IL TEST DI MEDICINA
di Annamaria Riccio
Il test di medicina cambia ancora.
Tante le novità di quest’anno: si torna alla vecchia prova nazionale con 60 quesiti a risposta multipla (quattro di competenze di lettura e conoscenze acquisite negli studi, cinque di ragionamento logico e problemi, 23 di biologia, 15 di chimica e 13 di fisica e matematica) e 100 minuti a disposizione dei candidati per rispondere. Ciascuna risposta esatta varrà 1,5 punti; - 0,4 punti quelle errate e zero le omesse. Per essere ammessi in graduatoria bisognerà aver conseguito almeno 20 punti. Graduatoria che arriverà il 10 settembre.
Cambiano le sessioni per l’accesso che si raddoppiano, fissate per il 28 maggio e il 30 luglio, e una banca dati con 7mila quesiti che saranno messe online a partire, rispettivamente, dall'8 maggio e dal 10 luglio.
Nel decreto definitivo si terrà poi conto anche delle nuove attivazioni di Medicina: sono sei quelle vidimate nei giorni scorsi dal Consiglio universitario nazionale e in attesa del "bollino" dell'Anvur e del ministero. Se confermate, salirebbero a 95 le sediche ospitano un corso in Medicina e Chirurgia, nelle sue diverse forme. Nel giro di un decennio, i luoghi di formazione dei futuri camici bianchi sono aumentati di oltre un terzo. Nel 2013 erano 60 e, dopo una breve discesa a 58 nel 2014 e a 59 nel biennio successivo, dal 2017 è iniziata una risalita sempre più sensibile. Fino alle 89 dell'anno scorso. Un trend che ha cambiato profondamente la conformazione accademica di alcuni territori.
Con uno sguardo anche alla riforma complessiva del numero chiuso annunciata peril 2025.
Un ritorno al passato scandito dal clamore suscitato dagli oltre tremila ricorsi dello scorso anno che riportavano anomalie riscontrate con le modalità TOLC MED gestite dalla piattaforma Cisia.
Ci auguriamo un sistema di reclutamento corretto e un adeguato criterio di scelta per la futura professione sanitaria. Il covid ha lasciato una triste storia di esigua presenza in base alla ingente richiesta di personale, che vedeva fortemente penalizzati i medici impegnati in turni massacranti. Nonostante la pandemia si sia gradualmente affievolita, non possiamo non considerare il crescente bisogno che ancora non trova ricambio di una generazione ormai in via di pensionamento. Ci avviamo verso un futuro di persone sempre più anziane e con una necessità che richiede molta attenzione nel settore sanitario.
(Aprile 2024)
LA COSTITUZIONE APERTA A TUTTI
Al centro dell’incontro il tema dell’Inclusione
di ANNAMARIA RICCIO
Realizzata da Giuffrè Francis Lefebvre insieme al Ministero dell’Istruzione e del Merito e all’Università Roma Tre, l’iniziativa promuove la cultura giuridica fra i giovani e una consapevole partecipazione democratica con un ciclo di appuntamenti in tutta Italia.
Martedì 20 febbraio si è svolta a Napoli presso l’Istituto Penale per Minorenni di Nisida, la quinta e ultima tappa de “La Costituzione aperta a tutti”, il ciclo di incontri itinerante organizzato dalla casa editrice Giuffrè Francis Lefebvre, insieme al Ministero dell’Istruzione e del Merito e all’Università Roma Tre, con l’obiettivo di promuovere la cultura giuridica fra i giovani di tutta Italia e contribuire a rendere il diritto sempre più accessibile.
Dopo la grande partecipazione registrata nelle precedenti tappe di Roma, Campobasso, Milano e Ancona, la prima edizione itinerante de “La Costituzione aperta a tutti” ha avuto il suo epilogo a Napoli con un appuntamento speciale, dedicato al tema dell’“Inclusione”, come obiettivo costituzionale. Diversi gli ambiti analizzati, nei quali l’esigenza della promozione di inclusione diventa particolarmente stringente. Le situazioni di marginalità, di presunta “diversità”, costituiscono l’oggetto di una riflessione rivolta a far emergere le implicazioni essenziali dell’impegno della Repubblica nella lotta alle diseguaglianze.
All’incontro hanno partecipato Gianluca Guida, Direttore IPM Nisida, Antonio Delfino, Direttore relazioni istituzionali Giuffrè Francis Lefebvre, Marco Ruotolo, Università Roma Tre e Alberto Lucarelli, Università Federico II di Napoli.
“La Costituzione aperta a tutti” nasce con l’obiettivo di esplorare, insieme a studenti, cittadini ed esperti giuridici, i legami tra conoscenza, cultura, libertà e società, attraverso una serie di incontri itineranti in tutta Italia, dedicati alla Costituzione.
Per promuovere ancora di più la cultura giuridica nelle scuole, i momenti in presenza previsti dal progetto “La Costituzione aperta a tutti” si affiancano all’omonimo laboratorio didattico permanente online sulla piattaforma del Ministero dell’Istruzione
Educazione Digitale (https://www.educazionedigitale.it/lacostituzioneapertaatutti/).
