La Germania necessaria
Venerdì 24 novembre 2017, ore 17.00, presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea (Palazzo Mattei di Giove - Via Michelangelo Caetani 32, Roma), è stato presentato il volume La Germania necessaria. L’emergere di una nuova leading power tra potenza economica e modello culturale di Beatrice Benocci (Ed. FrancoAngeli, 2017). Sono Intervenuti : Raffaele D’Agata, Alexander Höbel. Ha coordinato i lavori, presente l’autrice Vincenzo Grienti.
Beatrice Benocci, giornalista, è dottore di ricerca in Storia delle relazioni internazionali. Collabora con le Cattedre di Storia contemporanea e Sociologia dell'Europa ed è membro del Centro Studi Europei, del Centro di Ricerca sul conflitto in Età Contemporanea e dell'Osservatorio Memoria e Legalità dell'Università di Salerno. Tra i suoi saggi si ricordano: La grande illusione. La questione tedesca dal 1953 al 1963 (1998); Due presidenti e un'occasione mancata. Kennedy, Kruscev e la fine della guerra fredda (2010). Tra i contributi in opere collettanee: La questione tedesca e il ruolo delle chiese in Luigi Rossi, a cura di, Un particolare universalismo. La diplomazia vaticana fra totalitarismi e guerra fredda, 2016; Risorgimento e Mezzogiorno nella stampa tedesca. Caso di Studio: Neue preussische Zeitung in G. Paolini, a cura di, La prima emergenza dell'Italia unita. Brigantaggio e questione meridionale nel dibattito interno e internazionale nell'età della Destra storica, 2014; Willy Brandt riparte dall'America Latina in Luigi Rossi, a cura di, Transizioni, 2013; Stati Uniti e Unione Sovietica a confronto sulla questione tedesca in Luigi Rossi, a cura di, Le Relazioni Internazionali, alcuni casi di studio, 2006.
Raffaele D’Agata ha insegnato Storia contemporanea all’Università di Sassari e scritto saggi e monografie sulla storia internazionale del Novecento.
Alexander Höbel, studioso di storia del movimento operaio e comunista, collabora con l’Università di Napoli Federico II e con la Fondazione Gramsci.
Vincenzo Grienti, giornalista professionista ed esperto in comunicazioni sociali e cultura digitale, lavora a Tv2000. Già consulente per RaiUno, collabora con la pagina culturale di “Avvenire”. E' autore di numerosi libri e saggi storici.
(Dicembre 2017)
La Germania necessitata
di Marisa Pumpo
Sinossi del libro La Germania necessaria
Nel 2012 la Germania non si presentava più solo quale attore economico affidabile, non più solo come membro leader della Ue, ma sembrava muoversi autonomamente nello scacchiere internazionale e nelle aree di crisi, promuovendosi anche quale partner culturale. Era questa una novità interessante, che apriva spazi di analisi e nuove domande sul percorso che la Germania aveva vissuto: da stato totalitario a paese vinto, da paese membro della comunità europea e atlantica a paese nuovamente unito, ora espressione di un modello culturale condivisibile a livello globale. Ancor più sorprendente era il fatto che, se la Germania era cambiata, lo era anche l'Europa, e non solo a causa della crisi economica. Molto avevano giocato gli allargamenti a Est e, non in ultimo, le difficoltà incontrate dall'Europa comunitaria nell'assumere un chiaro ruolo internazionale. In definitiva, era mutato il rapporto di controllato/controllore in favore di un nuovo concetto di "necessità" di Germania. Si poneva, a partire da quel momento, il tema spinoso, ma anche affascinante, di una Germania necessaria e nuova leading power.
********************
Questo l’assunto del libro, ma noi non possiamo esimerci da una riflessione: mai forse la presentazione di un libro è caduta nel momento meno appropriato, in un momento in cui i fatti sembrano smentire, se non il contenuto, quanto meno il titolo.
Di Germania necessaria parla il libro, come si è appena letto, ma noi vogliamo tentare, provocatoriamente, una variante al titolo, al di là del contenuto, per il quale lungo e complesso è stato certamente il lavoro dell’autrice e inimmaginabile per lei quanto, poi, sarebbe accaduto. Prima di ogni altra cosa, un interrogativo, connesso alla nostra provocazione: si può ancora parlare di una Germania necessaria, in questo momento, tenendo conto di quanto accade in questo Stato e dello scenario politico attuale? In luogo de “La Germania necessaria” non sarebbe più appropriato, oggi, parlare di “Germania necessitata”, ovvero necessitata dalla situazione politica, costretta a sciogliere i nodi di un percorso difficile, che ha segnato gli avvenimenti più recenti, e a tutelare prestigio, autorevolezza e stabilità? È fuor di dubbio che non è possibile ignorare la crisi che l’attanaglia e le difficoltà della cancelliera Angela Merkel, che stenta a trovare un assetto di governo.
In qualità di leader del partito più popolare, la Merkel potrebbe tentare l’azzardo di guidare un esecutivo di minoranza, alleandosi in coalizione con i Liberali o con i Verdi. In assenza di una maggioranza parlamentare, sarebbe, però, costretta ad assicurarsi, di volta in volta, il sostegno dei partiti, sulle singole decisioni politiche, ma tale ipotesi non sembra entusiasmare molto la Merkel, la quale ha dichiarato di essere più propensa ad andare a nuove elezioni, piuttosto che optare per un governo di minoranza. Bisogna aggiungere che, finora, i governi di minoranza in Germania sono stati un evento raro e si sono avuti, non a livello federale, ma solo a livello di singoli Stati.
Non meno complessa e pericolosa l’altra ipotesi, quella del ritorno alle urne.
