Pensieri ad alta voce
di Marisa Pumpo Pica
Fra detti e dirette
Un giorno festivo, dopo pranzo, ore 15, accendo il televisore e su Rai 3 si trasmette una diretta televisiva dalla Camera dei deputati. Rappresentanti di maggioranza e opposizione, chiamati a votare la fiducia sulla nuova manovra, relativa alla Legge di bilancio 2019, si rimbalzano la palla: “La manovra ci rende orgogliosi, darà lavoro e crescita economica. È un atto di grande coraggio, è un invito al cambiamento”, sostengono quelli della maggioranza. “È un’altalena di proposte insensate, che mutano di giorno in giorno, tra perdite irreparabili per il nostro Paese. È una fake news, contiene proposte ingannevoli e distorte, con grave pericolo di disinformazione”, replicano dall’opposizione.
Sono delusa. Perché questa diretta? Pensavo di seguire, come sempre, la brava Lucia Annunziata con i suoi ospiti e invece… Mi sono sbagliata. Non è domenica. È il giorno dell’Immacolata. Preludio di un miracolo? Forse per Sua intercessione ci verranno risparmiati, da questo momento, show politici bislacchi e sgraziate tarantelle televisive, con reiterate polemiche?
La diretta continua ma, fra un intervento e l’altro, l’occhio cade sul mio smartphone, che ogni giorno fischia di continuo, da sera a mattina, tra una proposta di tv sky e fibra ultraveloce, scontatissima, un Acchiappalo che mi invita a prodotti di gran marchio a prezzi strabilianti e un Amazon, che mi promette addirittura di diventare milionaria, stando a casa e senza sforzo alcuno, mentre Enel energia forse un miracolo davvero lo fa: mi offre corrente elettrica gratuita di notte. Resto perplessa: è stata informata da qualcuno che la proposta mi potrebbe convenire, dal momento che lavoro al mio computer più di notte che di giorno? Miracoli e misteri della comunicazione telematica!
Ancora un fischio dal mio smart. Cosa mi dirà di nuovo tra un’app e l’altra?
Questa volta è un detto milanese. A inviarmelo, sulla posta, è lo Staff di Libero. “Conosci i detti milanesi?” No non ho avuto mai modo di conoscerli, penso fra me. Noi Napoletani, da campanilisti incorreggibili, ci dedichiamo quasi sempre, e soltanto, ai nostri detti e proverbi, Degli altri poco ci curiamo o, forse, ci sfuggono. Per fortuna ci ha pensato qualcuno ad arricchire la mia cultura in questo campo. Leggo, dapprima distrattamente, poi la cosa m’intriga e incuriosisce.
Questo il detto: “Và a Bagg a sonà l’ôrghen” E, di seguito, traduzione ed interpretazione. Sai cosa significa? “Va’ a Baggio a suonare l’organo è un invito a fare qualcosa di impossibile. La chiesa di Sant’Apollinare a Baggio era infatti sprovvista dell’organo, che era solo dipinto sul muro e pertanto nessuno lo poteva suonare.”
Nulla accade per caso... Perché proprio ora, mentre è in onda la diretta parlamentare, mi arriva di punto in bianco questo detto milanese? Un riferimento al nostro governo che si prepara ad imprese impossibili? Una provocazione a farmi parlare di politica in un momento in cui non ne ho affatto voglia? Un invito a pensare alla situazione in cui versa il Paese e soprattutto a quella economica, nell’approssimarsi di un Natale, sicuramente molto difficile per tutti, fra uno spread che sale, e soltanto di poco scende, tra Bpt che sembrano ignorati e un’ Europa che si predispone ad un procedimento di infrazione nei confronti dell’Italia?
Tempi duri in cui in molti ci avvertono che nulla è più sicuro, meno che mai il danaro, per cui qualcuno si chiede se non sia “il caso di ritornare a nasconderlo tra le federe dei materassi”. Sic Bruno Vespa, recentemente, in una trasmissione di Porta a Porta.
In molti ingenuamente avevano sperato nel governo del cambiamento. E ci avevano creduto. Votando come hanno votato, si sono ricordati forse di un altro detto, questa volta della Ciociaria, reso famoso dal barista di Ceccano, alias Nino Manfredi: “Fusse ca fusse la vorta bbona?”
Ma a questo punto, abbandonando i detti, dal Nord al Sud, milanesi, ciociari o napoletani, probabilmente è il caso di concludere, a di là di ogni campanilismo. con un detto squisitamente italiano, comprensibile per tutti: “Si stava meglio quando si stava peggio.”
(Dicembre 2018)
SPIGOLATURE
di Luciano Scateni
Effetto infestante dei migranti
Ecco l’incipit di questa nota: la gramigna, la parietaria, i trifogli, invadono i terreni coltivati, sottraggono nutrimento alle piante di fiori e solo potenti disinfestanti le riducono alla ragione, nel senso che le distruggono alla radice.
Alberto Bonisoli è ministro della Repubblica in quota cinquestelle. Appena insediato nel dicastero dei beni e delle attività culturali, ha partorito la stupenda idea di abolire la gratuità d’ingresso nei musei e nei siti archeologici italiani ogni prima domenica del mese. Un dispetto al predecessore Franceschini, che aveva favorito la visita di tanti, fino ad allora mai entrati in uno dei mille beni artistici del Paese e un considerevole aumento assoluto di visitatori, anche per merito di sovrintendenti, da lui nominati per chiara capacità di gestione.
In missione ministeriale a Palermo il Bonisoli esterna e sentite con quali nobili parole: “Quando arrivano alcune specie di piante da fuori, se non c'è un processo artificiale che regola l'acclimatamento, la specie diventa un infestante e manifesta i suoi effetti negativi". Il grullino di turno ha usato la bieca metafora in riferimento al tema dell’integrazione dei migranti.
Abbiamo consultato il Devoto e Oli, maestri della lingua italiana, autori di un eccelso dizionario. Il responso: “infestante”, pianta di nessun valore agricolo, che si diffonde nelle coltivazioni danneggiando le piante utili. Chi vuole intendere, intenda. Il ministro pentastellato, infestato da Salvinismo xenofobo e razzista, omologa il migrante alla malapianta da estirpare perché non danneggi quelle utili, ovvero il popolo che li accoglie (sempre meno grazie al “Ce l’ho duro” leghista e ai suoi emuli come Bonisoli).