Qui i docenti di ogni scuola e grado possono attingere alle registrazioni degli eventi e ad altri numerosi materiali online. A questo scopo, Giuffrè Francis Lefebvre ha anche prodotto per l'occasione un eBook gratuito, a cura di Marco Ruotolo e Marta Caredda, disponibile per il download da parte di tutte le scuole italiane, oltre che in versione cartacea.
Il volume intende proporsi come un’opera corale e in divenire, che ha l’ambizione di essere letta e consultata in tutti quei luoghi in cui si avverta l’esigenza di approfondire tematiche di educazione civica e di cultura della legalità, a partire naturalmente dalle scuole e dalle università, per dialogare sugli elementi fondanti della democrazia, sui diritti e doveri dei cittadini, dei quali la nostra Carta costituzionale si fa garante, concretandone la salvaguardia e la divulgazione. Un invito a non rifugiarsi nell’indifferenza, a far vivere la Costituzione repubblicana riscoprendo la profondità e l’attualità delle sue parole, a settantacinque anni dall’entrata in vigore.
La prossima edizione de “La Costituzione aperta a tutti” prenderà il via in autunno con un evento speciale inaugurale a Torino, dedicato al tema della “laicità”.
(Febbraio 2024)
Iscrizioni Scuola - Orientamento e Scelte
Per 8 studenti su 10 il diploma può bastare a trovare un buon lavoro
Ma poi è fondamentale la specializzazione
di Annamaria Riccio
La maggior parte dei prossimi alunni della scuola secondaria di primo grado sembra rivalutare il “semplice” diploma di maturità, meglio se in combinata con ulteriori percorsi formativi, anche diversi dalla laurea. Ciononostante, si continuano a preferire in blocco i licei, più proiettati verso l’università. Un approccio dietro il quale ci sono problematiche da migliorare nell’orientamento scolastico. Ma anche la poca conoscenza del mercato del lavoro. A disegnare questo scenario, una ricerca condotta da Skuola.net nell’ambito del progetto “Che ci faccio col diploma?”, promosso da Unioncamere che rileva quanto il diploma, per la maggior parte degli studenti, possa aprire un futuro soddisfacente nell’ambito lavorativo, pur ammettendo la necessità di percorsi formativi specializzati.
Solo una parte esigua dei ragazzi ritiene indispensabile una laurea per far carriera. Nonostante questa visione, anche quest’anno l’opzione licei dovrebbe essere predominante al termine delle iscrizioni scolastiche. La scuola dovrebbe contribuire sempre di più ad aprire gli orizzonti alle ragazze e ai ragazzi, aiutandoli a conoscere meglio le proprie attitudini, con le diverse opportunità, offerte dai percorsi formativi e dal mondo del lavoro.
Tra gli studenti che tra pochi giorni dovranno scegliere la scuola superiore, ben 8 su 10 si discostano, infatti, dal luogo comune che vede l’università come l’unica strada in grado di garantire un futuro soddisfacente, a cui rimane legato il 19%. La nuovissima generazione, la cosiddetta Alpha, sembra dunque differenziarsi da quella precedente, ossia la Zeta, per una visione del periodo post-diploma in cui l’università è solo una delle tante opportunità per completare la propria formazione e inserirsi nel mondo del lavoro.
Ma, allo stesso tempo, la maggior parte dei ragazzi che rivalutano la “spendibilità” di un buon diploma è consapevole che non ci si possa certo fermare al termine delle scuole superiori: il 52%, perciò, immagina che per aumentare le proprie chance occupazionali, prima di candidarsi per un lavoro qualificato, un diplomato debba comunque passare per una delle tante opportunità di specializzazione professionalizzante disponibili oggi (ITS Academy, lauree o corsi professionalizzanti, tirocini aziendali, ecc.), mentre un più esiguo 29% crede che per farcela siano sufficienti volontà e determinazione.
In prospettiva, questo, è sicuramente un buon segnale, visto che in base agli ultimi indicatori forniti dalla stessa Unioncamere il 29% dei contratti di lavoro programmati dalle imprese dei settori industriali e dei servizi nel 2023 ha riguardato diplomati e nei prossimi 5 anni la previsione è che tale quota supererà il 31%. Peccato che i diplomati più richiesti spesso non siano sufficienti a soddisfare il fabbisogno delle imprese, che in molti casi cercano invano profili “introvabili”, in possesso di un titolo di tipo tecnico o professionale: Unioncamere stima che nei prossimi 5 anni potrebbero mancarne addirittura più di 200 mila.
Su questo aspetto, a giudicare dai risultati del sondaggio, sembra tuttavia che gli studenti della scuola secondaria di primo grado di oggi continuino a guardare in massa in direzione dei licei. Alla vigilia dell’apertura delle iscrizioni, circa 6 su 10 stanno valutando soprattutto questi indirizzi. Un dato in linea con quanto rilevato in passato dall’Osservatorio e soprattutto con le scelte effettive degli studenti, registrate negli ultimi anni.
Purtroppo, però, sappiamo che questa “licealizzazione” di massa porta con sé alcuni effetti collaterali. A causa di un orientamento errato alcuni di loro finiscono per spostarsi, durante il quinquennio, sull’istruzione tecnico-pratica o, peggio ancora, abbandonano in corso d’opera. Oppure, quasi costretti a iscriversi all’università dopo la Maturità, non riescono a completare il percorso accademico. Riscontrando così grandi difficoltà a trovare un’occupazione a elevata qualifica (e retribuzione).