In mancanza di alternative, il presidente Steinmeier potrebbe sciogliere il Parlamento e convocare nuove elezioni. Il voto dovrebbe tenersi entro 60 giorni. Questa eventualità avrebbe un costo di ben 92 milioni di euro, che graverebbero sui contribuenti tedeschi, con ricadute pesanti per l’economia del paese, tenuto conto anche delle conseguenze derivanti da un prolungato periodo di vuoto, per l’assenza di un esecutivo stabile.
Entrambe le alternative appaiono, comunque, rischiose, per il partito e per la cancelliera stessa. Il risultato delle elezioni potrebbe, infatti, essere inferiore a quello del 24 settembre, che ha fatto registrare, come si è detto, il 33% circa delle preferenze a favore del blocco conservatore, ma ha visto anche affermarsi, come terza forza, i populisti di estrema destra di Alternativa per la Germania (Afd: Alternativo fuor Deutschland), entrati per la prima volta nel Bundestag, con il 12,6% dei consensi. Nuove elezioni potrebbero vedere anche l’exploit di Afd, partito anti europeo e anti immigrati.
La frammentazione politica dei partiti in Germania non renderà facile la soluzione dei nodi cruciali che attendono la Merkel, nemmeno nel caso di un esecutivo di minoranza. Cdu, Verdi e FDP, infatti, sono in disaccordo su molti punti, come ambiente, energia, economia e immigrazione.
I Verdi chiedono divieti per i motori diesel e a carbone e limitazioni all’uso delle centrali elettriche, misure che, per gli altri, invece, peserebbero negativamente sull’economia del Paese. Altro tema rovente, che divide il paese, quello dell’immigrazione.
L’approccio molto aperto della cancelliera sul tema dell’immigrazione, che ritorna spesso d’attualità nel dibattito pubblico, in Germania e non solo, secondo alcuni analisti politici le sarebbe costato qualche punto in termini di consensi, anche se, negli ultimi tempi, il governo tedesco ha approvato misure più restrittive. Per quanto concerne l’immigrazione il Csu ne chiede la limitazione con un tetto di ventimila immigrati l’anno e vuole vietare il congiungimento delle famiglie per gli immigrati già arrivati in Germania.
La situazione è grave e complessa. Il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung ha parlato degli ultimi sviluppi come della peggiore crisi mai avvenuta nei dodici anni di mandato della cancelliera.
La corazzata tedesca naviga davvero in acque difficili. E con lei la Merkel, di cui già qualcuno, a seguito del fallimento dei negoziati per la grande coalizione, ha cominciato ad insinuare che potrebbe essere prossima l’ora del tramonto, con la conseguente definitiva impossibilità di entrare nella Storia con un quarto mandato.
La Germania necessaria, dunque, a nostro modesto avviso, appare oggi una definizione a mezza strada tra l’utopia e la leggenda. Più realistico ci sembra parlare di una Germania necessitata, stretta tra Scilla e Cariddi, incalzata dalla terribile necessità di uscire da una situazione di incertezza, inedita e piuttosto rara per questo paese, che si è finora caratterizzato per la sua stabilità.
Senza il vile compiacimento di chi piange sulle miserie o debolezze altrui, dobbiamo dire che quello che sta accadendo in Germania dimostra a chiare lettere quanto abbiamo sempre sostenuto: la necessità che l’Europa si rinnovi, attraverso un ruolo ed una politica super partes e trovi il suo equilibrio in quell’ago della bilancia che può essere rappresentato solo dalla pari dignità degli Stati e dalla fusione delle loro forze.
Christian Lindner, leader dei Liberali, nel dichiarare, nella notte dei negoziati dello scorso 19 novembre, che il suo partito si ritirava dalle trattative, ha pronunciato una frase significativa, dinanzi alle telecamere:
“Meglio non governare affatto che governare male.”
Una lezione, anche in casa nostra, per molti leader politici.
(Dicembre 2017)
Spigolature
di Luciano Scateni
Sul ponte di Messina “…lor si daran la mano”
Identità di promesse tra Dem e Forza Italia.
Sì, no, se, ma, forse. Perché sì, perché no, lo famo o non lo famo, serve-non serve, ne parlerà/ne sparlerà tutto il mondo. Priorità o superflua esibizione propagandistica, opera di regime o viatico per un futuro di omologazione tecnologica al meglio dell’ingegneria civile, velleità o realismo. Utopia pre elettorale supersfruttata, o sensibilità per i disagi delle popolazioni isolane, promesse da comizio o vera intenzionalità: i dubbi amletici si accavallano inquietanti, alimentati dalla notizia bomba “sì’ al ponte, esplosa nel cielo della politica dem, da sempre ispirata a rigorosa intransigenza per l’opera dell’impossibile. Incoerenza dei giorni caldi delle baruffe elettorali, improvviso balzo all’indietro. Di che si parla? Di un mito virtuale, speso da destra a manca per scippare voti ai siciliani con la promessa di un ponte ardito che connetterebbe la Trinacria al continente. Il più lesto a gettare l’esca in puro stile “Cetto la Qualunque” (esilarante film di Antonio Albanese) fu l’indiscusso monarca delle promesse al vento, al secolo l’ex cavaliere Berlusconi Silvio. Finita nell’archivio delle idee impossibili, la promessa è stata resuscitata con respirazione bocca a bocca e massaggio cardiaco dal Renzi Matteo Renzi, con l’identico obbiettivo di mutare il “no” in restauro del progetto. Urlò frasi irripetibili il popolo sano della sinistra, volarono gli sfottò della destra, il Pd ordinò ai suoi elettori di seppellire la parola “ponte” sotto una coltre di silenzio no. Fine del tira e molla? Non ci ha sperato nessuno in buona fede ed ecco riapparire la “priorità” del futuro, la sopraelevata veloce di congiunzione tra Sicilia e Italia continentale. Paladino della campagna pro-ponte è ora il Pd siciliano, candidato alla sconfitta. Micari, antagonista di centro destra e 5Stelle, ha chiuso la campagna elettorale con la traversata sullo stretto e motivazioni fantasiose hanno sostanziato l’inversione a “U”: “la Sicilia come porta d’ingresso dei commerci provenienti da Oriente”.