Fissate ben in mente
l’incredibile immagine notturna del balcone di Palazzo Chigi con l’Incompiuto Di Maio e i suoi sovreccitati grullini a braccia levate e il segno delle dita con la “V”. Il balconefa il giro del mondo. Impressiona gli operatori finanziari e le cancellerie europee più dei decimali del deficit. Scatenati i giornali tedeschi:. “L’Italia è di nuovo candidata a ballare, lo status spazzatura non è più lontano”, scrive Handelsblatt. La Süddeutsche Zeitung paragona la manovra a “un menu di costose ghiottonerie”. Lo Spiegel parla di “orgia di spesa”. Il francese Les Echos scrive che “l’Italia è diventata il principale elemento di preoccupazione in Europa”. L’inglese Guardian parla di “Italy’s budget drama” e paventa “uno scontro con l’Ue”. Il New York Times racconta la “zuffa” nella trattativa che ha portato a una “manovra da brividi”.
Dopo la notte orgiastica
(pizzeria, discoteca?) il brusco risveglio, una vera doccia fredda. In un giorno la borsa ha bruciato venti miliardi di euro, l’Europa è in allarme, lo spread è balzato in alto e pagano la sua corsa in su tutti gli italiani (i cittadini, come ci chiamano i pentastellati).
Piazza Affari con l’approvazione del Def perde 20 miliardi in un giorno. Se si fa rifermento al mese di maggio, con il governo gialloverde insediato il passivo azionario il giudizio è nettamente negativo per gli investitori. La manovra del popolo, come l’hanno battezzata i grillini, invece di diffondere il diritto alla felicità rischia di trasformarsi in un incubo.
Onestà, trasparenza, rigore:
più grillismo che leghsmo, ma siamo lì. Portaborse e fan elettorali elevati a dignità di consulenti negli staff del Ce l’ho duro Salvini e dell’incompiuto Di Maio. Più grillismo. Dell’ultimo caso è protagonista Tale Valerio Tacchini, notaio amico del comico genovese, candidato sconfitto alle ultime politiche, ricompensato con la nomina a consulente del Mibact, a consigliere del ministro per i beni culturali Bonisoli. E’ il premio per aver svolto il ruolo di notaio all’ “Isola dei Famosi” o perché amico di Grillo e di Casaleggio? A voi la scelta.
La manovra, appena approvata,
apre la strada a recessione e disoccupazione. In particolare, i 10 miliardi previsti per il reddito di cittadinanza (e della pensione di cittadinanza) non eliminano sicuramente la povertà di 6,5 milioni di italiani. Una semplice divisione dà come risultato che i 10 miliardi consentirebbero di dare solo 128 euro al mese a persona, cioè una somma da elemosina che non sana certo la piaga della povertà. Il decreto carica più debito sulle spalle del popolo, soprattutto dei giovani e mette a rischio il risparmio a cui il governo dovrà mettere mano per tappare vistosi buchi finanziari.
Il “dio” del pallone,
al secolo il miliardario Ronaldo, è accusato di stupro dall’americana Kathryn Mayorga. L’avrebbe subito in un albergo di Las Vegas. Il calciatore, coperto d’oro dalla Juventus, secondo la denuncia, avrebbe pagato 374 mila dollari perché la donna non rivelasse l’accaduto. La notizia è del settimanale tedesco Der Spiegel.
(Novembre 2018)
MAGGIO DEI MONUMENTI
di Luigi Rezzuti
La 24° edizione del “Maggio dei Monumenti” è partita il 28 aprile per terminare il 3 giugno 2018.
Quest’anno la manifestazione è dedicata al 350° anniversario della nascita di Gianbattista Vico, nato a Napoli il 23 giugno del 1668 e morto a gennaio del 1744.
Gianbattista Vico è stato una delle menti più acute e moderne della storia della filosofia.
Le visite guidate sono ispirate ai luoghi in cui visse e studiò il filosofo e saranno tenute da storici dell’arte, archeologi, esperti dei beni culturali e da guide turistiche abilitate.
Per l’occasione saranno aperte (oltre ai vari musei e chiese) anche le Ville Vesuviane, sparse sui territori di San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano e Torre del Greco. Tra queste ci piace ricordare la Reggia di Portici, Villa Savonarola, Villa Campolieto, Villa Favorita, Villa Vannucchi e tante altre ancora, che furono abitate da personaggi illustri, come Giacomo Leopardi, Gioacchino Murat e Pio IX, quest’ultimo nel 1850, in fuga da Roma.
Tutte queste ville sono luoghi di grande splendore artistico e culturale, con interni maestosi, ricchi di affreschi, fregi, colonnati e con viste mozzafiato su panorami romantici.
Ma non solo, sempre in questo periodo, in molti paesi italiani, si svolge il festival di arte floreale, le cosiddette Infiorate. Questi paesi, in occasione della festa del Corpus Domini, vedranno petali di fiori rivestire i loro centri storici. Uno spettacolo davvero molto bello, unico e suggestivo.
Nei paesi in cui la tradizione è più radicata, gli artisti floreali riescono a creare, attraverso la magia dei fiori, racconti di storia, tradizioni e leggende legate al territorio.
I più noti paesi infiorati per l’occasione sono: Diano Marina, in provincia d’Imperia; Bugnato, piccolo paese in provincia di La Spezia, nella zona delle Cinque Terre, l’Abazia di Chiaravalle della Colomba in provincia di Piacenza, il paese di Fucecchio in provincia di Firenze.
Impossibile dimenticare le Infiorate di Spello che si svolgono in uno dei borghi più belli dell’Umbria e ancora quelle di Castelluccio di Norcia.
Ma la più famosa è sicuramente l’infiorata di Noto, in provincia di Siracusa, Patrimonio Mondiale dell’Umanità, come dichiarato dall’Unesco.
Infine a Caltagirone è tradizione adornare la scalinata di Santa Maria del Monte, durante il mese di maggio.
(Maggio 2018)
Napoli e il Cinema, una simbiosi in evoluzione
di Marisa Pumpo Pica
Alcuni eventi, verificatisi di recente, hanno fatto battere più forte, in questi giorni, il cuore dei Napoletani. Sembrano essere, infatti, un auspicio favorevole per Napoli, a tutela e sviluppo di quella creatività, che è sempre stata e resta la cifra fondamentale di una città che, pur dibattendosi tra le enormi difficoltà del quotidiano, sa comunque sempre alzare la testa e guardare in alto, con quelle capacità che le vengono dalla sua storia e – perché no? – dal Dna del suo popolo.
La Casa del Cinema in Via Toledo
Apre la Casa del cinema, al primo piano dello storico palazzo Cavalcanti, in via Toledo.
