamo anche l’uncinetto li dentro” obietta mia moglie in versione ancora razionale.
“No, faccio un nodo che non si slega” rispondo
Fatto il nodo procedo rimestando col ferro ma è caduto l’uncinetto.
“Lo avevo detto, io, che non reggeva” dice mia moglie
“No, no, il nodo ha retto, solo che è scivolato” rispondo
A questo punto a mia moglie si accende una lampadina perché quanto a genialate va forte anch’ella: “Prendi una piccola calamita attaccala al ferro nella speranza che l’uncinetto a sa volta sia attratto dalla calamita” suggerisce mia moglie.
Mentre mi accingo all’operazione “recupero relitti” mi sovviene che il ferro è di ferro, ma l’uncinetto è di alluminio.
Infatti la calamita si è staccata dal ferro e mo sta là a tenere compagnia all’uncinetto.
Apo il rubinetto per assistere al disastro totale ma… prodigio! l’acqua defluisce che è una bellezza. Forse la calamita esercita un’azione magnetica respingente sull’acqua…
“Boh! L’idraulica ha delle ragioni che la ragione non conosce….
Adesso abbiamo lo scarico del lavandino intasato di ferraglia, perciò ora siete avvisati: se vi serve una coppia di idraulici sapete a chi rivolgervi. Non assicuriamo la competenza, ma in inventiva andiamo fortissimi.
Prezzi modici, sconti per comitive.
(Dicembre 2022)
Normalità……. È Sognare
di Mariacarla Rubinacci
La sera era ormai inoltrata, l’aria fresca della notte stava arrivando con i suoi fluidi delicati che avrebbero reso morbido il frastuono della strada sottostante già libera dal defluire giornaliero. Di fronte alle sue finestre un palazzo mostrava i suoi occhi illuminati dietro i quali tante storie uguali e diverse stavano mettendo in scena il loro ruolo quotidiano. Alcuni balconi diffondevano aromi familiari delle cene che avrebbero presto radunato i racconti dei fatti vissuti durante il giorno. Un balcone, lassù, verso i piani più alti, le chiamò l’attenzione. Si appoggiò meglio alla ringhiera e con il capo verso l’alto, tentava di inserirsi con occhio curioso nella storia che si stava interpretando su quel palcoscenico.
Aperto come gli altri per accogliere il leggero tepore della stagione, il balcone era avvolto dall’alone di luci colorate, mentre una musica ora dolce, ora allegra e ritmata, rimbombante e poi flebile come parole sussurrate all’orecchio, riempiva l’aria. Assomigliava ad una bocca aperta al canto come fosse in un concerto in piazza, dove tutti, come lei, almeno una volta, si sono fatti coinvolgere cantando e saltellando liberi di gioire. Due ombre contro luce che stavano giocando con i loro cuori le suggerirono l’illusione di sentire sillabe appena bisbigliate da labbra nascoste fra i capelli profumati, accompagnate da un bacio leggero. Ombre cinesi, un alito di brezza notturna muoveva i lunghi capelli di una lei appoggiata morbidamente alla ringhiera, mentre si lasciava cogliere dalle braccia di un lui che delicatamente l’avvolgeva in un gesto di gioia.
Il momento offerto da quei giovani invitava il mondo ad appropriarsi della normalità rimasta chiusa sul fondo del cassetto ormai da troppo tempo.
Si ritrasse dalla scena mentre le sue labbra con un sussurro le fece vibrare…. “un bacio, l’apostrofo rosa tra le parole…”
La festa era diventata un sogno e lei desiderò farsi cullare dall’illusione di poter continuare a sognare, senza pensieri, senza ansie, per rincorrere un sogno anche non suo, ma di tutti, in punta di piedi per non spaventarlo mentre stava riportando in scena la normalità.
(Novembre 2022)
UNA SITUAZIONE TRAGICOMICA
di Luigi Rezzuti
Simone ha 35 anni, il suo hobby è andare in bicicletta, ha la fortuna di abitare a Posillipo in una zona dove il panorama è spettacolare.
Quando decide di fare un giro in bici manda un messaggio su WhatsApp alla sua amica Alessia che accetta.
Alessia è una bellissima donna, a 30 anni, fisico atletico, capelli biondi, alta circa 1,65.
Una volta incontratosi, salirono in bici e incominciarono a pedalare.
Era una splendida giornata e decisero di fermarsi in un orato e scattare delle foto.
Chiacchierando, chiacchierando Simone le disse di aver preso appuntamento per il giorno dopo con la sua dottoressa per farle vedere gli esami del sangue.