La sintonia d’intenti con l’ex cavaliere è diventata armonia, con identica promessa del ponte. Come celebrante, Piero Fassino: la sua tesi riecheggia contorsioni machiavelliche. Dice l’ex sindaco di Torino che le infrastrutture (leggi il ponte sullo stretto, ndr) non devono sottostare a censure ideologiche, ma bisogna affidarle a esperti che valutino “flussi” (???) e costi. Micari, candidato dem, sicuramente esperto, in quanto ingegnere, consapevole dei pareri negativi, manifestati dagli specialisti di settore, afferma: “Quella del ponte è una cosa carina”. Aggiunge che l’idea non ha il copyright dell’ex cavaliere perché i primi a pensarci sono stati gli antichi romani. A pensarci? Duemila anni fa, quando la tecnologia era ancora un termine da inventare? Perché non risalire ai tempi dei cavernicoli, abitanti in spelonche sul litorale di Messina, desiderosi di arrivare a Reggio Calabria con il loro carro tirato da buoi?
(Novembre 2017)
ESTATE 2017
di Luigi Rezzuti
L’Italia bruciava: un esercito di piromani ha incendiato varie località arrecando danni ingenti.
I fiumi erano in secca e più della metà dell’Italia è rimasta a secco, l’acqua è stata razionata (non pioveva dal mese di aprile).
Per la mancanza d’acqua i residenti, i villeggianti ed i turisti hanno preso d’assalto le fontanine cittadine facendo code enormi per riempire una tanica d’acqua.
Da un capo all’altro della penisola il caldo è stato torrido. In alcune zone del sud, si sono registrati addirittura 55° e a tutto ciò si è aggiunto anche il terremoto ad Ischia, in località Casamicciola, che ha causato crolli e decine di feriti.
Per lo spavento molti villeggianti e turisti, preoccupati dal sisma, hanno lasciato l’isola
Ma questo è il futuro? Il presente è quello di un paese che quest’estate ha dovuto fronteggiare l’Italia che bruciava, la siccità, la mancanza d’acqua, il caldo torrido e il terremoto ad Ischia.
‘E chi s’ ’a scorda chiù l’estate 2017.
Per me, però, non è andata così male. Sono stato in villeggiatura a Formia, dove il mare era cristallino e il caldo invogliava a tuffarsi più spesso. Poi la sera, con la brezza marina e un leggero venticello, potevamo assistere a vari spettacoli, tra cui quello del noto imitatore-cantante Francesco Cicchella.
Ogni sabato, sia a luglio che ad agosto, presso il lido Oriente di Gianola, la cantante Valentina Caira ha intrattenuto il numeroso pubblico con un vasto repertorio di canzoni italiane e napoletane, riscuotendo grande successo.
Valentina Caira è nata a Cassino, ha frequentato il corso di canto presso l’Accademia della Musica di Saint Louis, ha partecipato al Festival dei giovani a Cassino, classificandosi al 1° posto, e alle selezioni per l’accesso a Sanremo Giovani. Nel 2008 ha partecipato all’apertura dei concerti di artisti del calibro di Gigi D’Alessio e Paolo Vallesi e, successivamente, alla trasmissione di Rai Due “Mezzogiorno in famiglia”. Infine collabora con il direttore d’orchestra della Rai, Paolo Olmi, ad un progetto di musica swing per spettacoli teatrali in omaggio a Frank Sinatra.
(Ottobre 2017)
Pensieri ad alta voce
di Marisa Pumpo Pica
Revisionare Dante?
Sul filo dei nostri “Pensieri ad alta voce”, questa volta è di scena Dante. (Il lettore legga, se crede, quanto da noi in premessa all’articolo dello scorso gennaio) Qualcuno di voi saprà che abbiamo curato fino ad oggi vari libri di amici, molti dei quali pubblicati come Cosmopolis Edizioni Napoli, una casa editrice, che nasce quale filiazione del Centro di promozione culturale e sociale, “Cosmopolis”. L’autore li stampa a sue spese. Fuori commercio, senza fini di lucro, vengono offerti in omaggio nel corso di festose presentazioni, allietate da musica e dal plauso di amici e conoscenti. Perché in omaggio? Lo scopo è di avvicinare sempre più il lettore a quel bene culturale, prezioso sul piano della crescita umana, civile e sociale, il libro, che oggi vive una crisi profonda. Non ce ne vogliano gli Editori, quelli veri che, da raffinati imprenditori, considerano ancora il libro un bene succulento, tale da soddisfare fama e fame dell’Editore, lasciando pur qualche briciola all’autore, raggomitolato sotto il suo scranno.
Ma ritorniamo agli inizi del nostro discorso.
Abbiamo curato dei libri, si diceva. Lo abbiamo fatto con scrupolo, forzando, talvolta, anche il volere dei nostri autori che, per affetto, simpatia e stima, si sono lasciati “revisionare”, ci hanno assecondato, dandoci ascolto e finendo perfino con l’arrendersi dinanzi a qualche piccolo colpo di scure, che si abbatteva su taluni punti dei loro libri. Oggi ci accorgiamo di essere stati, forse, troppo esigenti. Ce ne scusiamo pubblicamente.