La proposta, partita dall'assessore alla cultura Nino Daniele, nell'estate del 2017, è stata recepita ed approvata dalla commissione Cultura del Comune di Napoli. La delibera, messa in discussione dalla presidente, Elena Coccia, ha trovato il consenso unanime di tutti i consiglieri comunali.
La Casa del Cinema, con diverse sale ed uno spazio molto ampio, di 700 mq., sarà centro di incontro tra maestranze, sceneggiatori e registi che operano a Napoli nello stesso periodo. Servirà per tutte le produzioni che, in numero sempre crescente, raccontano Napoli e dintorni. Una location per film, fiction e spot che la vedranno protagonista.
Gestita dall'Ufficio Cinema, che troverà lì la propria sede, la Casa del Cinema prevede uffici per le produzioni, sale per casting, sale riunioni. Ma vuole essere soprattutto uno spazio in cui creare una sinergia tra attori locali e produzioni nazionali ed internazionali, sviluppare attività di promozione del cinema con progetti di corsi di formazione, non solo per attori, ma anche per tutte quelle arti e professioni che ruotano intorno al cinema così che Napoli possa essere sempre più un punto di riferimento per il comparto cinematografico ed audiovisivo.
All'inaugurazione, il 3 aprile, alle ore 11, presente il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, con l'Assessore alla Cultura e al Turismo Nino Daniele. Napoli, come Cinecittà ed Hollywood. Un fiore all’occhiello per la nostra città, per rafforzarne l’immagine e l’economia, con un indotto non trascurabile, se sapremo sfruttare le congiunture favorevoli.
Il David di Donatello 2018
Strettamente legato a questo discorso, il recente evento del David di Donatello 2018 che, in questa 66ma edizione, nella premiazione dei film prodotti nel 2017, ha visto trionfare Napoli, le donne e i giovani.
Confesso di non essere una grande appassionata di cinema e tanto meno di lunghi spettacoli televisivi e, tuttavia, ho seguito con grande interesse la cerimonia di premiazione di questo David di Donatello, presentata in TV, con misurata eleganza, da Carlo Conti. Misurata l’eleganza nella presentazione, non così i tempi, necessariamente lunghi a causa dei tanti premi da attribuire. Una vera maratona, che ha costretto Bruno Vespa a retrocedere, per una volta (!) col suo Porta a Porta, confinato in uno spazio molto più ristretto, riducendo a pochi e stringati interrogativi il tema della prossima legislatura, che ci verrà propinata.
Questa notte dell’Oscar italiano ha visto il trionfo delle donne. di Napoli, e dei giovani. Ho sempre creduto nella forza delle donne e nella grande creatività della nostra città. L’una e l’altra hanno trovato piena conferma nella serata della premiazione. Ed ho sempre guardato con simpatia al mondo dei giovani che, anche in questa occasione, hanno ben figurato. Le donne, con il loro sostegno al “Dissenso Comune”, il documento firmato da 124 attrici ed operatrici culturali contro le molestie sessuali, e con lo strepitoso monologo di Paola Cortellesi, (un elenco di ingiustizie verbali riservate alle donne, scritto, peraltro, da un uomo, Stefano Bartezzaghi) hanno saputo dimostrare come vada sempre difesa, a testa alta, la dignità della donna nel lavoro e nella vita, evitando linguaggi e comportamenti poco appropriati, a lei diretti. Con la Cortellesi sul palco della premiazione alcune attrici a rivendicare maggiore rispetto per la figura femminile. Tra le altre, Jasmine Trinca, Giovanna Mezzogiorno. Isabella Ragonese, Claudia Gerini, Valeria Golino. Come se ciò non bastasse, la cerimonia di premiazione ha confermato che le donne valgono, che meritano premi e riconoscimenti. Tante, infatti, le donne che hanno sfilato sul palco con la statuina del David fra le ani.
Premio alla carriera a Stefania Sandrelli, che ha portato, commossa, il suo saluto al Cinema italiano, Premio speciale a Diane Keaton, sempre anticonvenzionale nel suo stile fuori dagli schemi. Premio come migliore attrice protagonista a Jasmine Trinca per il film “Fortunata” e come migliore attrice non protagonista a Claudia Gerini per il film Ammore e malavita, a Susanna Nicchiarelliper la migliore sceneggiatura originale del film Nico 1988 (il film totalizza ben quattro David: miglior truccatore, migliori acconciature, miglior suono). Una donna, tra l’altro, è Piera Detassis, giornalista, saggista e critico cinematografico, presidente e direttore artistico dell’Accademia del cinema italiano, che assegna i David di Donatello.
Come le donne, vincitori, naturalmente, anche gli uomini. Premio alla carriera al grande regista americano Steven Spielberg, noto al cinema internazionale per i suoi film, diventati cult e già insignito di un premio speciale nell’edizione del 2004. A premiarlo fu Roberto Benigni. Questa volta, Monica Bellucci. Intenso il ricordo di una giornata a Roma, dove trovò ad attenderlo, nella hall dell’hotel,il regista Federico Fellini, che aveva voluto complimentarsi con l’allora giovane regista per il suo film Duel, presentato la sera precedente. “Volle farmi da cicerone per le vie di Roma. Vedevo la città per la prima volta. E la vidi con gli occhi del grande regista del cinema italiano.”, conclude Spielberg, mostrando una foto che li ritrae insieme. Elogia quindi i registi italiani delle varie generazioni, fino all’attuale, e premia, a sua volta, il giovane regista esordiente Donato Carrisi per “La ragazza nella nebbia”
Ecco, i giovani, dicevamo. Anch’essi hanno fatto la parte da leoni: oltre al già menzionato Carrisi, Jonas Carpignano, premiato come miglior regista con “A Ciambra” Il suo film viene premiato anche per il miglior montaggio e il giovane Carpignano, nel ringraziare l’Accademia per il riconoscimento, rivolge una simpatica battuta a Pierfrancesco Favino («prima portavo il caffè e ora sei tu a portarmi qualcosa»). La battuta la dice lunga sul percorso di un giovane regista, il cui film era, tra l’altro, anche nella cinquina come miglior film, premio riconosciuto, poi, a Ammore e malavita dei fratelli Manetti Bros. A questo film sono andati anche altri premi (non solo il già citato premio a Claudia Gerini, ma anche quello per la migliore musica, la migliore canzone originale, e il miglior costumista. Un amplen eccezionale, cui hanno contribuito, come si diceva, Napoli e i giovani. Tra gli altri, Franco Ricciardi, partito, come musicista, da Scampia, e Serena Rossi, interprete, con lui, della canzone “Bang Bang”. Ancora Napoli protagonista, con il premio come migliore attore protagonista per il film La Tenerezza di Gianni Amelio, consegnato per la sua toccante recitazione ad un Renato Carpentieri, visibilmente commosso e con gli occhi lucidi. Deludente forse e certamente inferiore alle aspettative il premio, solo per la fotografia e la scenografia, a Napoli velata, del regista Ferzan Ozpetek, nonostante l’eccellente interpretazione di Giovanna Mezzogiorno e alcune nomination. Ma Napoli si è rifatta, ancora, con Gatta cenerentola, ispirata all’omonima fiaba del Basile e del maestro De Simone, un cartoon candidato, per la prima volta come miglior film e poi premiato, invece, per il miglior produttore ( e qui non si può tacere il nome di un napoletano, Luciano Stella) e per migliori effetti digitali, cui hanno lavorato altri nomi di casa nostra.