Alessia gli rispose che anche lei doveva andare dalla dottoressa per farsi prescrivere l’impegnativa per una visita cardiologica.
Entrambi avevano la stessa dottoressa.
Simone propose ad Alessia di andare insieme e poi quando avevano finito andare ad un bar a bere un aperitivo.
Alessia accettò l’invito, si salutarono e rimasero d’accordo di trovarsi domani alle 17,30 davanti allo studio della dottoressa.
Il giorno dopo, verso le 16,30 Simone iniziò a prepararsi e verso le 17 uscì di casa.
Arrivò puntuale sotto l studio medico, come da accordi, aspettò che arrivasse Alessia che giunse con dieci minuti più tardi.
Si salutarono e insieme salirono le scale per raggiungere lo studio, entrarono in sala d’attesa Simone notò che c’erano solo tre persone.
Intanto il paziente che era dentro lo studio uscì e andò via.
Una coppia di anziani, marito e moglie, si alzarono ed entrarono nello studio, quindi alla fine davanti a Simone c’era solo una persona.
Alessia avvicinandosi a Simone gli sussurrò che aveva avuto un’idea e cioè di fingersi fidanzati, tanto dovevano solo farsi vedere gli esami e farsi prescrivere la visita cardiologica.
Simone ridendo le disse che era pazza, se la dottoressa li avrebbe scoperti avrebbero sicuramente fatta una pessima figura.
Ma Alessia gli disse di stare tranquillo e di stare al gioco, se la dottoressa le avesse fatto delle domande avrebbe risposto lei.
Simone si fece convincere ed Alessia lo prese per mano come una coppia innamorata e lo guardò sorridendo.
Rimasti soli, poiché la coppia di anziani era uscita ed era entrato il paziente prima di lui, definirono alcuni dettagli: stiamo insieme da circa un anno e mezzo, è da un paio di mesi viviamo insieme.
La porta dello studio si aprì e il paziente che era dentro uscì salutando, quindi si alzarono e tenendosi per mano entrarono.
Simone chiuse la porta alle sue spalle e girandosi vide la dottoressa che aveva un’espressione abbastanza stanca.
La dottoressa aveva circa 57 anni, fisico asciutto, capelli rossi a caschetto e indossava il classico camice bianco da dottore.
Dopo averli salutati con un sorrisetto gli domandò se stavano insieme.
Alessia prontamente rispose di si e facendo una battuta le disse che molto probabilmente il giorno in cui si misero insieme era ubriaca.
La dottoressa scoppiò a ridere e disse che era contenta per loro due.
Con un gesto indicò di sedersi davanti alla sua scrivania, si sedettero e incominciarono a parlare del Covid e di come erano cambiate le abitudini.
Dopo qualche minuto la dottoressa rivolgendosi verso di loro chiese in cosa poteva essere utile.
Incominciò Alessia dicendo che era venuta per l’impegnativa per che le serviva per prenotare la visita annuale di controllo dal cardiologo.
La dottoressa iniziò a scrivere al computer e poco dopo stampò il foglio dell’impegnativa.
Poi rivolgendosi a Simone gli chiese di cosa aveva bisogno, lui tirò fuori gli esami de sangue e li porse alla dottoressa che prese ad esaminare i valori confrontandoli con quelli precedenti.
Al termine gli comunicò che i valori erano nella norma e di risentirsi tra sei mesi per ripeterli.
Continuando ad aggiornare la sua scheda gli comunicò che erano passati quasi due anni, causa Covid, che non l’aveva visitato per il controllo dei nei.
La dottoressa era anche laureata in dermatologia ed eseguiva anche in alcuni giorni delle visite private.
Il controllo dei nei per lei era una cosa che ci teneva molto a fare.
Una volta all’anno lo sottoponeva a questo controllo senza farlo pagare.
Simone capendo che voleva visitare la mappatura dei suoi nei si preoccupò, perché sapeva esattamente come avveniva la visita e girando la testa lanciò uno sguardo di tensione verso Alessia.
Alessia non si aspettava questa visita e anche il suo viso cambiò colore.
Visto che erano gli ultimi pazienti della giornata e tutto sommato aveva finito presto, poteva fare il controllo adesso.
Senza lasciarli il tempo di dire qualcosa, la dottoressa si alzò dalla sedia e di diresse verso la zona dedicata alle visite dicendo: “Tutti e due venite con me”.