E ciò accade anche perché, ripensando “ad alta voce” ad una terzina dantesca, quella della ben nota Preghiera di San Bernardo alla Vergine, (Canto XXXIII, III Cantica, Paradiso) ci siamo arenati su questi versi che citiamo testualmente:
“Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disianza vuol volar sanz’ali.”
Una sfasatura sintattica, che non avremmo mai perdonato a nessuno dei nostri autori. Nel secondo verso, infatti, l’espressione “qual vuol grazia ed a te non ricorre” (chiunque vuol grazia ed a te non ricorre) rimane sospesa, in quanto nel terzo viene introdotto un altro soggetto: sua disianza vuol volar sanz’ali (il suo desiderio vuol volar senz’ali).
“È un anacoluto”, sentenzierà subito qualche nostro dotto lettore, magari un docente, avvezzo a queste ricorrenti forme letterarie.
“Licenza poetica”, dirà qualcun altro, citando Leopardi nei versi “…e intanto riede alla sua parca mensa, / fischiando il zappator, / e seco pensa al dì del suo riposo.” (Il sabato del villaggio). Non per fare l’avvocato del diavolo, ma qui, in Leopardi, la licenza potrebbe avere una giustificazione nelle ragioni della metrica (lo zappator avrebbe allungato il verso), laddove per Dante sarebbe bastato scrivere “ sua disianza fa volar sanz’ali” cambiando il verbo vuol e trasformando sua disianza da soggetto, sospeso in aria, a complemento oggetto. Nulla sarebbe mutato nel significato e la metrica sarebbe rimasta inalterata. Con buona pace della sintassi…
Già prevediamo reazioni contrastanti fra i nostri lettori: da una parte gli intellettuali, quelli aulici, severi e grintosi, pronti all’attacco contro “la boria di chi, fuor di senno, pretenderebbe di correggere perfino Dante” (un poeta che, tuttavia, anche chi scrive questa nota ama e considera, a ragion veduta, il padre della nostra letteratura); dall’altra quei poveri studenti, imberbi e sempliciotti, che hanno visto tante volte un bel frego blu sui loro “anacoluti”, con seguito di ramanzine e voti bassi per le loro “frasi sospese a mezz’aria, in una sintassi mal padroneggiata”, come poneva in evidenza il commento del docente al loro tema di Italiano.
Una bella vendetta! Una bella rivincita su quel Dante che a loro talvolta appare “davvero abbastanza pesante ed oscuro…!”
“Io scrivo come Dante”, proclameranno fieri ai genitori “e il prof. non ha il diritto di correggermi.” E al Prof., in risposta alla nota sul tema d’Italiano potrebbero dire, con o senza arroganza, “I miei sono anacoluti e licenze poetiche, alla maniera di Dante, di Leopardi e di tanti altri, che rappresentano il fior fiore della nostra letteratura.”
Ergo… Silenzio da parte del Prof, incalzato dai suoi allievi e rinunzia alle correzioni? Certamente no, perché qui, al di là della poesia, della metrica e della sintassi, entra in gioco la didattica. Se non poniamo in risalto talune cose, come possiamo evidenziare gli errori negli scritti degli studenti ed educarli al periodare sempre rigorosamente corretto? Ci tocca farlo, con buona pace di Dante e di Leopardi e nella vera difesa della…buona scuola…
Ma che direbbe, poi, quel folletto di Benigni, appassionato interprete e instancabile divulgatore di Dante, se mai dovesse leggere queste nostre digressioni? Ci collocherebbe, senza indugio e senza pietà, nel girone dei bestemmiatori, come farebbe di sicuro l’Alighieri redivivo, in un suo Inferno “revisionato”.
E, infine, come reagirebbe qualcuno dei nostri autori? Non potrebbe giustamente affermare di essere stato bistrattato per quei nostri colpi di mannaia sui suoi libri, colpi imperdonabili, che probabilmente gli hanno impedito di diventare famoso come il divino Poeta o come il grande Recanatese, ai quali sono stati concessi anacoluti e licenze poetiche? Non dovrebbe, per sacra rivalsa, chiedere contro di noi una condanna per estremismo linguistico e pedantesca visione della scrittura “creativa”?
Quasi certamente qualcuno di loro, biascicando a mezza voce, dirà: “Quella lì, sulla scrittura, è come Papa Sisto. Non perdona nemmeno Cristo…!”