Alla base di un paradosso del genere potrebbero esserci varie motivazioni. Una di queste è sicuramente la visione che i ragazzi hanno del mondo del lavoro, con la contemporanea assenza di una conoscenza reale dei mestieri che trainano oggi il mercato. Ci si rende conto di questa percezione chiedendo loro cosa vorrebbero fare da adulti. Le occupazioni più gettonate restano, ad esempio, l’insegnante, il medico, l’ingegnere, lo psicologo, anche se i sondaggi attestano richieste di “tecnici” o comunque di risorse con abilità pratiche. Un punto importante è lo snodo relativo al passaggio dalle scuole secondarie di primo grado a quelle di secondo grado, laddove emerge che, nonostante l’orientamento, tale attività non ha aiutato a chiarire agli studenti un’adeguata scelta per l’istituto superiore.
Ma la principale leva da attivare per superare questo disallineamento tra le idee e le intenzioni è proprio quella dell’orientamento, per evitare di fare delle scelte quasi “al buio”. Un problema che i recenti interventi del Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) intendono risolvere. E i risultati di questa azione sembrano già iniziare a vedersi: rispetto a un anno fa. Infatti, si sgonfia leggermente la quota dei “licenziandi”.
La situazione, però, dovrebbe migliorare nei prossimi anni, visto che il PNRR ha portato con sé una riforma dell’orientamento scolastico, che impone lo svolgimento di almeno 30 ore specifiche all’anno, a partire dalla prima media.
A tal proposito, sta crescendo anche il contributo specifico di Unioncamere - l’Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura - che si sta impegnando per rendere disponibili gli strumenti del Sistema Informativo Excelsior a studenti, genitori e docenti: dalla piattaforma Excelsiorienta - un innovativo tool per l'orientamento, proposto in modalità gaming - all’integrazione dei dati occupazionali con la piattaforma Unica, dove il MIM da quest’anno ha fatto atterrare le procedure di iscrizione on line.
Infine, proprio in questi giorni arriva il progetto di divulgazione “Che ci faccio col diploma?, realizzato in collaborazione con Skuola.net, con lo scopo di sensibilizzare alunni e genitori sul valore professionale dei vari diplomi di scuola superiore.
(Gennaio 2024)
IL REBUS DELLA SCELTA POST MATURITA’
di ANNAMARIA RICCIO
Orientamento scolastico last minute, se non inesistente: un terzo dei maturandi dice di essere stato "orientato" dalla scuola solo durante l'ultimo anno. Sempre meglio di quel 26% che non ha proprio svolto alcuna attività mirata. Ma anche quando l'orientamento c’è stato, oltre la metà dei partecipanti lo ha trovato poco utile per scegliere la propria strada. Le iniziative vengono percepite troppo teoriche e distaccate dalle reali esigenze del mercato. Meno di 3 su 10 conoscono le alternative ai percorsi di laurea
Ora che ho il diploma, che ci faccio? Un quesito che si è sicuramente posto 1 maturando su 3, ovvero quanti non hanno avuto la minima idea di quali strade poter intraprendere. A evidenziarlo è stata la seconda edizione dell’osservatorio “Giovani e Orientamento”, un'indagine condotta da Skuola.net in collaborazione con Gi Group – prima agenzia per il lavoro a capitale italiano - su un campione di 3.000 ragazze e ragazzi delle scuole secondarie superiori, tra cui 1.000 maturandi intercettati nel corso degli esami di Stato.
Uno scenario, quello appena descritto, che appare ancora meno rassicurante se si considera anche che solo 1 maturando su 5 sostiene di sapere perfettamente quale “porta” aprire. Mentre la restante metà del campione (46%), pur avendo in mente delle opzioni di scelta, ha ancora qualche incertezza su come muoversi. Confermando come il problema dell’orientamento e dell’efficacia delle attività deputate a farlo sia purtroppo diventato strutturale: una ricerca simile svolta lo scorso anno proponeva un quadro praticamente identico.
In un contesto del genere, non è escluso che si finisca per sbagliare strada e, talvolta, di andare a ingrossare la già troppo corposa schiera dei NEET (giovani inattivi). I neodiplomati sono perfettamente consapevoli di ciò e lo mettono in preventivo: quasi 6 su 10 già oggi temono di entrare a far parte di quei “giovani che non studiano né lavorano”. Circa la metà di questi, addirittura, ne è quasi certa. Un numero, il loro, che in soli dodici mesi è ulteriormente cresciuto: nel 2022 gli “spaventati” erano poco più del cinquanta per cento del totale.
Quanto basta per intervenire. Per gli studenti in uscita dal sistema scolastico si può fare poco - ad aiutarli ci dovranno pensare i professionisti che si occupano di formazione terziaria e inserimento nel mondo del lavoro - ma per quelli che ancora sono tra i banchi qualcosa ci si può inventare, lavorando soprattutto sull’orientamento che, a quanto pare, sembra essere il vero anello debole della catena. Basti pensare che, secondo le recenti indagini sui maturandi, oltre un quarto (26%) pare non abbia svolto attività di rilievo lungo l’intero quinquennio delle superiori. E circa un terzo (33%) ha iniziato solamente durante l’ultimo anno. Appena 1 su 10 ha preso i primi contatti col domani perlomeno dal terzo anno in poi, ovvero quando sarebbe più indicato, avendo davanti un tempo ragionevole per pensare, interrogarsi, informarsi e sperimentare.