Come due imbranati che hanno fatto la “cazzata” del secolo nel dire di essere fidanzati si dovettero alzare e andare dove si trovava la dottoressa, che gli comunicò di spogliarsi e rimanere solo con la biancheria intima.
Che situazione imbarazzante e nello stesso tempo tragicomica, lui ed Alessia non si erano mai visti nudi o solo con la biancheria intima.
Simone fissò nuovamente Alessia negli occhi e capì che pure lei non sapeva come uscirne senza dire la verità e fare una pessima figura.
Simone incominciò a spogliarsi, si tolse le scarpe per passare poi alla maglietta ed infine ai pantaloni, rimanendo come aveva detto la dottoressa solo con le mutande.
Mentre si spogliava vide che anche Alessia lo stava facendo togliendosi i pantaloni e la canottiera e rimanendo in reggiseno e mutandine.
I loro sguardi si incrociarono per un attimo ed erano colmi di imbarazzo.
Intanto la dottoressa si stava preparando per la visita tirando fuori la strumentazione necessari a e posizionando un foglio di carta sul pavimento in modo da non farli rimanere con i piedi nudi a contatto con il pavimento.
Una volta pronta, la dottoressa guardandoli gli comunicò che avrebbe iniziato da Simone.
Conoscendo già la procedura si andò a posizionare sul foglio di carta disteso sul pavimento.
La visita incominciò con il controllo della testa per poi scendere sul torace fino all’ombelico.
Mentre la dottoressa continuava con il controllo, Simone lanciò uno sguardo verso Alessia.
Lei era a circa due metri di distanza che lo guardava, Simone notò che si stava mordicchiando il pollice, forse nervosamente.
Una volta che la dottoressa era arrivata a controllargli i piedi, gli disse di girarsi e ripartendo dal collo scendendo lungo la schiena, la dottoressa proseguì la visita.
Simone sentiva le sue mani che tastavano ogni centimetro del suo corpo, per fortuna essendo di spalle non potette vedere Alessia.
La cosa era imbarazzante, la visita continuò ancora per qualche minuto, poi per fortuna la dottoressa gli disse che aveva finito.
Simone si girò e vide Alessia che era sempre lì con i suoi occhi che fissavano il corpo di Simone.
La dottoressa tenendo sempre un atteggiamento professionale, rivolgendosi verso Alessia le disse che adesso toccava a lei.
Simone ritornò dove era prima, praticamente invertirono le posizioni.
Alessia si mise con i piedi sopra il foglio di carta rimanendo immobile, la dottoressa, come aveva fatto con lui, incominciò a controllare la testa per poi arrivare al torace e come aveva fatto con lui la fece girare di spalle.
Simone a questo punto potette ammirare, in ogni suo dettaglio, quello splendido corpo.
La visita era finita e la dottoressa le disse di avere ancora un attimo di pazienza, e dirigendosi verso la scrivania si mise a scrivere qualcosa al PC.
Sentirono i passi della dottoressa che stava ritornando e comunicò loro che era tutto ok, e che potevano rivestirsi.
Ritornarono dove avevano posato i loro vestiti e cominciarono a rivestirsi.
Ua volta rivestiti andarono vicino alla scrivania della dottoressa che li stava aspettando per salutarli.
Uscirono dallo studio e Simone guardò Alessia, lei ridendo gli disse di non dire nulla, aveva bisogno solo di bere qualcosa di forte e che sarebbero andati a casa sua.
Dopo dieci minuti di imbarazzo totale raggiunsero la casa di Alessia, entrati si diressero in cucina e Alessia preparò due bicchierini di liquore.
Dopo averlo bevuto, Simone guardò Alessia ed entrambi scoppiarono a ridere e incominciarono a parlare di quello che era successo.
Simone le confessò che il fatto di sapere di essere guardato gli aveva creato un forte imbarazzo.
Alessia lo guardò sorridendo e gli disse che forse aveva vinto la timidezza di farsi vedere solo con la biancheria intima, poi lo strinse a se in un forte abbraccio e iniziarono a baciarsi e ridere.
(Ottobre 2022)
MOGLIE IN VACANZA MARITO IN CITTA’
di Luigi Rezzuti
E’ un’afosa giornata di luglio: la città si è svuotata, la moglie è partita per le vacanze estive e lui, povero Cristo, oltre a lavorare, quando è a casa deve pensare a sfamare il gatto, il cane, i canarini, la tartaruga, il pappagallino, il criceto del nipotino e un merlo indiano che quando si avvicina gli dice; “ciao come va”
“Quasi quasi domani li porta tutti alla mensa della Caritas” poi decido di andare a rinfrescarsi alla piscina comunale, prima però, doveva comprarsi un costume da mare nuovo.