(Marzo 2017)
Spigolature
di Luciano Scateni
Ma Vespa non è poi così insostituibile
Parla a vanvera chi della Rai ha percezione, dal divano di casa, contento o no, di quanto propone ai suoi utenti o chi siede nelle poltrone dei piani alti di viale Mazzini, prigioniero delle dinamiche nepotistiche interne all’azienda, delle centrali direzionali che contano sul potere riflesso delle icone televisive, emanazione de partiti. Altrimenti sarebbe misterioso l’allucinante assioma della tesi “senza i volti celebri” la concorrenza è impossibile. Tutto nasce dalla legge sull’editoria che imporrebbe di retribuirli con cifre massime di duecentoquarantamila euro. “Ce li ruberebbero Mediaset e La7” lamentano i vertici Rai, con enfasi terroristica . Fingono di non conoscere il patrimonio di professionalità che, con banali operazioni di valorizzazione, sarebbero in grado di proporre in tempi rapidi come successori di Baudo, Vespa (contratto da 1,8 milioni) , Giletti e Clerici (500mila), Fazio (2 milioni). Le controprove si sprecano. E’ dimostrato dalla storia della Rai che chiunque sia dotato di qualità televisive, se proposto ripetutamente e in fasce di grande ascolto, dopo poco diventa “volto celebre”. A Dall’Orto e agli staff dei direttori delle Reti sarebbe sufficiente un’indagine interna accurata per scoprire giornalisti, gente di spettacolo o all’esterno, da retribuire con i citati 240mila euro, che bruscolini non sono. Non andrà così e la legge che fissa questo tetto di compensi sarà aggirata, ci si può scommettere, perché anche la Rai è parte del Paese di Pulcinella. (Nella foto Dall’Orto)
Calcio batte 5Stelle 1 a 0
Si è concluso con la netta vittoria del populismo calcistico il ping-pong che ha consentito ai media di riempiere senza sforzo pagine e pagine. Lo stadio della Roma si farà a Tor di Quinto, a dispetto della logica, dell’allarme per un’area a rischio idrogeologico e dell’irragionevole priorità concessa alle bizze della Roma, alle fibrillazioni degli ultra e alla libido di parte dei grillini, che contano di tradurre in consenso partitico l’euforia del tifo giallorosso. In Campidoglio, alle prese con i disastri della capitale, si sono arresi all’incredibile ricatto del proprietario della Roma, l’americano James Pallotta, al suo “Se non si fa lo stadio Tor di Quinto dovremo dar via i nostri migliori calciatori”. Ha vinto e i mugugni di penta stellati, contrari all’operazione, sono stati zittiti dal “comico” genovese con l’abituale piglio del despota.
Il mini stadio del presidente
Lo “spettacolo” si replica a Napoli, dove l’ormai palese tirannia di De Laurentiis muove su più fronti. Mal digerita la sconfitta di Madrid (contro la squadra campione del mondo), il proprietario del Napoli ha praticamente tacciato di incompetenza, con sgradevole pesantezza, il tecnico Sarri e gli ha imposto di impiegare il centravanti Pavoletti, che, a giudicare dalla gara con il Chievo, ha confermato di essere lontano da un inserimento proficuo nel gioco degli azzurri. A proposito di stadi, De Laurentiis polemizza con toni duri con il sindaco De Magistris e minaccia “Trovo il terreno dove costruirlo.” Costruire cosa? L’idea decisamente discriminatoria, cioè razzista e manifestata a più riprese, ipotizza una struttura per soli ventimila posti, a prezzi compatibili con portafogli molto gonfi, che taglierebbero fuori la gente della curva B, cioè l’intera presenza popolare di tifosi storici. Cosa ci piace? Il crescente successo sportivo della squadra multietnica Afro-Napoli United, che ha sbaragliato tutti gli avversari e vinto il campionato AICS. Questi ragazzi, emigrati da terre in guerra e senza futuro, sono la faccia buona di uno sport che muove fiumi di denaro e lo snatura. A comandare la danza miliardaria sono i petrolieri arabi, magnati Usa e da ultimi, ma solo cronologicamente, i nababbi cinesi in competizione con il resto del mondo per accaparrarsi i migliori calciatori, alzando a cifre stratosferiche le offerte all’asta del mercato internazionale.
(Marzo 2017)
Pensieri ad alta voce
di Marisa Pumpo Pica
Il successo dello scrittore
Il nuovo anno si apre sempre ricco di speranze, ma spesso anche sul filo della nostalgia del passato. Ed è quanto accade anche a me, in questo momento, per cui ho deciso di riprendere una vecchia rubrica che, anni addietro, ho curato, per lungo tempo su un’altra testata della quale mi occupavo, Incontro culturale. La rubrica era, per l’appunto Pensieri ad alta voce, una sorta di dialogo immaginario con i lettori sui più svariati argomenti, che, di volta in volta si affastellano alla mente, casualmente o sulla spinta di qualcosa che ci preme comunicare..
Oggi il mio pensiero è andato agli scrittori.
Mi sono chiesta sempre più spesso, negli ultimi tempi, a che cosa sia legato il successo di uno scrittore. L’interrogativo è arduo e la risposta non è semplice neanche per chi, come me, ha dedicato quasi un’intera vita alla lettura dei libri e alla presentazione degli stessi nelle più frequentate librerie della città, e non solo.
Molti scrittori, oggi, sono condannati ad essere relegati nel buio del silenzio, avvolti dall’onda scura dell’anonimato, mentre altri sembrano predestinati a “magnifiche sorti e progressive”. Considerati scrittori emergenti, celebrati da più parti, balzano in breve agli onori della gloria.
Nei bei tempi andati, esisteva una buona critica letteraria, rappresentata da intellettuali preparati, attenti, severi e…neutrali. Anzi, spesso, il libro non veniva nemmeno pubblicato se non superava il “guado” del critico-consulente, il quale se ne faceva garante presso l’editore e ne rendeva possibile la pubblicazione. Ed era il lettore, in ultima analisi, a decretarne il successo, un successo non costruito, che perdurava nel tempo. Per questo ancora parliamo di Compagnone, Rea, Prisco, La Capria e così via, mentre la fama di uno scrittore, ai nostri giorni, ha una durata massima di una decina di anni. E poi su di lui cade l’oblìo.
Oggi lo scrittore è un accorto manager di se stesso. Ancor prima che il suo libro sia pubblicato, ha già la sua claque, i suoi fans, il suo clan, la sua tribù. Sì la sua tribù e, come nelle tribù indiane risuona il tam tam da un villaggio all’altro, per richiamare i grandi sacerdoti e celebrare i riti, così cantano le sirene e, da una via all’altra, da una piazza all’altra, da un vicolo all’altro della città, risuona il nome dello scrittore. È il caso letterario del momento.