Ma non è solo questo il problema. Le attività di orientamento, oltre che scarse quantitativamente, sono giudicate anche qualitativamente poco efficaci. Tra chi ha avuto la fortuna di svolgerle, ben oltre la metà (59%) si sente di bocciarle: il 42% le ha trovate poco utili, mentre il 17% le stronca senza appello. Il motivo? Un approccio eccessivamente teorico all’argomento che le rende noiose (così per il 57% degli scontenti) e un tendenziale distacco dalla realtà (per il 32%).
E poi c’è il tema della focalizzazione, da parte degli orientatori, soltanto su un tema: l’università. Oltre 3 studenti su 4 (76%) hanno ascoltato soprattutto “televendite” di atenei e corsi di laurea. Al contrario, di percorsi formativo-professionali post-diploma ha sentito parlare solo il 28%. Meno di 1 su 4 ha ricevuto una panoramica sugli ITS, gli Istituti Tecnologici Superiori (24%), su concorsi e selezioni nel settore pubblico o privato (23%) o sui passaggi principali per “fare impresa” (20%). Una sparuta minoranza (14%) ha sentito parlare dei percorsi IFTS, che in meno di un anno preparano ad alcune tra le professioni più richieste e ricercate dal mondo del lavoro.
Forse per questo, almeno sulla carta, i neodiplomati sembrano essere intenzionati ad aspirare in massa al titolo accademico. Almeno fra le ragazze questa è parsa essere una scelta quasi obbligata: il 74% delle maturande, nel campione intervistato, puntava alla laurea; tra i maturandi ci si fermava al 46%. Ciò significa che, se le statistiche non mentono, molti di loro rischiano seriamente di rimanere delusi, visto che in Italia la quota di giovani laureati stenta a superare il 30% della popolazione di riferimento.
Diversamente, i maschi si dimostrano più aperti verso le alternative all’università: le percentuali di coloro che sono intenzionati a entrare subito nel mondo del lavoro oppure a provare la via del pubblico impiego (Forze armate e di Polizia incluse) o a frequentare un corso tipo ITS/IFTS sono doppie rispetto a quanto registrato tra le coetanee. Non mancano però quelli - sono 1 su 5 tra i ragazzi e 1 su 10 tra le ragazze - che probabilmente si fermeranno per un anno oppure tenteranno la fortuna all’estero.
Che, dunque, serva - e ci sarà il prossimo anno - una profonda riforma delle attività di orientamento, a cui tutti possono avere accesso, sembra cosa ovvia. Si spera che, all’atto pratico, le nuove figure dei docenti orientatori facciano tesoro dei suggerimenti degli stessi ragazzi. E questi ultimi qualche idea per cambiare le cose ce l’hanno. Loro, infatti, vorrebbero “sporcarsi le mani”, entrare di più nel vivo del mondo del lavoro già negli anni della scuola: stage e tirocini formativi, più concreti dei PCTO che si svolgono oggi, sono la priorità per un terzo degli alunni delle superiori (31%).
Tanti altri, consapevoli delle difficoltà di dialogo tra il mondo della scuola e le imprese, si accontenterebbero di visite in contesti lavorativi o di incontri con personaggi provenienti dalle aziende: così per il 23%. Una fetta importante (12%) spingerebbe sui colloqui individuali, per avere, ciascuno, dei consigli quanto più personalizzati: attualmente, solo 1 su 5 viene orientato in questo modo. Molto utili, infine, vengono considerate le testimonianze di giovani lavoratori, che sino a pochi anni prima si trovavano nelle stesse condizioni di quanti ora vivono nel più totale (o quasi) disorientamento: le introdurrebbe stabilmente l’11%. Solo una minoranza (4%) continuerebbe a puntare sulle “spiegazioni” di gruppo.
“In Italia - sostiene Zoltan Daghero, Amministratore Delegato di Gi Group - c’è un grosso tema di NEET, di giovani inattivi e di mismatch tra domanda e offerta, che inizia proprio dalle nuove generazioni. Nel passaggio scuola-lavoro sono fondamentali l’orientamento, l’attivazione di percorsi formativi mirati e il coinvolgimento anche delle famiglie e dei docenti. In questo sta il nostro ruolo: fare da ponte tra questi mondi e permettere alle ragazze e ai ragazzi di conoscere tutte le strade e le opportunità che hanno davanti per esprimere il proprio talento e costruire il proprio futuro. Da un lato valorizzando la formazione duale, a partire da ITS e IFTS, dall'altro facendo conoscere l'evoluzione del mercato del lavoro e delle professionalità, superando stereotipi di genere ancora troppo radicati nella nostra cultura. Per noi questi sono temi cruciali e proprio per questo motivo siamo impegnati nell’avvicinarci ai luoghi reali e virtuali più frequentati dai giovani e a formulare iniziative e proposte che parlano i linguaggi delle nuove generazioni”.