Ad ognuno il suo, dunque, con una meritata vittoria delle donne, di Napoli e dei giovani, un vero trionfo che a noi sinceramente ha riempito il cuore di sogni e di speranze per il futuro della nostra città.
(Aprile 2018)
Spigolature
di Luciano Scateni
La Cenerentola azzurra
Non è la prima volta e temo che non sia l’ultima. La redazione sportiva di Repubblica deve essere suggestionata dalla favola di Cenerentola, ma non del suo finale in rosa. Nello specifico di questa nota, la Cenerentola del calcio, per il quotidiano fondato da Scalfari, è il Napoli a cui riservare sgarbi a ripetizione. Per restare all’attualità, qualche giorno fa, alla pagina 57 di questo giornale, taglio basso, sono comparse due note su Milan e Lazio impegnate in Europa League, corredate dai rispettivi tabellini. Il giornale rende note anche le formazioni delle due squadre “privilegiate”. Al match Lipsia-Napoli spetta un trafiletto di 12 righe, 12, senza neppure le formazioni.
Domanda: di che si tratta? Razzismo, subordinazione alle big di Torino, Milano e Roma? Chissà cosa ne pensano Eugenio Scalfari e il direttore Mario Calabresi…
Impazza, tra i sacerdoti, una pedofilia sempre più hard
Dear papa Francesco, a chi aspetti?
Abroga, e subito, il voto di castità per i preti. Consenti le loro normali pulsioni sessuali, che tra l’altro sono di dotazione divina, perché si indirizzino verso gli sbocchi fisiologici del resto dell’umanità. Avrai così la massima autorevolezza per contrastare la turpe pratica della pedofilia tra i prelati e le degenerazioni che racconta la cronaca. Procurati subito, se non ne fossi in possesso, il dossier, che vogliamo vietare ai minori di 18 anni e che rivela la diffusa pratica del sesso a pagamento e altri episodi hard di cinquanta sacerdoti.
Rispettando il buon gusto e il sentimento morale dei nostri lettori, vi risparmiamo alcuni stralci di comunicazioni tra di loro, rese note dall’escort napoletano Francesco Mangiacapra e riferiti in un esaustivo articolo de “Il fatto quotidiano” sulla vita sessualmente dissoluta di religiosi. Sembrano dialoghi da vecchie case di tolleranza, ma sono autentici, cioè registrati.
(Marzo 2018)
ANNO 2017
di Luigi Rezzuti
Diciamoci la verità, stavamo aspettando tutti la fine dell’anno 2017. In molti attendevamo il 31 dicembre.
Quest’anno c’è stato sicuramente più di qualcuno che, per scaramanzia, si è preparato tirando fuori i classici amuleti portafortuna, come il corno o il ferro di cavallo perché il 2017 contiene il numero 17, considerato in Italia un numero che porta sfortuna, con un alto tasso di iettatura.
Infatti, leggendo i giornali, guardando la TV o navigando su internet, abbiamo constatato che l’anno 2017 si è caratterizzato per una serie di catastrofi d’impatto devastante.
Eventi catastrofici uno dietro l’altro, come l’uragano Harvas, che ha sommerso il Texas; un forte terremoto in Messico, che ha provocato oltre 200 morti e l’allerta tsumani. Una violenta inondazione ha colpito Bangladesh, con 1200 persone morte; l’uragano Irma si è abbattuto sui Caraibi e poco dopo in Florida. In Sierra Leone un’enorme frana di fango ha sommerso la periferia della capitale, Freetown, provocando quasi 1000 morti.
Il 2017 è stato certamente un anno di uragani eccezionali e non solo.
Si è comportato alla grande anche in Italia con caldo torrido, incendi devastanti, siccità, acqua razionata. Aggiungasi a tutto questo il terremoto ad Ischia, che ha causato due morti e 39 feriti.
Ma forse non bastava! Ci voleva pure la tragedia nella Solfatara di Pozzuoli dove padre, madre e figlio sono stati inghiottiti in una voragine di sabbie mobili satura di gas: i genitori sono morti mentre cercavano di salvare il figlio.
Ancora, un incendio nella bassa Valle di Susa, dove sono bruciati ettari ed ettari di bosco, con enormi danni a vigneti e castagneti e per ricostruirli ci vorranno almeno 15 anni. Inoltre i fumi hanno invaso le vallate piemontesi e l’odore di bruciato ha raggiunto la città di Torino.
Infine, una scossa di terremoto, di magnitudo 3.8, è stata avvertita nel Vallo di Diano, con epicentro individuato a Padula, ad una profondità di 11 chilometri. Il sisma si è fatto sentire fino al Golfo di Policastro e sugli Alburni, a Potenza e perfino nei comuni di Corato e Trani.
Forse tutto questo non bastava, ci voleva, tanto per chiudere in bellezza il 2017, anche l’arrivo della prima nevicata, forse addirittura la prima dell’anno a bassissima quota e un’ampia e consistente irruzione artica con temperature polari su tutta la nostra penisola e non solo. Anche l’albero di Natale allestito a Roma ha perso tutti i suoi verdi aghi tanto da essere denominato “Spellacchio”
L’Italia risulta essere un Paese molto superstizioso, dove si cerca di evitare il numero 17 il più possibile, al punto tale che la scaramanzia intorno al numero 17 ha influenzato perfino la denominazione delle autostrade italiane, la A17 è stata sostituita dalle A14 e A 16.
Le camere d’albergo hanno sostituito il 17 con il 16 bis.
Nel settore automobilistico il numero 17 è stato ritirato dalle gare automobilistiche, dopo la morte di due piloti (1922 – 1923) i quali gareggiavano entrambi su una vettura con il numero 17.