I luoghi di grido, le sale più accreditate, i teatri più accorsati se lo contendono, per non parlare delle comparsate televisive. Il suo nome balza in primo piano su giornali e riviste patinate. Dai suoi libri si ricavano pièce teatrali, commedie, sceneggiati e serie tv.
Tutto questo, preceduto e seguito da un battage pubblicitario, cui partecipano, con audace sagacia, anche alcuni politici che, dal sostegno allo scrittore e dal suo successo, ricaveranno una considerevole forza d’immagine e… di voti… al momento opportuno.
Così nascono i miti e i riti nella nostra città.
Ma, mentre scrivevo, mentre mi lasciavo andare a queste considerazioni, ho pensato al caro amico ed eccellente collaboratore de “Il Vomerese”, Sergio Zazzera, e alla sua brillante rubrica sui miti contemporanei, giunta al numero 49, e mi sono detta: “Che questo non possa essere, caro Sergio, il cinquantesimo dei tuoi miti da approfondire e sviluppare?”
(Gennaio 2017)
NATALE AL VOMERO
di Luigi Rezzuti
Natale è alle porte e, come ogni anno, si pone il dilemma: albero di Natale con i suoi lampioncini, i nastri e i fili d’oro e d’argento, le luci colorate o il Presepe che ci fa vivere i giorni più belli della nostra infanzia, con i Re Magi, Gesù Bambino, la Madonna, San Giuseppe, gli angioletti e i suoi personaggi, come gli zampognari, il pescatore, le contadine, la lavandaia?
Natale col Presepe è magia, è incanto, è poesia, i più saggi decidono per il Presepe che, senz’altro, rende l’atmosfera di questi giorni di festa più calda, più familiare, rispetto ad un semplice, freddo alberello di pino.
Questa festività è tutta un’esplosione di gioia, di allegria che riesce, per qualche giorno, a farci dimenticare i problemi quotidiani.
Dal 4 dicembre al 6 gennaio 2017, si terranno al Vomero diverse manifestazioni, collegate all’allestimento di mercatini natalizi.
Natale al Vomero è sempre un bellissimo mix di tradizioni e innovazioni.
La cultura partenopea abbraccia da sempre il Natale in modo speciale, strade illuminate e gremite, con suggestive luminarie d’artisti.
Per turisti e cittadini, imperdibile una tappa ai tanti mercatini e fiere in vari punti e vie del Vomero, da via Luca Giordano a via Scarlatti, via Merliani, via Alvino e l’area parco Mascagni.
Sulle bancarelle sarà possibile acquistare oggetti di artigianato e decorazioni ed addobbi per la casa.
La più caratteristica è certamente via San Gregorio Armeno, la storica strada dei presepi, una viuzza stretta e suggestiva, immersa nel centro storico della città, celebre in tutto il mondo per essere la “casa” di meravigliose botteghe artigiane di pastori e presepi.
Purtroppo, però, al Vomero le limitazioni al traffico dureranno da metà novembre fino al 6 gennaio 2017 e il nostro quartiere sarà stretto in una morsa di traffico ancora più caotico per il dispositivo, del tutto inidoneo a smaltire la gran mole di autoveicoli in transito perché, oltre alla chiusura della ZTL in via Luca Giordano e in via Scarlatti, ci sono le inversioni dei sensi di marcia in via Carelli, via Solimena, via Stanzione e via De Mura.
I vigili urbani in servizio in strada sono decisamente insufficienti in periodi normali, immaginiamoci durante le festività natalizie.
Bisognerebbe che il Comune potenziasse l’organico, garantendo in tutti i punti nevralgici la presenza costante dei vigili.
Quest’anno, in occasione del Natale, il Comune di Napoli ha deciso di fare le cose alla grande e sul lungomare, all’altezza della Rotonda Diaz, sarà installato “N’ Albero” illuminato, di 30 metri.
La struttura è costruita su una base di 900 metri quadrati, al suo interno ospiterà una galleria commerciale, al piano terra, dal cui centro partirà un ascensore per accedere ai piani superiori; a circa 6 metri di altezza saranno inseriti un bar ed un ristorante.
E subito scoppia il caso, “N’Albero” diventa l’albero della discordia.
Il presidente di Italia Nostra, Guido Donadone chiede al ministro dei beni culturali, Dario Franceschini, lo stop del progetto, incautamente autorizzato dal sovraintendente Luciano Garella. Teme possibili eventi disastrosi a causa del vento, di trombe d’aria o marine, uragani. Ritiene necessario scongiurare eventi luttuosi.
Per il “NO” le firme di Aldo Masullo, Gerardo Marotta, Eduardo Cicelyn e tanti altri, mentre per il “SI” troviamo le firme di Fabio Procaccini della Lupi, del consigliere dei Verdi, Francesco Borrelli, del Prof. universitario Vincenzo Peretti, di Mormile e di Enza Caiazzo del Conservatorio, che si dicono stanchi delle polemiche.
Oggi c’è solo l’attesa del parere definitivo del Genio Civile per avviare l’installazione e per l’inaugurazione dell’ 8 dicembre.
Ma parliamo anche del “Natale a tavola”, con i tradizionali pranzi natalizi e il cenone di fine anno, che sono parte integrante della cultura napoletana: spaghetti a vongole, insalata di rinforzo, insalata russa, capitone fritto, minestra maritata, struffoli, mustaccioli e roccocò.
Infine per Capodanno è atteso il famoso concerto in piazza Plebiscito con star della musica, quali Enzo Avitabile e i Bottari, Max Gazzè, Nello Daniele, Pino Zurzolo, Tony Esposito, Lina Sastri, Clementino. Sarà trasmesso in diretta televisiva nazionale, con gli immancabili fuochi pirotecnici per salutare l’entrata del nuovo anno.