“L’orientamento a scuola - sottolinea Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net - viene spesso approcciato in maniera tardiva o è addirittura assente. E anche quando le attività vengono proposte, queste non contribuiscono a risolvere i dubbi degli studenti. Le testimonianze dei ragazzi sono impietose in questo senso, così come anche gli esiti: un terzo dei maturandi, dopo tredici anni passati tra i banchi di scuola, ha ben poche idee in merito a cosa fare con il diploma che ha in mano. E sorprende fino a un certo punto anche il fatto che quasi il 60% di loro abbia paura di diventare un NEET. In un Paese che, però, paradossalmente offre lavoro a decine di migliaia di giovani in posizioni nelle quali è impossibile o quasi trovarli. Per modificare un po’ la rotta potrebbe, forse, bastare che qualcuno raccontasse di queste opportunità; magari il mismatch (condizione di disequilibrio tra domanda e offerta) sarebbe minore”.
(Ottobre 2023)
I 40 ANNI DEL MELARANCIO, UN RICORDO CHE FA PENSARE (26/04/1983 – 26/04/2023)
di Annamaria Riccio
Tanto è il tempo trascorso da quel tragico giorno, 40 anni. Non voglio ricordare i fatti di quel terribile incidente. E non voglio nemmeno rimarcare quelle che furono le mie sensazioni, i miei pensieri nell’apprendere l’accaduto mentre mi trovavo in sala professori di una delle prime scuole nelle quali prestai il mio lavoro di supplente (ne parlai già anni fa in un articolo simile). Ciò che risveglia la mia sensibilità, e ancor di più la mia ottica di persona matura nel considerare gli eventi oltre le dinamiche dei fatti, è una considerazione della vita come elemento prezioso, ma anche e soprattutto come dono da tutelare.
Gli allegri adolescenti che, seduti in quel comodo pullman all’ingresso della galleria del Melarancio verso Firenze, assaporavano per la prima volta la gioia e la responsabilità di un viaggio che li avrebbe resi più grandi, più maturi nel loro percorso di crescita, mai potevano aspettarsi una tale catastrofe. Mai potevano pensare che oggi avremmo commemorato 40 anni di vita negati alla loro fresca esistenza.
Così come potrebbero essere le aspettative dei giovanissimi ammalati oncologici che, ahimè, riempiono i nosocomi pediatrici. E così come sono state negate le aspettative delle giovani vite spezzate da azioni criminali o indotte da comportamenti che denotano infamia e cattiveria nel temperamento di chi le attua. Mi riferisco ai tanti episodi di bullismo che scavano e alterano la mente di indifesi fanciulli fino all’incitamento a gesti estremi.
Gli “11 Fiori del Melarancio” sarebbero stati felici di raccontare ai propri figli un epilogo di quel viaggio del tutto diverso e, tuttavia, la fatalità ha avuto la meglio. Le malattie sorgono inaspettate, ma anche in questo caso, l’uomo è scevro da ogni colpa? Pensiamoci. Ci affidiamo al destino, eppure il fato va aiutato. Va accompagnato ad un comportamento responsabile che faccia riflettere, prima di qualunque azione. E questo vale sia per l’autista dell’altro pullman che viaggiava in senso inverso, sia per i discutibili personaggi che consentono di avvelenare l’atmosfera colpendo il genere umano, sia per i giovani che credono di risolvere i loro problemi creandone agli altri, sia per i tanti, troppi delitti che mietono giovani vittime.
(Aprile 2023)
GENITORI IN BLUE JEANS
di Annamaria Riccio
“Genitori in Blue Jeans” fa tappa a Napoli: il progetto itinerante di Fondazione Carolina e TikTok per un digitale sicuro e consapevole
Al PAN di Napoli il tour educativo “Genitori in Blue Jeans” ideato da Fondazione Carolina e TikTok con l’obiettivo di supportare educatori e famiglie - attraverso suggerimenti e spunti concreti – per accompagnare adeguatamente gli adolescenti nel loro percorso online. Il progetto itinerante arriva nella città partenopea - dopo la partenza di Venezia e i pitstop di Assisi, Palermo e Novara - con l’intento di promuovere un dialogo e confronto aperto con chi quotidianamente si trova a dover guidare le nuove generazioni verso un utilizzo del digitale in maniera sicura e consapevole. La collaborazione tra TikTok e Fondazione Carolina aspira a stimolare una vera e propria cordata tra tutti gli interlocutori interessati e accomunata dalla stessa corresponsabilità e reciprocità educativa richiamata dalla legge a prevenzione e contrasto del cyberbullismo. Un’intesa che poggia sulla concretezza, come conferma la speciale Guida ideata per l’occasione, scaricabile dal sito della Onlus nella sezione dei materiali educativi realizzati da Fondazione Carolina. Un cambio di passo che segna l’azione della Onlus dedicata a Carolina Picchio, prima vittima riconosciuta di cyberbullismo. “Il benessere dei nostri figli passa necessariamente dalla qualità della loro esperienza digitale - spiega Ivano Zoppi, Segretario generale di Fondazione Carolina - che dipende non solo dalle loro scelte, ma soprattutto dai genitori e da tutti gli adulti con un ruolo educativo, in termini di ascolto, esempio