Entra in un negozio di articoli sportivi e incomincia a guardare e a provare la taglia giusta.
Un pezzo di figliola con minigonna, vista la sua indecisione, gli si avvicina offrendosi di aiutarlo nella scelta e così, distratto da tanto ben di dio, se ne esce dal negozio con un costosissimo boxer elasticizzato di colore viola. Già che c’era la furbetta gli rifila l’offerta del giorno e così si ritrova ben presto con pinne, fucili ed occhiali, ci mancava solo la paletta, il secchiello, le palettine, e in omaggio, un salvagente.
Finalmente arriva in piscina e lo avvertono che, per un nuovo regolamento dell’ASL, deve fare, per motivi di igiene, una doccia speciale con una sostanza particolare.
Si sottopone al trattamento ma, forse per una sua intolleranza a questa strana sostanza, si ritrova completamente depilato tanto da sembrare un lumacone senza guscio…che orrore!
Finalmente, indossato il costume, mostra orgogliosamente il suo addome a tartaruga obesa e si butta in piscina dal trampolino con un clamoroso tuffo doppio carpiato con avvitamento a destra e raddrizzamento dorsale a sinistra prima di entrare in acqua.
Preso da improvvisa vigoria, si spara due o tre vasche in vari stili, libero, rana, farfalla e, come ultimo a polipo di scoglio da lui inventato.
Ma, all’uscita ha una brutta sorpresa: sarà per il cloro eccessivo, la temperatura elevata, la doccia di prima, ecco che si ritrova con una strana forma di abbronzatura a chiazze marroni tanto da sembrare una mucca svizzera, e da provocare l’ilarità di un gruppo di bambini che, in coro, gli gridavano tutti…muuuhh!
Malgrado tutto si ero rinfrescato e così decise di andare in centro città dove si svolgeva una manifestazione di artisti di strada, mangia fuoco, trampolieri e quant’altro.
Passeggiando distrattamente si sentì chiamare: “Ehi signore, venga che le faccio le carte e l’oroscopo, per lei oggi è gratis”.
C’era un cartello con scritto: “Amelia la fattucchiera che ammalia” e decide di farsi leggere la mano.
Così dopo un giro di tarocchi e un movimento del pendolino, la maga gli dice che avevo Urano nei Pesci fuori dall’acquario perché il Sagittario si era innervosito col Toro che aveva Marte contro perchè la Vergine era stata molestata dal Capricorno perché gli aveva fatto le corna con l’Ariete all’insaputa del Leone… che gli venisse un Cancro!...e aveva avuto anche una relazione con i due Gemelli di Saturno sperando che non lo venisse a sapere Nettuno… eh si, “nettuno è perfetto”!
Praticamente gli aveva detto che avrebbe avuto una giornata di m….da!
Nel frattempo gli era venuta fame e decide di entrare al McDonald’s dove si svolgeva una festa per tutti quelli col cognome che iniziava con la M, infatti c’era MacNamara, Mina, Moreno Moreno e Martufello.
Mangiò un panino con manzo Montana, una birra Moretti doppio malto, una morbida mousse alle more e un caffè Miguel corretto al marsala. Che bella giornata altro che M….da.
(Giugno 2022)
Ti tendo una mano
di Mariacarla Rubinacci
In piedi guardi. Sull’orlo della fossa i sacchi neri nascondono l’orrore, una scarpa è attorcigliata dal fango, l’aria è pregna dell’odore della fine, la mente è ferma nel silenzio dei pensieri.
Hai lo sguardo perso lontano, gli occhi cercano l’orizzonte, ma il fumo acre e nero che sale dalla tua casa appena colpita da una luce accecante portatrice di morte, ti punge le pupille asciutte. Non piangi, sei arida dentro. Le lacrime non ti bagnano più le guance arrossate del freddo. Intorno la terra è grigia, ammassi di oggetti strappati alle mansioni di ogni giorno rotolano come foglie morte, stanze annerite dal fuoco si mostrano come scenari lugubri della tragedia che incombe, il puzzo di ha urinato sulla tua vita attanaglia il respiro.
Un richiamo di scuote dal torpore, dall’assenza di essere viva in un mondo che parla di odio. “Mama…”
Un trillo, un corpicino smunto ti sta correndo incontro, in cerca del tuo abbraccio, nelle sue piccole mani stringe un cagnolino di peluche e un pacco di biscotti che mani grandi le hanno dato per fare riaffiorare il sorriso che da troppi giorni era spento.