(Dicembre 2016)
IO E FRANCESCO
di ANNAMARIA RICCIO
A chi non è simpatico? Sentito parlare male del papa? Mai. Chiunque vorrebbe conoscerlo. Da quando si affacciò al balcone di San Pietro quella fredda sera del 13 marzo 2013 quell’uomo,adorno nella sua rappresentanza, ma umile nella sua persona, mi ha subito preso, facilitando il mio percorso di fede.
Il gran momento è arrivato. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti, pressato dalle continue richieste, è riuscito ad ottenere l’udienza privata. In una splendida mattina assolata di settembre, ci dirigiamo, dopo aver superato il controllo, verso il portone che dà adito, attraverso scaloni e cortili, alla Sala Clementina, dove incontreremo Sua Santità. All’improvviso si apre la porta laterale e cala il silenzio: entra con tratto disinvolto apprestandosi verso la sua poltrona e si pone di fronte a noi, ci guarda e con quella faccina buffa che solo lui sa fare, ammicca facendo il gesto con la mano di sederci.
Dopo il discorso di inizio del Comunicatore della Santa Sede e del presidente OdG Iacopino, prende la parola leggendo il discorso preparato, ma per niente impostato. Nulla di papa Francesco sembra essere scontato: anche leggendo le righe fa trasparire una spontaneità inusuale. Tre le raccomandazioni ai giornalisti: amare la verità, vivere con professionalità, rispettare la dignità umana. Il giornalista secondo Francesco, possiede la capacità di pilotare la notizia, assumendone il delicatissimo compito della corretta diffusione e informazione. Il papa si intrattiene poi, piacevolmente con i bambini, come fa sempre, ci saluta personalmente avendo parole di incoraggiamento per tutti. Con un nodo alla gola di commozione gli dico:” Santità, in un momento triste della mia vita, quest’incontro è un raggio di luce. Pregherò per Lei, come sempre ci chiede, ma Lei ci benedica sempre”.
Andando via, percorro un breve tratto insieme a padre Georg e, alla mia constatazione di un abbinamento felice con Francesco in quanto due persone radiose, mi risponde con un freddo sorriso ed un marcato accento tedesco:” Sono radioso, ma so essere anche rabbioso..” Raggelata da queste parole, vado via rimuginando che quell’omino in bianco, simpatico e spontaneo è così lontano e diverso dalla “corte” che gli sta intorno. La sua fede, la sua determinazione, la sua semplicità e bontà vincono su tutti.
Con il cuore leggero cammino per le strade di Roma con una certezza nel cuore: ho conosciuto un futuro Santo.
(Ottobre 2016)
SPIGOLATURE
di Luciano Scateni
Olimpiadi: vengo anch’io? No, tu no
Il tormentone “olimpiadi sì, olimpiadi no” incrocia uno snodo eclatante.. La sindaca di Roma, Virginia Raggi, sotto tutela del binomio Grillo- Casaleggio, è costretta a uno sgarbo istituzionale da sottocultura dei rapporti. Indotta al no perentorio alla candidatura della capitale per i giochi del 2024, sfugge con vigliaccheria o, quanto meno, per incapacità dialettica, al confronto con il Coni, nella persona di Malagò. Lo fa con la spocchia dei protervi: all’ora dell’incontro finisce con calma “olimpica” il pranzo al ristorante e diserta il rendez-vous, lasciando i rappresentanti del Coni, fuori della sua stanza per trentacinque minuti. Infuriato per l’affronto, Malagò convoca d’urgenza una conferenza stampa e sputtana (sorry, non trovo un termine più lieve) la Raggi chiamandola bugiarda, confutando, con dati di fatto, le obiezioni grilline alla candidatura, elencando i danni materiali e di immagine conseguenti alla rinuncia. La controprova degli argomenti a favore di Roma olimpica, arrivano come fulmini a ciel sereno dai Paesi che ambiscono a contendere la candidatura dell’Italia e che riceveranno, i cinque miliardi previsti dal Comitato Olimpico, oltre a godere del ritorno di immagine goduto dal Brasile, ultima sede dei giochi. Le voci di dissenso avverso la decisione dei 5 Stelle sono molte e sostenute da argomenti convincenti. Tra tante l’intero mondo del calcio, gli atleti che hanno appena partecipato ai Giochi di Rio, il mitico Livio Berruti, i vincitori di medaglie delle para olimpiadi, il romano de Roma Totti e perfino Paolo Berdini, assessore all’urbanistica della giunta Raggi a favore dei Giochi, ma anche gli industriali, i partiti. Malagò non risparmia sarcasmo al vetriolo. Accusa la sindaca d i averutilizzato il testo della mozione sul ritiro di Roma con il più classico copia-incolla da Wikipedia. Un rivale in meno commenta Los Angeles e Parigi non è meno entusiasta. Loro puntano sulle Olimpiadi per dar lustro e fama alle rispettive città, oltre quella di cui sono già accreditate. Dalle nostre parti, per dirla con linguaggio colorito, la frittata è fatta.
America violenta
Charlotte, North Carolina, Stati Uniti d’America. Solo lì una tragica sequenza di sei omicidi commessi dalla polizia, vittime afroamericani. Ma episodi analoghi a New York, Ferguson, in Florida. L’ultimo episodio racconta dell’uccisione di un nero di 43 anni, Keith Lamont Scott: a Charlotte gli ha sparato un poliziotto, anche lui nero, in un edificio dove gli agenti cercavano un latitante. Scott era disarmato, dichiarano alcuni testimoni, la polizia dice il contrario ma dopo un lasso di tempo eccessivo, sospetto. Immediate e volente le proteste. Il sindaco di Charlotte ha promesso che ci sarà un’inchiesta che i contestatori giudicano una promessa, un contentino di facciata che non avrà nessun esito concreto, come molte altre. Scontata la strumentalizzazione del razzista Trump che non lascia andare nulla gli faccia gioco nella corsa alla Casa Bianca.