e presenza”. Le statistiche di Fondazione Carolina attestano 3 ragazzi su 4 coinvolti, direttamente o meno, in episodi legati all’utilizzo scorretto o inconsapevole del web. “È il segno che noi adulti non stiamo facendo abbastanza, a partire da quel principio di corresponsabilità per la tutela dei minori online tanto richiamato negli ultimi anni, ma raramente capace di tradursi concretamente a beneficio della cittadinanza. Genitori in Blue Jeans - continua Ivano Zoppi - rappresenta una felice discontinuità, grazie alla disponibilità di uno dei colossi del web più popolari a metterci la faccia e a dialogare con i territori, al di là di algoritmi o avatar”. “La sicurezza della community di TikTok, in particolare quella degli utenti più giovani, è da sempre la nostra priorità assoluta”, commenta Giacomo Lev Mannheimer, Responsabile Relazioni Istituzionali Sud Europa di TikTok. “Il coinvolgimento di genitori e educatori è fondamentale per raggiungere questo obiettivo e siamo orgogliosi di poterli supportare, lavorando insieme a Fondazione Carolina. Gli adolescenti hanno bisogno di essere ascoltati, e per questo promuoviamo un dialogo sulla sicurezza online attraverso il linguaggio dei giovani, così da contribuire alla costruzione di un clima di fiducia e apertura all'interno delle famiglie e del contesto educativo”. “Il cyberbullismo può essere contrastato innanzitutto accompagnando i giovani in un uso consapevole del digitale e sviluppando in loro una maggiore empatia”, le parole di Luca Trapanese, Assessore al Welfare del Comune di Napoli. “Per fare ciò è necessario supportare chi ogni giorno è chiamato a promuovere consapevolezza e senso di responsabilizzazione dei ragazzi: genitori, educatori e docenti.” TikTok supporta questo progetto proseguendo il proprio percorso orientato alla sicurezza della propria community e volto a creare una cultura della sicurezza digitale. Rientrano in questo contesto i continui miglioramenti e aggiornamenti delle policy, così come le risorse e gli strumenti tecnici messi a disposizione degli utenti e genitori come: il Controllo Famigliare, una guida sul benessere nell’utilizzo della piattaforma, e il rinnovato pannello di controllo all’interno dell’app. Quest’ultimo permette di visualizzare molti dati relativi al tempo trascorso su TikTok, tra cui i resoconti del tempo passato giornalmente sull’app e di quante volte è stata aperta, oltre al dettaglio dell’utilizzo in orari diurni o notturni. Alla possibilità di impostare un limite giornaliero sull’app, c’è la possibilità di controllare anche il tempo massimo di una singola sessione: l’utente stesso può infatti, impostare la durata del periodo passato online in modo continuativo, dopo il quale un messaggio gli ricorderà di prendersi una pausa. “L’obiettivo è incoraggiare le persone a pensare con sempre maggiore attenzione a come sviluppare abitudini digitali positive, non solo attraverso una maggiore consapevolezza del tempo trascorso online, ma anche attraverso il fatto di sentirsi padroni delle diverse modalità di fruizione”, conclude Giacomo Lev Mannheimer. (Ottobre 2022) |
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RITORNO A SCUOLA
di Annamaria Riccio
Inizio delle attività didattiche tra circolari ministeriali e innovazioni tecnologiche all’impronta di allerta meteo.
I giorni assolati e afosi sembrano salutarci subito dopo l’inizio delle lezioni. Gli studenti non hanno fatto in tempo a porre lamentele sulla ripresa scolastica attribuendone l’addio alle vacanze seppur con un clima torrido, che già siamo rientrati in una fascia climatica tipicamente autunnale. Qualche sindaco campano ha optato per la chiusura degli istituti scolastici viste le avverse condizioni meteo. A Napoli invece, il temerario Manfredi sfida vento e pioggia con la fortuna che le giornate si sono poi rivelate temperate nel corso delle ore.
Dopo tre anni di pandemia (che non è ancora finita), quest’anno abbiamo l’abolizione dell’uso delle mascherine, il numero dei ragazzi per mq ripristinato come precedentemente al covid insieme a tutte quelle normative che si sono sempre adottate. Come nulla fosse accaduto. Sospiro di sollievo dai novax, critiche a non finire da parte dei “cauti” che dopo una iniziale sbalordimento hanno finito per cedere a questa iniziativa che lascia però un po' incerti sulle ricadute. Contenti i ragazzi che possono ritrovare il compagno di banco ed una migliore socializzazione. Staremo a vedere cosa porterà tutto questo. Intanto i contagi sono in risalita proprio per le limitate forme di prevenzione.
Un altro punto dolente è la connettività che negli ultimi anni è stata sempre più protagonista come supporto alle metodologie tecnologiche e che certamente non verranno abbandonate in questa nuova fase. Si stima che poco più del 10% delle scuole possiede una connessione superiore ai 30 megabyte al secondo. Il dato è importante in quanto la crescita sociale attualmente risulta parallela a quella digitale.