La Renault nel 1971 introdusse sul mercato italiano il suo nuovo modello R17 subito dopo sostituito da R177.
L’Alitalia su tutti gli aerei non numera con il 17 nessuna fila di posti a sedere.
In conclusione direi che non possiamo affermare che la superstizione sia una “favola” del passato. Infatti molti eventi legati ad essa influenzano ancor oggi la nostra vita pur quando vogliamo far finta di niente e, tuttavia, diciamo: “Non è vero ma ci credo”.
(Gennaio 2018)
La Germania necessaria
Venerdì 24 novembre 2017, ore 17.00, presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea (Palazzo Mattei di Giove - Via Michelangelo Caetani 32, Roma), è stato presentato il volume La Germania necessaria. L’emergere di una nuova leading power tra potenza economica e modello culturale di Beatrice Benocci (Ed. FrancoAngeli, 2017). Sono Intervenuti : Raffaele D’Agata, Alexander Höbel. Ha coordinato i lavori, presente l’autrice Vincenzo Grienti.
Beatrice Benocci, giornalista, è dottore di ricerca in Storia delle relazioni internazionali. Collabora con le Cattedre di Storia contemporanea e Sociologia dell'Europa ed è membro del Centro Studi Europei, del Centro di Ricerca sul conflitto in Età Contemporanea e dell'Osservatorio Memoria e Legalità dell'Università di Salerno. Tra i suoi saggi si ricordano: La grande illusione. La questione tedesca dal 1953 al 1963 (1998); Due presidenti e un'occasione mancata. Kennedy, Kruscev e la fine della guerra fredda (2010). Tra i contributi in opere collettanee: La questione tedesca e il ruolo delle chiese in Luigi Rossi, a cura di, Un particolare universalismo. La diplomazia vaticana fra totalitarismi e guerra fredda, 2016; Risorgimento e Mezzogiorno nella stampa tedesca. Caso di Studio: Neue preussische Zeitung in G. Paolini, a cura di, La prima emergenza dell'Italia unita. Brigantaggio e questione meridionale nel dibattito interno e internazionale nell'età della Destra storica, 2014; Willy Brandt riparte dall'America Latina in Luigi Rossi, a cura di, Transizioni, 2013; Stati Uniti e Unione Sovietica a confronto sulla questione tedesca in Luigi Rossi, a cura di, Le Relazioni Internazionali, alcuni casi di studio, 2006.
Raffaele D’Agata ha insegnato Storia contemporanea all’Università di Sassari e scritto saggi e monografie sulla storia internazionale del Novecento.
Alexander Höbel, studioso di storia del movimento operaio e comunista, collabora con l’Università di Napoli Federico II e con la Fondazione Gramsci.
Vincenzo Grienti, giornalista professionista ed esperto in comunicazioni sociali e cultura digitale, lavora a Tv2000. Già consulente per RaiUno, collabora con la pagina culturale di “Avvenire”. E' autore di numerosi libri e saggi storici.
(Dicembre 2017)
La Germania necessitata
di Marisa Pumpo
Sinossi del libro La Germania necessaria
Nel 2012 la Germania non si presentava più solo quale attore economico affidabile, non più solo come membro leader della Ue, ma sembrava muoversi autonomamente nello scacchiere internazionale e nelle aree di crisi, promuovendosi anche quale partner culturale. Era questa una novità interessante, che apriva spazi di analisi e nuove domande sul percorso che la Germania aveva vissuto: da stato totalitario a paese vinto, da paese membro della comunità europea e atlantica a paese nuovamente unito, ora espressione di un modello culturale condivisibile a livello globale. Ancor più sorprendente era il fatto che, se la Germania era cambiata, lo era anche l'Europa, e non solo a causa della crisi economica. Molto avevano giocato gli allargamenti a Est e, non in ultimo, le difficoltà incontrate dall'Europa comunitaria nell'assumere un chiaro ruolo internazionale. In definitiva, era mutato il rapporto di controllato/controllore in favore di un nuovo concetto di "necessità" di Germania. Si poneva, a partire da quel momento, il tema spinoso, ma anche affascinante, di una Germania necessaria e nuova leading power.
********************
Questo l’assunto del libro, ma noi non possiamo esimerci da una riflessione: mai forse la presentazione di un libro è caduta nel momento meno appropriato, in un momento in cui i fatti sembrano smentire, se non il contenuto, quanto meno il titolo.
Di Germania necessaria parla il libro, come si è appena letto, ma noi vogliamo tentare, provocatoriamente, una variante al titolo, al di là del contenuto, per il quale lungo e complesso è stato certamente il lavoro dell’autrice e inimmaginabile per lei quanto, poi, sarebbe accaduto. Prima di ogni altra cosa, un interrogativo, connesso alla nostra provocazione: si può ancora parlare di una Germania necessaria, in questo momento, tenendo conto di quanto accade in questo Stato e dello scenario politico attuale? In luogo de “La Germania necessaria” non sarebbe più appropriato, oggi, parlare di “Germania necessitata”, ovvero necessitata dalla situazione politica, costretta a sciogliere i nodi di un percorso difficile, che ha segnato gli avvenimenti più recenti, e a tutelare prestigio, autorevolezza e stabilità? È fuor di dubbio che non è possibile ignorare la crisi che l’attanaglia e le difficoltà della cancelliera Angela Merkel, che stenta a trovare un assetto di governo.
In qualità di leader del partito più popolare, la Merkel potrebbe tentare l’azzardo di guidare un esecutivo di minoranza, alleandosi in coalizione con i Liberali o con i Verdi. In assenza di una maggioranza parlamentare, sarebbe, però, costretta ad assicurarsi, di volta in volta, il sostegno dei partiti, sulle singole decisioni politiche, ma tale ipotesi non sembra entusiasmare molto la Merkel, la quale ha dichiarato di essere più propensa ad andare a nuove elezioni, piuttosto che optare per un governo di minoranza. Bisogna aggiungere che, finora, i governi di minoranza in Germania sono stati un evento raro e si sono avuti, non a livello federale, ma solo a livello di singoli Stati.
Non meno complessa e pericolosa l’altra ipotesi, quella del ritorno alle urne.
In mancanza di alternative, il presidente Steinmeier potrebbe sciogliere il Parlamento e convocare nuove elezioni. Il voto dovrebbe tenersi entro 60 giorni. Questa eventualità avrebbe un costo di ben 92 milioni di euro, che graverebbero sui contribuenti tedeschi, con ricadute pesanti per l’economia del paese, tenuto conto anche delle conseguenze derivanti da un prolungato periodo di vuoto, per l’assenza di un esecutivo stabile.