Viva la Rai
L’ho pensato e detto subito: quale stima riconosce la Rai ai millesettecento giornalisti delle diverse testate? Con quale convincente motivazione ha assunto Semprini, giornalista Sky, pur bravo, in sostituzione del destituito Massimo Giannini (scomodo conduttore di Ballarò)? Non sono mancate le contestazioni al vertice dell’azienda (Dall’Orto, Maggioni) condannata dal tribunale del lavoro per comportamento antisindacale. Sullo sfondo il dato degli indici d’ascolto di “Politics”, il programma del Martedì, affidato a Semprini nella fascia di prima serata, su Rai3: 2,92 lo share, in pratica un gigantesco flop.
(Ottobre 2016)
Maturità alle porte - Riflessioni di una studentessa
di Irene Del Gaudio
Sono una studentessa. Liceale, ancora per poco. Si avvicina inesorabilmente, per me come per altri milioni di ragazzi, il momento più atteso e, forse, quello universalmente più temuto da ogni studente, dal più svogliato all’oltremisura diligente, l’esame di maturità. Nell’ansia snervante per questa prova, mi sono chiesta, sfogliando le pagine di questo o quel capitolo, se sia mai possibile certificare, ufficialmente, definitivamente e concretamente, quella che è una qualità tutt’altro che pratica e palpabile. Che cosa è, insomma, questa famigerata maturità? Anche qui, la risposta sarà discutibile e opinabile, perché filtrata da esperienze e resoconti personali, ma vale la pena riflettere ed elaborare, non per il gusto di farlo, per divagare in fiumi di parole o per distrarsi dall’ultimo studio forsennato e concitato, ma solo per trovare o, meglio, ritrovare il senso ed il desiderio di portare avanti un progetto, iniziato ben cinque anni fa.
Maturità, dico io, non è ottenere il massimo ad ogni costo, calpestando chi ha meno forza, per prevaricare, correndo in una maratona estenuante, senza curarsi di quelli che hanno il fiato corto. Non è nemmeno riempirsi bocca e cervello di inutili nozioni, di paroloni vuoti e noiosi, di frasi preconfezionate. E non è, credetemi, la disperata ricerca del consenso di un commissario esterno, al quale adeguarsi al meglio, in favore del quale mutare il proprio credo, la propria metodologia e perfino l’indole. Maturità non è e non deve essere sinonimo di ritiro eremita, isolamento autoimposto e volto a dedicare ogni istante allo studio e alla ripetizione compulsivo-ossessiva. Ma, soprattutto - e azzardo - maturità non significa dover ottenere il massimo del punteggio ad ogni costo, addirittura considerando un dramma la dubbia attribuzione di un paio di punti, accumulati con i mezzi più subdoli, studiati e forzati.
Maturità, cari studenti, con cui sono solidale con tutto il mio cuore, è capire (e vi auguro di riuscirci presto) che non esiste esame, prova o valutazione che abbiano il potere di mettere in discussione chi siete davvero, perché la vostra “essenza” è qualcosa che vi appartiene così tanto che solo voi siete in grado di giudicarla. Maturità è dare se stessi al meglio ed impegnarsi nella misura in cui la vostra ambizione ed il vostro desiderio vi indichino di farlo; è autocertificarsi pronti per un mondo aggressivo e ostile, essendo, però, in grado di manifestare altruismo e solidarietà; è riconoscersi nel proprio percorso di studi che, per quanto talvolta anche odiato, ha formato le nostre personalità, molto più di quanto non possa fare un semplice compito da svolgere, con l’unico fine di agognare al 100 su 100, al massimo assoluto. La maturità di cui parlo è svincolata dall’ambito scolastico ed è quella che fa capo all’integrità morale di ognuno di noi e che, al più, si riflette nella concretezza del successo scolastico. La maturità, a cui mi riferisco, è “il massimo relativo”, quello che ciascuno di noi sente di potere e di voler dare; è la consapevolezza del cambiamento che si prospetta, la malinconia del vecchio, ma il desiderio forte del nuovo. Maturità, per me, è questo e nient’altro, è sapersi rispecchiare in ciò che si realizza, reinterpretare gli schemi, aderirvi solo se necessario, senza esserne oggetto passivo.
(Giugno 2016)
EVENTI COSMOPOLIS
Giovedì 12 maggio 2016 - ore 16, 30
Auditorium Scuola media “D’Ovidio – Nicolardi
Saluto della Preside Prof. Valeria Tripedi
Introduce e coordina Marisa Pumpo Pica
Recital poetico-musicale
con cantanti, musicisti e poeti del Centro Cosmopolis
Al piano il maestro Franco Berger
Venerdì 13 maggio 2016 – ore 18
Sala Teatro Parrocchia Santa Maria della Libera al Vomero
Via Belvedere, 113 – Napoli
Inaugurazione della personale di Antonino Tarantino
“VERSO SUD - Itinerari di emozioni sul Mediterraneo”
Introdurranno l’Artista:
l’architetto Adriana Montariello,
la giornalista Marisa Pumpo Pica,
la musicista Silvia Tarantino.
La mostra, promossa dal Centro culturale “Cosmopolis” e dalla Parrocchia Santa Maria della Libera, rimarrà aperta fino al 29 maggio 2016.
(Maggio 2016)