Ma il rientro non riguarda solo il mondo della scuola ma anche quello universitario. Se fino allo scorso anno la maggior parte dei corsi era da remoto oppure in un sistema misto a seconda delle scelte dei docenti, ora sarà prevalentemente in presenza. Ecco quindi il ritorno degli studenti universitari fuori sede che riprendono le locazioni abitative e si rientra alle vecchie abitudini.
Intanto il ministro Bianchi sembra molto proteso verso una didattica attiva, a volte non proprio aderente alle offerte reali. Non dimentichiamo che, per quanto il governo si esprima verso le ingenti assunzioni del personale, ancora mancano all’appello un discreto numero di docenti tale da consentire il regolare svolgimento delle lezioni.
(Settembre 2022)
ADDIO AL NAZARETH
di Annamaria Riccio
E’ caduta come un fulmine a ciel sereno la notizia che lo storico istituto Nazareth al rientro dalle vacanze estive non riaprirà più.
Non riescono ancora a crederci i circa 500 alunni, i loro genitori, i docenti e il personale tutto della scuola paritaria Nazareth che fino a qualche giorno fa ha accolto alunni della materna, elementari, medie e superiori. Un grande e prestigioso istituto dove i piccoli ed i fanciulli più grandi si sono sempre sentiti accolti e protetti, una grande famiglia che negli anni ha consentito un’adeguata formazione e socializzazione per i giovani studenti vomeresi e non.
La scuola, nata nel 1956, ha sempre funzionato in maniera regolare dando un’immagine di serietà e alacrità ben distribuita nei vari settori disciplinari. Di proprietà della Congregazione Religiosa Dame di Nazareth, è stata portata avanti da un’amministrazione clericale affiancata anche da laici. E’ nell’ultimo decennio o poco più che la gestione è stata affidata a Il Maestro srl-Impresa Sociale che avrebbe dovuto versare regolarmente la quota affittuaria alla Congregazione, cosa questa che non è avvenuta, accumulando un debito addirittura di circa 258 mila euro. Dopo i numerosi solleciti, l’Impresa, non potendo far fronte a quello che è stato definito un Dissesto Finanziario, ha ceduto le armi chiudendo i battenti. Lo sgomento e la rabbia degli adepti è che non avevano assolutamente accennato ad un’eventuale crisi, addirittura accettando le iscrizioni ed i pagamenti delle future rette.
Le problematiche che vengono a porsi riguardano la perdita del posto di lavoro per i dipendenti e la mancanza di iscrizione per gli alunni in un periodo dell’anno in cui tutti i giochi sono già fatti, gli organici pronti e le classi formate. I genitori sanno bene quanto già non risulti semplice in situazioni regolari sistemare i propri figli secondo le condizioni più idonee alle esigenze personali che risultano assai delicate quando si tratta di minori, possiamo immaginare in questo caso.
Si spera quindi nella comprensione degli istituti di zona sia privati che pubblici, nella migliore accoglienza verso i ragazzi e magari il personale che si spera, possa essere gradualmente assorbito. Non è la prima volta che una scuola privata si trova a chiudere per svariati motivi, ma di sicuro non è mai successo in maniera così repentina e inaspettata.
(Luglio 2022)
TEMPO DI ESAMI
di Annamaria Riccio
Quelli scolastici ovviamente, perché gli altri…non finiscono mai.
E’ l’anno del rientro, quello che profuma di ritorno alla vita di sempre, anche se proprio di ritorno alle normali abitudini pre covid non si può parlare. Però vogliamo crederci e fortemente creare un ambiente scolastico che ricordi le consuetudini di qualche anno fa.
La prima avversità è risultata l’uso della mascherina che, mentre all’orale il candidato può non indossarla, allo scritto invece deve necessariamente metterla. E poco conta se le prove durano svariate ore, la vicinanza con altri compagni, ne impone l’obbligo.
Il 2022 si prospetta quindi con prove che si discostano nella loro globalità da quelle sostenute lo scorso anno e il precedente. E la cosa non è stata subito digerita dagli studenti, specialmente da quelli delle superiori che hanno manifestato contro le prove nazionali con il presupposto di non ritenere possibile uniformare i programmi a seguito delle altalenanti lezioni di questi anni. Il compromesso è stato quello di affrontare una prova nazionale di italiano, mentre la seconda prova, diversa a seconda della tipologia di scuola, viene scelta dalla commissione. Completa il tutto un colloquio orale.
Per le scuole medie invece, le prove scritte sono due: italiano e matematica, mentre le discipline linguistiche vengono valutate nell’ambito del colloquio orale. Un pensierino in particolare va a quella grande cerchia di ragazzi che hanno lavorato costantemente e magari non si sono sentiti valutati per come avrebbero meritato, per motivi svariati. In contrapposizione a chi, riuscendo a rappresentare e vendere meglio il suo operato, avrà sicuramente una gratificazione maggiore. Non disperate, non demoralizzatevi e non abbandonatevi a conclusioni erronee. Chi sa, avrà modo di raccogliere i frutti di un lavoro perseverante e responsabile. E’ negli anni che i nodi vengono al pettine. Ora più di prima, dove è necessario integrare con un’opportuna preparazione quelle che saranno poi le competenze di una vita.