Entrambe le alternative appaiono, comunque, rischiose, per il partito e per la cancelliera stessa. Il risultato delle elezioni potrebbe, infatti, essere inferiore a quello del 24 settembre, che ha fatto registrare, come si è detto, il 33% circa delle preferenze a favore del blocco conservatore, ma ha visto anche affermarsi, come terza forza, i populisti di estrema destra di Alternativa per la Germania (Afd: Alternativo fuor Deutschland), entrati per la prima volta nel Bundestag, con il 12,6% dei consensi. Nuove elezioni potrebbero vedere anche l’exploit di Afd, partito anti europeo e anti immigrati.
La frammentazione politica dei partiti in Germania non renderà facile la soluzione dei nodi cruciali che attendono la Merkel, nemmeno nel caso di un esecutivo di minoranza. Cdu, Verdi e FDP, infatti, sono in disaccordo su molti punti, come ambiente, energia, economia e immigrazione.
I Verdi chiedono divieti per i motori diesel e a carbone e limitazioni all’uso delle centrali elettriche, misure che, per gli altri, invece, peserebbero negativamente sull’economia del Paese. Altro tema rovente, che divide il paese, quello dell’immigrazione.
L’approccio molto aperto della cancelliera sul tema dell’immigrazione, che ritorna spesso d’attualità nel dibattito pubblico, in Germania e non solo, secondo alcuni analisti politici le sarebbe costato qualche punto in termini di consensi, anche se, negli ultimi tempi, il governo tedesco ha approvato misure più restrittive. Per quanto concerne l’immigrazione il Csu ne chiede la limitazione con un tetto di ventimila immigrati l’anno e vuole vietare il congiungimento delle famiglie per gli immigrati già arrivati in Germania.
La situazione è grave e complessa. Il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung ha parlato degli ultimi sviluppi come della peggiore crisi mai avvenuta nei dodici anni di mandato della cancelliera.
La corazzata tedesca naviga davvero in acque difficili. E con lei la Merkel, di cui già qualcuno, a seguito del fallimento dei negoziati per la grande coalizione, ha cominciato ad insinuare che potrebbe essere prossima l’ora del tramonto, con la conseguente definitiva impossibilità di entrare nella Storia con un quarto mandato.
La Germania necessaria, dunque, a nostro modesto avviso, appare oggi una definizione a mezza strada tra l’utopia e la leggenda. Più realistico ci sembra parlare di una Germania necessitata, stretta tra Scilla e Cariddi, incalzata dalla terribile necessità di uscire da una situazione di incertezza, inedita e piuttosto rara per questo paese, che si è finora caratterizzato per la sua stabilità.
Senza il vile compiacimento di chi piange sulle miserie o debolezze altrui, dobbiamo dire che quello che sta accadendo in Germania dimostra a chiare lettere quanto abbiamo sempre sostenuto: la necessità che l’Europa si rinnovi, attraverso un ruolo ed una politica super partes e trovi il suo equilibrio in quell’ago della bilancia che può essere rappresentato solo dalla pari dignità degli Stati e dalla fusione delle loro forze.
Christian Lindner, leader dei Liberali, nel dichiarare, nella notte dei negoziati dello scorso 19 novembre, che il suo partito si ritirava dalle trattative, ha pronunciato una frase significativa, dinanzi alle telecamere:
“Meglio non governare affatto che governare male.”
Una lezione, anche in casa nostra, per molti leader politici.
(Dicembre 2017)
Spigolature
di Luciano Scateni
Sul ponte di Messina “…lor si daran la mano”
Identità di promesse tra Dem e Forza Italia.
Sì, no, se, ma, forse. Perché sì, perché no, lo famo o non lo famo, serve-non serve, ne parlerà/ne sparlerà tutto il mondo. Priorità o superflua esibizione propagandistica, opera di regime o viatico per un futuro di omologazione tecnologica al meglio dell’ingegneria civile, velleità o realismo. Utopia pre elettorale supersfruttata, o sensibilità per i disagi delle popolazioni isolane, promesse da comizio o vera intenzionalità: i dubbi amletici si accavallano inquietanti, alimentati dalla notizia bomba “sì’ al ponte, esplosa nel cielo della politica dem, da sempre ispirata a rigorosa intransigenza per l’opera dell’impossibile. Incoerenza dei giorni caldi delle baruffe elettorali, improvviso balzo all’indietro. Di che si parla? Di un mito virtuale, speso da destra a manca per scippare voti ai siciliani con la promessa di un ponte ardito che connetterebbe la Trinacria al continente. Il più lesto a gettare l’esca in puro stile “Cetto la Qualunque” (esilarante film di Antonio Albanese) fu l’indiscusso monarca delle promesse al vento, al secolo l’ex cavaliere Berlusconi Silvio. Finita nell’archivio delle idee impossibili, la promessa è stata resuscitata con respirazione bocca a bocca e massaggio cardiaco dal Renzi Matteo Renzi, con l’identico obbiettivo di mutare il “no” in restauro del progetto. Urlò frasi irripetibili il popolo sano della sinistra, volarono gli sfottò della destra, il Pd ordinò ai suoi elettori di seppellire la parola “ponte” sotto una coltre di silenzio no. Fine del tira e molla? Non ci ha sperato nessuno in buona fede ed ecco riapparire la “priorità” del futuro, la sopraelevata veloce di congiunzione tra Sicilia e Italia continentale. Paladino della campagna pro-ponte è ora il Pd siciliano, candidato alla sconfitta. Micari, antagonista di centro destra e 5Stelle, ha chiuso la campagna elettorale con la traversata sullo stretto e motivazioni fantasiose hanno sostanziato l’inversione a “U”: “la Sicilia come porta d’ingresso dei commerci provenienti da Oriente”.
La sintonia d’intenti con l’ex cavaliere è diventata armonia, con identica promessa del ponte. Come celebrante, Piero Fassino: la sua tesi riecheggia contorsioni machiavelliche. Dice l’ex sindaco di Torino che le infrastrutture (leggi il ponte sullo stretto, ndr) non devono sottostare a censure ideologiche, ma bisogna affidarle a esperti che valutino “flussi” (???) e costi. Micari, candidato dem, sicuramente esperto, in quanto ingegnere, consapevole dei pareri negativi, manifestati dagli specialisti di settore, afferma: “Quella del ponte è una cosa carina”. Aggiunge che l’idea non ha il copyright dell’ex cavaliere perché i primi a pensarci sono stati gli antichi romani. A pensarci? Duemila anni fa, quando la tecnologia era ancora un termine da inventare? Perché non risalire ai tempi dei cavernicoli, abitanti in spelonche sul litorale di Messina, desiderosi di arrivare a Reggio Calabria con il loro carro tirato da buoi?