Ecco. E’ il futuro che sta sgomitando per farsi strada, che saltella, ha la voce della gioia propria dei suoi pochi anni che anelano a diventare tanti, tanti e ancora tanti. E’ lì davanti a te, ti grida di resistere per ricominciare, che ti obbliga a sperare, perché non sei sola con la tua carne straziata, con la tua mente avvolta in un sacco nero, con i tuoi occhi asciutti.
Non sei sola.
Intorno ci siamo noi. Siamo pronti ad alleviare l’orrore che ti ha spinta sull’orlo di quella fossa, il mondo sa, vede, ascolta, si rimbocca le maniche, si mobilita. L’orizzonte è squarciato da chi ti corre incontro, cercando la tua mano.
(Maggio 2022)
VITA DA CONTADINI
di Luigi Rezzuti
All’alba, prima che sorgesse il sole, Aurelio e Assunta facevano colazione con il latte e del pane raffermo, poi si recavano in campagna a lavorare la terra per renderla fertile, ma questo richiedeva tanta fatica.
All’epoca i contadini erano costretti a seguire gli ordini del padrone della fattoria gestendo le stalle con gli animali: alcune mucche, un cavallo, un asino e per chi aveva la possibilità economica anche un maiale, che in inverno veniva ucciso.
Il cavallo e l’asino servivano per trasportare il materiale della campagna: l’erba, il fieno e la legna per il camino.
A quell’epoca non esisteva la stufa per riscaldare la casa.
Alla sera il capo famiglia e la moglie entravano ella stalla, davano da mangiare e da bere alle mucche, poi le mungevano e così ricavavano il prezioso latte che veniva usato per la colazione del mattino.
Le mucche di buona qualità rendevano molto latte, che Assunta utilizzava per fare delle caciotte fresche.
C’erano anche le galline che si nutrivano con il granoturco e che si lasciavano libere nella campagna a beccare nel terreno.
Quando le galline facevano tante uova, Assunta le vendeva al commerciante di pollame che girava nei cortili del paese.
Nei mesi di luglio e agosto poneva al centro del cortile un mastello pieno d’acqua per essere scaldata al sole, alla sera dopo una giornata di lavoro il marito tornava dalla campagna e con quell’acqua, scaldata al sole, si lavava.
La moglie del contadino non era in possesso di soldi, quando doveva fare la spesa nei negozi alimentari non pagava, il negoziante apriva un libretto e scriveva la spesa che aveva acquistato e l’importo dovuto, poi il sabato pomeriggio passava il marito a saldare il conto.
All’epoca i contadini tracciavano il solco con la vanga e spesso dopo un duro lavoro così faticosa si sentivano così stanche che cercavano di riposare sotto un albero di gelso e si addormentavano.
Quando si svegliavano avevano il rimorso di aver perso tempo prezioso.
A San Martino (11 novembre) si doveva pagare l’affitto al padrone della casa e della campagna.
Era un giorno difficile perché non sempre Aurelio era riuscito a racimolare l’intera somma.
Il rpimo giorno della settimana c’era sempre trambusto perché Assunta faceva il bucato ponendo òa biancheria sporca in un mastello e la copriva con un panno bianco su cui versava della cenere e un po' di lisciva, poi rovesciava sopra l’acqua calda e la lasciava tutto a bagno per parecchio tempo.
Al tramontar del sole Aurelio ed Assunta tornavano dalla campagna e si preparavano per la cena: carciofi e patate e un pezzo di formaggio accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso.
Dopo aver cenato ad Assunta le spettava il meritato riposo, ma prima di dormire recitava il rosario come voleva la tradizione familiare; solo al termine del rosario ci si faceva il saluto della buona notte.
Nella camera da letto c’era un portacatino e una brocca con l’acqua che si usava alla mattina per lavarsi.
All’epoca Aurelio e Assunta vivevano nella cascina privi di elettricità, si illuminavano con una lampada a petrolio, e per l’acqua potabile avevano a disposizione un pozzo nei pressi della cascina.
Invece, per abbeverare le bestie, nella campagna c’erano gli stagni alimentati da acqua piovana, che servivano Anche per innaffiare l’orto.
Col passare degli anni arrivò l’elettricità, era nata la vita moderna e poco alla volta Aurelio e Assunta dovettero aggiornarsi allo sviluppo tecnologico.
(Maggio 2022)