(Giugno 2022)
UNA PIATTAFORMA AIUTA A SCEGLIERE IL FUTURO
di Annamaria Riccio
Nato dal progetto sociale Parole O_Stili, di sensibilizzazione nella scelta del linguaggio, presentata la piattaforma MiAssumo durante un incontro a Trieste cui ha partecipato il ministro dell’istruzione Bianchi.
MiAssumo è la piattaforma indirizzata ai ragazzi dagli 11 ai 26 anni, fascia d’età che rientra nel percorso di studi scolastico/universitario e da considerarsi formativa per l’avvenire dei giovani. Spesso i ragazzi ed anche i genitori si sono trovati di fronte a grossi enigmi nell’affrontare le scelte di istituti superiori e ancor più di facoltà. Se a questo aggiungiamo un orientamento per l’inserimento nel mondo del lavoro, vediamo che gli interrogativi si pongono più pressanti con poche o inesistenti soluzioni. La piattaforma in questione, attraverso gaming e giochi di ruolo, aiuta gli studenti a calarsi in situazioni reali che pongono quesiti sul da farsi in situazioni inerenti personaggi e fatti realmente accaduti. I ragazzi si trovano così di fronte a scelte che li abituano ad optare per la soluzione più adeguata e, aiutati da un meccanismo di intelligenza artificiale, a costruire un proprio curriculum. E’ bene considerare che la piattaforma non si presenta come una sterile base di registrazione o di gioco, ma un aiuto concreto nel percorso formativo, che coniuga le scelte professionali con l’etica e il senso civico, indirizzando i giovani anche all’uso corretto delle parole che possono essere macigni o abbracci, specie quando i protagonisti sono minori e come tali più sensibili al giudizio altrui. La scuola ha sempre lavorato sull’orientamento, iniziando dalle classi della primaria. Nonostante ciò risulta comunque arduo per tanti studenti, essere certi che il percorso scelto possa essere quello giusto e più aderente alle aspirazioni e interessi di ogni singolo. Ben venga quindi una modalità digitale che utilizzi un linguaggio moderno che possa accompagnare le nuove generazioni e che ulteriori strategie future possano migliorare ulteriormente le modalità di approccio.
(Maggio 2022)
BENEFICI E SVANTAGGI DEI COMPITI A CASA
di Annamaria Riccio
Il lavoro scolastico svolto a casa è sempre stato un punto nevralgico che ha investito studenti e genitori. Ma è davvero utile o può essere una prassi sconsigliabile?
Se analizziamo i dati di prove nazionali e non, somministrate con diverse modalità, vediamo che i ragazzi italiani mostrano adeguamenti ai livelli europei solo in matematica, mentre per le altre materie mostrano difficoltà nell’interpretazione dei testi e nell’apprendimento. Questo presupporrebbe un maggior allenamento da parte degli stessi con un’applicazione più costante nelle discipline umanistiche e che, probabilmente giustificherebbe i migliori risultati nel campo matematico oggetto forse di pronta captazione e magari di un allenamento meno lungo che diversamente, scoraggerebbe i ragazzi. Sono interpretazioni che potrebbero giustificare i risultati ottenuti. E quando si parla di giovani c’è sempre da usare il condizionale…perché sono imprevedibili e le condizioni possono cambiare con una certa frequenza, non ultimo, l’interesse per le tematiche in oggetto. Il sistema scolastico del resto d’Europa rispetto a quello italiano risulta diversamente organizzato nelle strutture che prevedono già nell’ambito delle lezioni approfondimento ed esercitazioni di studio. Tornando al nostro argomento, il lavoro di casa si rivela utile? Certamente sì (viste anche le condizioni della maggior parte delle istituzioni scolastiche italiane) quando l’alunno ha compreso bene in classe e avuto modo di effettuare un’applicazione della conoscenza tale da rilevare la competenza acquisita. Ulteriori esercitazioni e approfondimenti possono quindi fissare in modo consolidato l’apprendimento. Il tutto in uno spazio di tempo che non escluda la possibilità di svago, sport o di una sana noia. Annoiarsi è importante perché consente di rasserenare la mente e di organizzare la propria vita in modo non stressante e incastrata di impegni. Quando i compiti a casa si rivelano del tutto negativi? Sicuramente quando sono in numero esagerato rispetto alle normali possibilità e quando a svolgerli sono gli adulti, senza neanche far capire ai propri figli la metodologia da utilizzare. Eh sì, è proprio il metodo il caposaldo che può aiutare nel percorso didattico. Conoscenze, approfondimenti, competenze, non sono altro che una conseguenza naturale dettata poi dall’abilità a saper affrontare gli argomenti. Abbiamo inoltre una normativa, che fa riferimento alla legge 176 con la quale, il 27 maggio 1991, l’Italia ha ratificato la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Questa sancisce, nell’articolo 31, per ogni bambino/a e ragazzo/a, “il diritto al riposo e al tempo libero, da dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età”. Come tutte le situazioni di vita, in particolare quelle che riguardano i minori, credo che oltre all’attenersi alle leggi, il miglior risultato lo si ottiene con il buon senso e il considerare caso per caso le condizioni ottimali che non creino disagio e al contrario, favorenti al regolare sviluppo e processo didattico pedagogico.
(Aprile 2022)