(Novembre 2017)
ESTATE 2017
di Luigi Rezzuti
L’Italia bruciava: un esercito di piromani ha incendiato varie località arrecando danni ingenti.
I fiumi erano in secca e più della metà dell’Italia è rimasta a secco, l’acqua è stata razionata (non pioveva dal mese di aprile).
Per la mancanza d’acqua i residenti, i villeggianti ed i turisti hanno preso d’assalto le fontanine cittadine facendo code enormi per riempire una tanica d’acqua.
Da un capo all’altro della penisola il caldo è stato torrido. In alcune zone del sud, si sono registrati addirittura 55° e a tutto ciò si è aggiunto anche il terremoto ad Ischia, in località Casamicciola, che ha causato crolli e decine di feriti.
Per lo spavento molti villeggianti e turisti, preoccupati dal sisma, hanno lasciato l’isola
Ma questo è il futuro? Il presente è quello di un paese che quest’estate ha dovuto fronteggiare l’Italia che bruciava, la siccità, la mancanza d’acqua, il caldo torrido e il terremoto ad Ischia.
‘E chi s’ ’a scorda chiù l’estate 2017.
Per me, però, non è andata così male. Sono stato in villeggiatura a Formia, dove il mare era cristallino e il caldo invogliava a tuffarsi più spesso. Poi la sera, con la brezza marina e un leggero venticello, potevamo assistere a vari spettacoli, tra cui quello del noto imitatore-cantante Francesco Cicchella.
Ogni sabato, sia a luglio che ad agosto, presso il lido Oriente di Gianola, la cantante Valentina Caira ha intrattenuto il numeroso pubblico con un vasto repertorio di canzoni italiane e napoletane, riscuotendo grande successo.
Valentina Caira è nata a Cassino, ha frequentato il corso di canto presso l’Accademia della Musica di Saint Louis, ha partecipato al Festival dei giovani a Cassino, classificandosi al 1° posto, e alle selezioni per l’accesso a Sanremo Giovani. Nel 2008 ha partecipato all’apertura dei concerti di artisti del calibro di Gigi D’Alessio e Paolo Vallesi e, successivamente, alla trasmissione di Rai Due “Mezzogiorno in famiglia”. Infine collabora con il direttore d’orchestra della Rai, Paolo Olmi, ad un progetto di musica swing per spettacoli teatrali in omaggio a Frank Sinatra.
(Ottobre 2017)
Pensieri ad alta voce
di Marisa Pumpo Pica
Revisionare Dante?
Sul filo dei nostri “Pensieri ad alta voce”, questa volta è di scena Dante. (Il lettore legga, se crede, quanto da noi in premessa all’articolo dello scorso gennaio) Qualcuno di voi saprà che abbiamo curato fino ad oggi vari libri di amici, molti dei quali pubblicati come Cosmopolis Edizioni Napoli, una casa editrice, che nasce quale filiazione del Centro di promozione culturale e sociale, “Cosmopolis”. L’autore li stampa a sue spese. Fuori commercio, senza fini di lucro, vengono offerti in omaggio nel corso di festose presentazioni, allietate da musica e dal plauso di amici e conoscenti. Perché in omaggio? Lo scopo è di avvicinare sempre più il lettore a quel bene culturale, prezioso sul piano della crescita umana, civile e sociale, il libro, che oggi vive una crisi profonda. Non ce ne vogliano gli Editori, quelli veri che, da raffinati imprenditori, considerano ancora il libro un bene succulento, tale da soddisfare fama e fame dell’Editore, lasciando pur qualche briciola all’autore, raggomitolato sotto il suo scranno.
Ma ritorniamo agli inizi del nostro discorso.
Abbiamo curato dei libri, si diceva. Lo abbiamo fatto con scrupolo, forzando, talvolta, anche il volere dei nostri autori che, per affetto, simpatia e stima, si sono lasciati “revisionare”, ci hanno assecondato, dandoci ascolto e finendo perfino con l’arrendersi dinanzi a qualche piccolo colpo di scure, che si abbatteva su taluni punti dei loro libri. Oggi ci accorgiamo di essere stati, forse, troppo esigenti. Ce ne scusiamo pubblicamente.
E ciò accade anche perché, ripensando “ad alta voce” ad una terzina dantesca, quella della ben nota Preghiera di San Bernardo alla Vergine, (Canto XXXIII, III Cantica, Paradiso) ci siamo arenati su questi versi che citiamo testualmente:
“Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disianza vuol volar sanz’ali.”
Una sfasatura sintattica, che non avremmo mai perdonato a nessuno dei nostri autori. Nel secondo verso, infatti, l’espressione “qual vuol grazia ed a te non ricorre” (chiunque vuol grazia ed a te non ricorre) rimane sospesa, in quanto nel terzo viene introdotto un altro soggetto: sua disianza vuol volar sanz’ali (il suo desiderio vuol volar senz’ali).
“È un anacoluto”, sentenzierà subito qualche nostro dotto lettore, magari un docente, avvezzo a queste ricorrenti forme letterarie.
“Licenza poetica”, dirà qualcun altro, citando Leopardi nei versi “…e intanto riede alla sua parca mensa, / fischiando il zappator, / e seco pensa al dì del suo riposo.” (Il sabato del villaggio). Non per fare l’avvocato del diavolo, ma qui, in Leopardi, la licenza potrebbe avere una giustificazione nelle ragioni della metrica (lo zappator avrebbe allungato il verso), laddove per Dante sarebbe bastato scrivere “ sua disianza fa volar sanz’ali” cambiando il verbo vuol e trasformando sua disianza da soggetto, sospeso in aria, a complemento oggetto. Nulla sarebbe mutato nel significato e la metrica sarebbe rimasta inalterata. Con buona pace della sintassi…
Già prevediamo reazioni contrastanti fra i nostri lettori: da una parte gli intellettuali, quelli aulici, severi e grintosi, pronti all’attacco contro “la boria di chi, fuor di senno, pretenderebbe di correggere perfino Dante” (un poeta che, tuttavia, anche chi scrive questa nota ama e considera, a ragion veduta, il padre della nostra letteratura); dall’altra quei poveri studenti, imberbi e sempliciotti, che hanno visto tante volte un bel frego blu sui loro “anacoluti”, con seguito di ramanzine e voti bassi per le loro “frasi sospese a mezz’aria, in una sintassi mal padroneggiata”, come poneva in evidenza il commento del docente al loro tema di Italiano.
Una bella vendetta! Una bella rivincita su quel Dante che a loro talvolta appare “davvero abbastanza pesante ed oscuro…!”
“Io scrivo come Dante”, proclameranno fieri ai genitori “e il prof. non ha il diritto di correggermi.” E al Prof., in risposta alla nota sul tema d’Italiano potrebbero dire, con o senza arroganza, “I miei sono anacoluti e licenze poetiche, alla maniera di Dante, di Leopardi e di tanti altri, che rappresentano il fior fiore della nostra letteratura.”
Ergo… Silenzio da parte del Prof, incalzato dai suoi allievi e rinunzia alle correzioni? Certamente no, perché qui, al di là della poesia, della metrica e della sintassi, entra in gioco la didattica. Se non poniamo in risalto talune cose, come possiamo evidenziare gli errori negli scritti degli studenti ed educarli al periodare sempre rigorosamente corretto? Ci tocca farlo, con buona pace di Dante e di Leopardi e nella vera difesa della…buona scuola…
Ma che direbbe, poi, quel folletto di Benigni, appassionato interprete e instancabile divulgatore di Dante, se mai dovesse leggere queste nostre digressioni? Ci collocherebbe, senza indugio e senza pietà, nel girone dei bestemmiatori, come farebbe di sicuro l’Alighieri redivivo, in un suo Inferno “revisionato”.
E, infine, come reagirebbe qualcuno dei nostri autori? Non potrebbe giustamente affermare di essere stato bistrattato per quei nostri colpi di mannaia sui suoi libri, colpi imperdonabili, che probabilmente gli hanno impedito di diventare famoso come il divino Poeta o come il grande Recanatese, ai quali sono stati concessi anacoluti e licenze poetiche? Non dovrebbe, per sacra rivalsa, chiedere contro di noi una condanna per estremismo linguistico e pedantesca visione della scrittura “creativa”?
Quasi certamente qualcuno di loro, biascicando a mezza voce, dirà: “Quella lì, sulla scrittura, è come Papa Sisto. Non perdona nemmeno Cristo…!”
(Marzo 2017)
Spigolature
di Luciano Scateni
Ma Vespa non è poi così insostituibile
Parla a vanvera chi della Rai ha percezione, dal divano di casa, contento o no, di quanto propone ai suoi utenti o chi siede nelle poltrone dei piani alti di viale Mazzini, prigioniero delle dinamiche nepotistiche interne all’azienda, delle centrali direzionali che contano sul potere riflesso delle icone televisive, emanazione de partiti. Altrimenti sarebbe misterioso l’allucinante assioma della tesi “senza i volti celebri” la concorrenza è impossibile. Tutto nasce dalla legge sull’editoria che imporrebbe di retribuirli con cifre massime di duecentoquarantamila euro. “Ce li ruberebbero Mediaset e La7” lamentano i vertici Rai, con enfasi terroristica . Fingono di non conoscere il patrimonio di professionalità che, con banali operazioni di valorizzazione, sarebbero in grado di proporre in tempi rapidi come successori di Baudo, Vespa (contratto da 1,8 milioni) , Giletti e Clerici (500mila), Fazio (2 milioni). Le controprove si sprecano. E’ dimostrato dalla storia della Rai che chiunque sia dotato di qualità televisive, se proposto ripetutamente e in fasce di grande ascolto, dopo poco diventa “volto celebre”. A Dall’Orto e agli staff dei direttori delle Reti sarebbe sufficiente un’indagine interna accurata per scoprire giornalisti, gente di spettacolo o all’esterno, da retribuire con i citati 240mila euro, che bruscolini non sono. Non andrà così e la legge che fissa questo tetto di compensi sarà aggirata, ci si può scommettere, perché anche la Rai è parte del Paese di Pulcinella. (Nella foto Dall’Orto)
Calcio batte 5Stelle 1 a 0
Si è concluso con la netta vittoria del populismo calcistico il ping-pong che ha consentito ai media di riempiere senza sforzo pagine e pagine. Lo stadio della Roma si farà a Tor di Quinto, a dispetto della logica, dell’allarme per un’area a rischio idrogeologico e dell’irragionevole priorità concessa alle bizze della Roma, alle fibrillazioni degli ultra e alla libido di parte dei grillini, che contano di tradurre in consenso partitico l’euforia del tifo giallorosso. In Campidoglio, alle prese con i disastri della capitale, si sono arresi all’incredibile ricatto del proprietario della Roma, l’americano James Pallotta, al suo “Se non si fa lo stadio Tor di Quinto dovremo dar via i nostri migliori calciatori”. Ha vinto e i mugugni di penta stellati, contrari all’operazione, sono stati zittiti dal “comico” genovese con l’abituale piglio del despota.
Il mini stadio del presidente
Lo “spettacolo” si replica a Napoli, dove l’ormai palese tirannia di De Laurentiis muove su più fronti. Mal digerita la sconfitta di Madrid (contro la squadra campione del mondo), il proprietario del Napoli ha praticamente tacciato di incompetenza, con sgradevole pesantezza, il tecnico Sarri e gli ha imposto di impiegare il centravanti Pavoletti, che, a giudicare dalla gara con il Chievo, ha confermato di essere lontano da un inserimento proficuo nel gioco degli azzurri. A proposito di stadi, De Laurentiis polemizza con toni duri con il sindaco De Magistris e minaccia “Trovo il terreno dove costruirlo.” Costruire cosa? L’idea decisamente discriminatoria, cioè razzista e manifestata a più riprese, ipotizza una struttura per soli ventimila posti, a prezzi compatibili con portafogli molto gonfi, che taglierebbero fuori la gente della curva B, cioè l’intera presenza popolare di tifosi storici. Cosa ci piace? Il crescente successo sportivo della squadra multietnica Afro-Napoli United, che ha sbaragliato tutti gli avversari e vinto il campionato AICS. Questi ragazzi, emigrati da terre in guerra e senza futuro, sono la faccia buona di uno sport che muove fiumi di denaro e lo snatura. A comandare la danza miliardaria sono i petrolieri arabi, magnati Usa e da ultimi, ma solo cronologicamente, i nababbi cinesi in competizione con il resto del mondo per accaparrarsi i migliori calciatori, alzando a cifre stratosferiche le offerte all’asta del mercato internazionale.
(Marzo 2017)